“Le Fosse Ardeatine sono ancora una memoria insopportabile e vergognosa per gli eredi dei carnefici. Per generazioni, hanno sparso menzogne cercando di infangare i partigiani e giustificare i nazisti; adesso Meloni prova maldestramente a disinnescarla in nome dello ius sanguinis della nazione.” Alessandro Portelli
“Italiani e non, il revisionismo di Giorgia Meloni”, Alessandro Portelli, Il Manifesto, 25 marzo 2023
Le sue sorprendenti parole non sono frutto di ignoranza ma di inconfessata e tracotante vergogna.
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Quando l’italiano Guido Buffarini Guidi, ministro degli interni di quella che si era chiamata Repubblica sociale italiana, consegna ai nazisti la lista di una cinquantina di italiani da uccidere, non lo fa perché erano italiani. Lo fa precisamente perché, agli occhi del suo regime, erano tutto il contrario: nemici della patria, letteralmente «anti-italiani». Perché gli italiani non erano, non sono mai stati, una cosa sola. In un certo senso, questo tema degli «italiani vittime della barbarie tedesca», che risuona nei commenti odierni alla malaugurata uscita di Giorgia Meloni, rinvia a una narrazione della Resistenza, a lungo anche da parte antifascista, che ha cancellato le divisioni fra gli italiani (tanto che quando Claudio Pavone ricominciò a parlare di guerra civile molti furono come minimo disorientati).
Raccontare la resistenza come sollevamento unitario di tutto il popolo italiano contro l’invasione nazista, o l’invasione nazista come crimine contro gli italiani in quanto tali significa assumere il popolo, o adesso «la nazione», come un tutto unitario, indistinto. La guerra civile significa invece che «il popolo», «il paese», «la nazione» sono entità conflittuali e divise – e continuano ad esserlo.
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Ma le sue parole sono comunque preziose: ci aiutano a capire che le Fosse Ardeatine sono ancora una memoria insopportabile e vergognosa per gli eredi dei carnefici. Per generazioni, hanno sparso menzogne cercando di infangare i partigiani e giustificare i nazisti; adesso Meloni prova maldestramente a disinnescarla in nome dello ius sanguinis della nazione.
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Di Alessandro Portelli ovviamente merita lettura anche il libro, L’ordine è già stato eseguito. Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria, Feltrinelli. La quarta di copertina:
Qual è il significato delle Fosse Ardeatine? Quale memoria ha lasciato la strage nazista compiuta a Roma il 24 marzo 1944, come rappresaglia dell’attentato partigiano di via Rasella, in cui il giorno prima erano morti 33 tedeschi? E quale rapporto si può istituire tra il ricordo di quella strage e l’identità collettiva di un’intera città? L’eterogeneità sociale e politica delle 355 persone uccise fa delle Fosse Ardeatine un avvenimento emblematico, che lega insieme “tutte le storie” di Roma: a cadere sotto il piombo tedesco furono infatti generali e straccivendoli, operai e intellettuali, commercianti e artigiani, un prete e 75 ebrei; monarchici e azionisti, liberali e comunisti, ma anche persone prive di appartenenza politica. Protagonista assoluta del libro è la voce diretta dei portatori della memoria: duecento intervistati, di cinque generazioni, e di diversissima estrazione sociale e politica (compresi fascisti ed ex fascisti). Le vicende personali dei superstiti e dei protagonisti mostrano come tutti abbiano convissuto, e convivano ancora, con una drammatica eredità. Ancora oggi, in modo singolare, le Fosse Ardeatine rappresentano un banco di prova della coscienza delle nuove generazioni. Raccolte da Alessandro Portelli, le voci di questo libro danno adito a una ricostruzione di grande respiro corale, che si struttura attorno all’elaborazione e alla fissazione di un linguaggio. Ed è il linguaggio, alla fine, a farsi storia: una storia parlata; parlata a Roma.
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“Tra i carnefici anche fascisti italiani. Il nostro passato non si può cancellare”, Giovanni De Luna, La Stampa, 25 marzo 2023
A questo punto è meglio che stiano zitti L.’Italia della Resistenza è chiaramente un passato ostico per la destra che ci governa. Non lo si può cancellare, come non si può cancellare la nostra Costituzione antifascista. E quindi in qualche occasione bisogna parlarne, adempiendo a un dovere istituzionale. E allora se ne parla male, omettendo, tacendo, edulcorando. Soprattutto in quei discorsi manca la chiarezza. È stato così anche per l’anniversario delle Fosse Ardeatine, nel ricordare quel 24 marzo 1944, quando i tedeschi fucilarono 335 ostaggi per rappresaglia, in seguito all’attentato partigiano di via Rasella, a Roma. «Italiani»: così Giorgia Meloni ha chiamato le vittime dell’eccidio.
Ma «italiani» erano anche quelli che collaborarono al massacro insieme ai tedeschi: il ministro dell’Interno della Repubblica di Salò, Guido Buffarini Guidi; il questore di Roma, Pietro Caruso; il criminale di guerra e capo di una “banda” di aguzzini, Pietro Koch. «Italiani» non è un termine che fa chiarezza.
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E i fucilati alle Fosse Ardeatine avevano scelto di essere antifascisti, pagando con la vita quella scelta. Tutti erano Todeskandidaten (persone da eliminare) già rinchiusi nelle prigioni fasciste e naziste, appartenenti alle varie organizzazioni politiche che partecipavano alla Resistenza, dal Partito d’Azione alla Democrazia Cristiana, in uno schieramento che accomunava comunisti e monarchici, anarchici e socialisti, ecc…
In particolare, 154 erano persone a disposizione dell’Aussenkommando, 23 in attesa di giudizio del Tribunale militare tedesco e altre già condannate dallo stesso tribunale a pene varianti da 1 a 15 anni; 75 appartenenti alla comunità ebraica romana; 40 persone a disposizione della Questura, fermate per motivi politici; 10 fermate per motivi di pubblica sicurezza; 10 arrestate nei pressi di via Rasella subito dopo l’attentato; una persona già assolta dal Tribunale militare tedesco; sette vittime non furono identificate e non fu possibile stabilirne l’appartenenza. La faticosa compilazione delle liste con i nomi di chi sarebbe stato mandato a morte fu un esercizio tanto macabro quanto laborioso e non avrebbe potuto svolgersi senza la collaborazione delle autorità italiane, fasciste.
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“L’orrore nazifascista dietro l’eccidio dei 335 occultato nelle Fosse”, Umberto Gentiloni, Repubblica, 25 marzo 2023
Ma chi sono le vittime? Perché vengono selezionate? Cosa raccontano le loro biografie spezzate dalla violenza? Vengono da diversi angoli della penisola seguendo il richiamo della centralità della capitale, da quartieri e borgate di Roma o dai limitrofi Castelli. Si sono messi in moto dall’Abruzzo, dalla Puglia, da Torino, Trieste, dalle Marche, la Sicilia e la Sardegna. Alcuni con origini più lontane: Lussemburgo, Ungheria, Turchia, Ucraina (www.mausoleofosseardeatine. it/). Un mosaico di percorsi accomunati dall’esito finale: uccisi in quanto antifascisti, oppositori del regime, delle strategie di affermazione violenta proposte dal nuovo ordine hitleriano mentre l’Italia è dilaniata dalla guerra civile. Nel medesimo frangente altri italiani combattono sul versante opposto, a fianco di Hitler e Mussolini nelle fila della Repubblica di Salò. I caduti sono accumunati da un altro dato: tutti uomini, la memoria di una ferita non rimarginabile sarà così affidata alle donne nella loro capacità di sopravvivere e raccontare. La più grande strage in un territorio urbano nell’Europa occupata dalle potenze dell’Asse. Un segmento della popolazione cancellato in poche ore: estrazioni sociali (aristocratici, avvocati, operai, venditori ambulanti, studenti, docenti, civili e militari); orientamenti politici e culturali (le varie sinistre, il mondo cattolico, liberali, ex fascisti); dai 14 ai 70 anni, cristiani, ebrei, atei. Universo variegato, tenuto insieme dalla ferocia dell’occupante e dalle scelte di quelle ore drammatiche. Basta fermarsi sui dati sensibili di un elenco riassuntivo di tipologie possibili: generali estraccivendoli, analfabeti e intellettuali, commercianti e artigiani, un prete e 75 ebrei; monarchici e azionisti, repubblicani e comunisti, altri aggiunti alla rinfusa, per raggiungere il numero stabilito confutando così la logica terribile della rappresaglia in stile nazista. Un’azione organizzata con gli strumenti e le capacità di un sistema complesso: archivi, liste di potenziali oppositori, catene di comando, collaborazione con fascisti e questura, logistica, trasporti, conoscenza del territorio.
L’illustrazione: Marcel Janco, Abuso, Due nazisti brutalizzano alcuni ebrei, 1942.
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