Il 25 aprile ricordiamo la moralità della Resistenza e la vittoria dei partigiani italiani contro il fascismo italiano

Quest’anno rileggiamo il saggio di Claudio Pavone sulla moralità della Resistenza. La Resistenza fu una guerra civile: la posta in gioco era il senso dell’Italia e la sua identità nazionale. I partigiani si batterono non solo per cacciare i tedeschi ma anche per spedire nella fogna della storia il regime fascista, le sue idee e le sue pratiche. 

Il 25 aprile non è la festa di tutti, è la festa di chi oggi sta dalla parte della Resistenza, della democrazia e della civiltà. Gli altri stanno con i fascisti e i nazisti loro alleati.

Ogni anno il 25 aprile è data molto importante per valutare lo stato della nostra società, delle relazioni politiche e dei nostri conti con la storia di questo paese. Quest’anno lo è in modo particolare perché al governo c’è una signora (circondata da personaggi della stessa risma) che negli anni non ha mai negato di essere di una famiglia politica che discende direttamente dalla Repubblica sociale italiana. 

I repubblichini furono alleati convinti dei nazisti e condussero, soli e in appoggio agli occupanti tedeschi, combattimenti contro gli alleati ma soprattutto rastrellamenti e omicidi di civili; torturarono e fucilarono i partigiani e arrestarono, ammassarono e prepararono per la deportazione migliaia di ebrei destinati ai campi di sterminio. Per questi arresti e le deportazioni degli ebrei si servirono anche dell’apparato burocratico dello Stato italiano, e del quadro normativo e ideologico tracciato dalle leggi razziali promulgate nel 1938 con il consenso attivo del re di casa Savoia. Il re italiano Vittorio Emanuele III aveva consegnato il paese ai fascisti nel 1922, sostenne l’avventura di aggressione coloniale all’Etiopia, compresa la brutale repressione della resistenza locale; consentì a Mussolini di allearsi con Hitler e di contribuire alle guerre di aggressione e di sterminio naziste.

I fondatori del Movimento sociale italiano, su tutto Giorgio Almirante, non negarono mai il loro legame ideale, antropologico, culturale, oltre che politico, con il regime fascista e in particolare con la versione di Salò, legata a doppio filo ai nazisti e allo sterminio degli ebrei.

Quest’anno, il consiglio è la lettura o rilettura di un lavoro storiografico fondamentale per comprendere cosa fu la Resistenza e come la Resistenza sia il fondamento della nostra democrazia. Democrazia italiana che accoglie tutti e che in questi decenni ha lasciato libertà di azione anche a chi ne nega la natura di democrazia fondata sulla Resistenza. Anche a chi falsifica la storia, per esempio quando straparla di Via Rasella o delle Fosse Ardeatine.

Mi riferisco al libro di Claudio Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità della Resistenza, Bompiani, 1991. Pavone scrisse anche una nuova prefazione per l’edizione del 1994 del libro, che diede conto delle diverse reazioni al suo lavoro e al nuovo dibattito che in quegli anni prese il via sul carattere della lotta di liberazione.

Guerra civile

Il libro di Pavone, già dal titolo, fece scalpore perché mise in primo piano come la resistenza fosse stata un insieme di tre guerre: patriottica, civile e di classe. Con la guerra civile a emergere fra le altre due e a segnare il titolo del libro. Ci furono critiche anche a sinistra contro l’idea della guerra civile. Questo perché negli anni precedenti proprio i fascisti avevano usato la categoria di guerra civile per denigrare la resistenza ma soprattutto per legittimare la propria parte. Ad alcune parti della sinistra usare questa categoria era sembrato una specie di resa a questa interpretazione di comodo da parte dei neofascisti e di una parte della destra del paese.

Nell’adoperare la formula della guerra civile, i fascisti, scriveva Pavone, «l’hanno caricata in senso negativo allo scopo di rigettarne tutta la responsabilità sugli antifascisti e in particolare sui comunisti». Ma «da un’altra parte i fascisti, soprattutto in questi ultimi tempi, hanno insistito in un uso della categoria di guerra civile volto a equiparare le due parti in conflitto, offendendo insieme le ragioni del giudizio storico e la memoria di entrambe le parti.»

L’errore di coloro che a sinistra criticarono la tesi di Pavone fu singolare; sembrava loro sfuggire di accogliere così involontariamente la seconda versione del punto di vista fascista. Sottolinea Pavone: «In realtà, mai come nelle guerre civili le due parti sono irrimediabilmente diverse e divise. I fascisti, coerentemente con la loro storia, volevano un’Italia opposta a quella che volevano i resistenti. La posta in gioco era dunque il senso stesso dell’Italia e della sua identità nazionale (altro che obnubilamento di questa!); e la guerra di liberazione fu combattuta non solo contro il tedesco invasore, del resto consonante ideologicamente con il fascista, ma proprio per concorrere a liberare l’Italia dalla prospettiva di perpetuarsi del regime fascista

Aggiungo che nel libro di Pavone è davvero illuminante anche il capitolo 7 dedicato alla “violenza”, sul quale torneremo nei prossimi giorni.

Alcuni articoli degli anni scorsi dedicati all 25 aprile:

Beppe Fenoglio, il “Partigiano Johnny”, perché leggerlo e rileggerlo, sempre
25 aprile: la Costituzione, “il libro” al quale non possiamo rinunciare
Il 25 aprile, i partigiani e i diritti degli stranieri migrati in città
Viva il 25 aprile: Bella Ciao con la voce di Tom Waits
Alfonso Gatto, 25 aprile
Thelonious Monk, omaggio partigiano: buon 25 aprile
-I nostri grandi piccoli maestri, i partigiani, la resistenza: buon 25 aprile! con (Luigi Meneghello)

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2 risposte a “Il 25 aprile ricordiamo la moralità della Resistenza e la vittoria dei partigiani italiani contro il fascismo italiano”

  1. Bisogna insistere sulla moralità della Resistenza, la scelta che “toccava” fare e chi questa scelta ha fatto. Beppe Fenoglio ha rappresentato a tutto tondo questa moralità soprattutto con Il partigiano Johnny, il romanzo epico della Resistenza, da leggere e da rileggere come dici giustamente tu, luiginter, ma anche con il rigore del suo pensiero. Tutta la sua produzione resistenziale è un documento affascinante da leggere, certo non epico ma reale, dove i personaggi non sono eroi, ma resistono, vivono, hanno debolezze.
    Si è chiuso un 25 aprile “particolare” come è stato definito con eleganza decisa dallo storico ( di cui mi è sfuggito il nome) che ha parlato nel teatro di Cuneo davanti al Presidente Mattarella, nella commemorazione dell’ eccidio di Boves. Ha parlato della Resistenza a Cuneo, un bellissimo discorso.
    Ciò che abbiamo sentito da questa classe politica che ci governa ci spinga a considerare come un 25 aprile ogni giorno che passa.

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  2. Il 25 aprile è, oggi, la festa laica più preziosa che noi italiani celebriamo, Quest anno ha fatto riflettere molti italiani e ha ricordato a tutti un pezzetto della nostra storia tra le più importanti.
    Tuttavia il governo in carica deve farci riflettere sulle forze più oscure e pericolose che hanno in mano il governo. Dobbiamo farcela a riprendere la strada della libertà e della partecipazione attiva contro. lla politica fascisoide de che ci governa. W le donne libere e i loro compagni.

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