Libri e luoghi (aggiornamento 30.5.24)

Appunti su libri dedicati a città e altri luoghi. A suo modo un omaggio a W.G. Sebald

libri e luoghi, surrealismo, omaggio (foto: luigi gavazzi)
A questo blog piacciono molto i libri di W.G. Sebald e siamo sempre, anche se non lo ammettiamo, alla ricerca di quel tipo di scrittura. (Questo è un articolo in aggiornamento; via via che li incontriamo si citano libri dedicati, in un modo che ci piace, ai luoghi). Comunque, leggete i commenti a questo articolo che sono pieni di consigli di lettura. Soprattutto grazie a Mariangela.

30 maggio 2024

Segnala Mariangela:

Daniele Pascucci, Riccardo Degregorio, Alessandro Schiavoni, Carlo Celentano, ”Malati di libertà: storia delle evasioni dei prigionieri antifascisti dall’ospedale milanese di Niguarda (1943-1945)”, Mimesis, 2024, 348 p.

Milano, tempo di occupazione. Un bombardamento distrugge l’infermeria del carcere di San Vittore e i tedeschi decidono di trasferire al Reparto Ponti del Niguarda i detenuti politici feriti o ammalati. Grave errore, e non solo per i motivi logistici accennati: il quartiere Niguarda, e qui entra in scena il terzo luogo del libro, si connota per il suo antifascismo. Grazie all’aiuto della rete clandestina esterna, si crea un gruppo all’interno dell’ospedale che organizza, non sempre con successo, la fuga dei prigionieri antifascisti. È un’attività pericolosissima che vede coinvolti diversi soggetti: qualche medico, ma soprattutto molte infermiere e suore. Se vogliamo un esempio del ruolo attivo svolto dalle donne nella Resistenza, lo scrive anche Roberto Cenati nella prefazione, questo è il libro giusto.

Il libro è il frutto di un lavoro di studio durato tre anni, ma non solo. Le persone generose, disinteressatamente generose, sono poche, ma qualcuna ce n’è. È il caso di Nicola Valenziano: nel suo testamento ha lasciato soldi a 26 associazioni tra cui l’ANPI, anzi, la Sezione Anpi di Niguarda. Quanto fino a ieri veniva trasmesso solo oralmente – perché le gesta di queste suore ed infermiere erano già conosciute – è oggi raccontato in questo libro a cura dell’ANPI.

25 gennaio 2024

Stròlegh. Teater di Franco Loi, Einaudi, 2024. Stròlegh e Teater, La Milano del grande poeta. Strolegh uscì la prima volta nel 1972, Teater invece è del 1978.  Raccontano una Milano popolare, operaia, con la lingua particolarissima di Loi, ricca di invenzioni, di dialetto interpretato a suo modo, di personaggi indimenticabili. Un modo bellissimo, commovente e pieno di forza artistica, per scoprire la storia proletaria di questa città. Per chi è attento ai luoghi precisi: Racconta soprattutto il quartiere a nord-est della città, il Casoretto, via Leoncavallo, via Teodosio (dove abitava Loi), fino a via Wildt e Sire Raul. Ma anche Piazzale Loreto, che Loi ha ricordato per tutta la vita come il luogo della strage perpetrata dai fascisti il 10 agosto del 1944. Ne ho scritto qui.
Aggiungo anche che il 18 marzo del 1978, (anno di Teater) proprio nelle vie del Casoretto, Fausto e Iaio vennero assassinati dai fascisti. Per chi volesse fare una visita di rispetto e di ricordo, la via dove avvenne il duplice omicidio – per il quale non è mai stato condannato nessuno – è via Mancinelli (c’è una lapide di commemorazione). E la chiesa dei funerali è vicinissima: Santa Maria Bianca della Misericordia (nella foto qui sotto). I giardinetti di piazza Durante sono stati intitolati a Fausto e Iaio.

28 settembre 2022

Oggi un libro su Londra. In particolare sull’evoluzione fra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta che trasformò la città, rinnovandone, anche ideologicamente, il mito. Il libro è: John Davis, Waterloo Sunrise: London from the Sixties to Thatcher, Princeton, 2022. Ne scrive Florence Sutcliffe-Braithwaite sulla London Review of Books, Chelseafication (c’è un paywall ma un articolo al mese si legge gratis). Dice Sutcliffe-Braithwaite: «As John Davis points out, the idea that London started to ‘swing’ in the 1960s was largely the concoction of journalists in need of a story, most of them American. But in Soho and on the King’s Road in Chelsea, ideas were taking shape that would eventually change what people all over the country wore, what they listened to and what their houses looked like».

26 settembre 2022

Più che un libro su un luogo è un libro su un viaggio e la storia di un altro viaggio. Si tratta del lavoro di Tim Parks, Il cammino dell’eroe. A piedi con Garibaldi da Roma a Ravenna, Rizzoli, 2022. Lo scrittore inglese, insieme a sua moglie Eleonora, nell’estate del 2019 ha percorso a piedi il tragitto di Giuseppe Garibaldi, con Anita e altre 4800 persone, nel 1849 dopo la caduta della Repubblica Romana. Braccati da spagnoli e napoletani a sud, dai francesi attorno a Roma e dagli austriaci a nord, riuscirono a fuggire fino a San Marino, dove si separarono. Garibaldi e Anita, accompagnati da duecento seguaci, arrivarono fino a Cesenatico. Da lì volevano andare a Venezia, dove ancora resisteva la Repubblica. Vennero però intercettati dalle navi austriache vicino a Comacchio dove presero terra in ordine sparso. La maggior parte venne imprigionata, molti fucilati. Garibaldi perse Anita incinta e ammalata e da Ravenna riuscì a fuggire. Ebbene: Parks, segue le tracce di questa fuga, ma racconta anche il presente dei luoghi, avvicinati e raggiunti, passo dopo passo.

21 settembre 2022

Dopo alcuni mesi un aggiornamento: propongo: Palermo. Un’autobiografia nella luce di Ramak Fazel e Giorgio Vasta, Humboldt Books. Scrive su Doppiozero Carola Allemandi:
“l’elegantissimo, potente esempio di quanto gli occhi e la parola possano trovarsi abbagliati, disorientati nel complesso di un’urbanità che non lascia scampo, di un’umanità che senz’altro è lì, sempre apparentemente uguale a se stessa, da millenni.”
Un libro di immagini e parole.
Dice la scheda dell’editore:
“In questo vortice di immagini Fazel inventa con il suo sguardo una Palermo sospesa, una città fatta di penombra dove, nel bel mezzo di una sterpaglia, è possibile imbattersi in un dinosauro. Ritratto di Palermo in soggettiva selvaggia, resa dei conti con il passato, nella rara bellezza della lingua esatta di Vasta si compone un’autobiografia paradossale, sulle tracce di un’archeologia di memorie e visioni: la fuga si dissolve in un’immagine nitidissima, irreale e struggente, in cui possiamo riconoscere la forma di ciò che per ciascuno di noi ha nome mancanza”.

20 aprile 2022

Inevitabile per me aggiungere anche qui il folgorante piccolo libro di Daniel Mendelsohn, Tre anelli. Una storia di esilio, narrazione e destino, Einaudi, 2022. È un libro su come si racconta (e si legge), ma c’entrano tanto, forse soprattutto, i luoghi: Istanbul, Cipro, l’Ucraina e la Polonia, la Grecia di Omero, l’Inghilterra meridionale percorsa da W.G. Sebald. Un libro che è anche una dialettica fra l’esser costretti in casa da una sorta di depressione e proiettarsi nel mondo.
Già che ci siamo ci metto anche la riscoperta di Vincenzo Consolo e della sua Sicilia (Cefalù, Alcara Li Fusi fra gli altri) dentro Il sorriso dell’ignoto marinaio Einaudi e Mondadori). Su Consolo e la Sicilia merita attenzione: Ada Bellanova, Un eccezionale Baedeker. La rappresentazione degli spazi nell’opera di Vincenzo Consolo, Mimesis/Punti di vista, Milano-Udine 2021: trovate una sintesi dei temi qui.

25 marzo 2022

Da un bel po’ non si aggiorna questo post. Oggi vi propongo questo libro di Paolo Inghilleri,
I luoghi che curano, Cortina,
2021.
Così la quarta:
“Un malessere diffuso sembra oggi essere presente: insoddisfazione, insicurezza, timore per il futuro che possono diventare ansia, depressione, apatia. Il libro descrive le cause psicosociali di questo stare male: dalla troppa possibilità di scelta al doversi confrontare con altre culture, dalla crisi economica al destino incerto del pianeta. Ma ognuno di noi possiede, biologicamente e come specie, fattori protettivi: la capacità, attraverso l’empatia, di comprendere l’altro e di collaborare, la predisposizione alla resilienza, la tendenza innata a raggiungere stati esperienziali positivi. Partendo da queste premesse, l’autore affronta il tema della cura, non in generale ma rispetto agli effetti terapeutici dei luoghi, degli oggetti e della natura e illustra come devono essere i paesaggi, le città o le costruzioni architettoniche che possono “curare” e farci star bene. Lo fa percorrendo casi reali, dagli slums di Mumbai alle opere di grandi architetti come Aravena, Boeri e Piano, dall’uso dei beni comuni a quello della propria casa. Una parte importante è dedicata agli effetti benefici della natura sulla psiche e sul comportamento e a come tutto questo si interseca con il futuro ambientale del pianeta e con ciò che ci ha insegnato la pandemia del coronavirus.”

18 novembre 2021

In un mercato, prevalentemente di alimentari, ho trovato un paio di bancarelle con dei libri. Una aveva in bella mostra una recente ristampa dello splendido Le voci di Marrakech di Elias Canetti (Adelphi). Penso sia necessario aggiungerlo a questa lista. Prima di tutto perché qui Canetti ci offre una prova molto bella di scrittura istantanea dettata dal soggiorno in una città; poi perché la Marrakech degli anni ’50 del secolo scorso aveva un fascino umano e letterario davvero notevole.

14 novembre 2021

Oggi qualche libro su Milano:
– Gaia Manzini, A Milano con Luciano Bianciardi. Alla scoperta della città romantica, Giulio Perrone Editore, 2021.
– (A cura di Gianni Biondillo), Miracolo a Milano. Un omaggio a un film e a una città, EuroMilano, 2021.
–Jacopo Lareno Faccini, Alice Ranzini, L’ultima Milano. Cronache dai margini di una città, Fondazione Feltrinelli, 2021. Questo libro si occupa di casa, gentrification, rigenerazione urbana, affitti, rendita, poveri e ricchi.
–Matteo Pericoli, Ecco Milano, Rizzoli Lizard, 2021.

29 ottobre 2021

Oggi una breve segnalazione per un saggio: Alessandro Bosco, Milano, il grattacielo e la metropoli. Riletture moderniste dello spazio urbano tra architettura, cinema e letteratura (1956-1963) (Franco Cesati Editore). Così lo presenta l’editore:
«Forse nessun altro oggetto architettonico possiede la carica mitico-simbolica del grattacielo, il quale funge qui da cartina al tornasole per mettere in evidenza il complesso ventaglio di concezioni del moderno che si intersecano nella Milano del boom a cavallo tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta». 

27 ottobre 2021

Ancora un titolo Iperborea in uscita: Cees Nooteboom, Venezia. Il Leone la città e l’acqua, 2021.

Questa la quarta di copertina:

Un vagabondaggio letterario, storico e filosofico dedicato a Venezia. Un sogno di palazzi e chiese, di potere e denaro, dominio e declino, un paradiso di bellezza.

«Questa è sempre stata una città per forestieri. Il gioco consiste nel far durare un secondo di più l’incertezza, nell’essere veneziano per un microsecondo, prima che abbia luogo l’inevitabile smascheramento. Loro da un lato vivono di noi, dall’altro si sentono minacciati dalla nostra massa e la sera abbandonano la città come una nave che affonda. Ma come fai a spiegargli che non fai parte della massa?» Dopo oltre cinquant’anni di periodici soggiorni a Venezia, Cees Nooteboom offre alla sua città del cuore il proprio tributo di narratore che ha fatto del viaggio una forma di vita. Animato dalla sua inestinguibile curiosità, lo vediamo aprirsi all’imprevisto ogni volta che imbocca una calle, smarrirsi tra gli strati di passato in un luogo che nell’anacronismo ha la sua essenza e in cui i morti non sono mai completamente morti. Prendendo parte a «una conversazione che si protrae nei secoli», quella di Proust, Ruskin, Rilke, Byron, Pound, Goethe, McCarthy, Morand, Brodskij, Montaigne, Casanova, Goldoni, Da Ponte, James, Montale, si addentra nei paesaggi reali della città anfibia, tra mobilità dell’acqua e immobilità della pietra, e si insinua dentro scenari soltanto dipinti o immaginati, per vivere almeno qualcuna delle tante Venezie sognate dai grandi del passato. E quando è sopraffatto dalla sovrabbondanza di storia e di bellezza, cerca angoli più quotidiani, si fa invisibile in un bar, si mimetizza in un campiello e osserva come a teatro la vita veneziana che scorre, aggiungendo altre immagini, altre riflessioni, altre trasfigurazioni al suo particolarissimo ritratto della «città in cui i racconti non si esauriscono mai».

Spero di tornarci presto, Anche sul libro di Karl-Markus Gauss del quale abbiamo parlato qualche giorno fa.

Santo Stefano Belbo, foto: luiginter

Un’altra novità che, se pure di altro segno, ci interessa a proposito di luoghi e di città è la seguente:

Ezio Manzini, Abitare la prossimità. Idee per la città dei 15 minuti, Egea, 2021.

Manzini spiega che questa città “per esistere (e resistere) deve fondarsi su tre pilastri fondamentali: comunità, cura e innovazione digitale. Concetti diversi, talvolta lontani, ma che non possono prescindere gli uni dagli altri nel dare vita a un futuro davvero a misura d’uomo”.
Si parla da alcuni anni, e se n’è parlato parecchio negli ultimi mesi, di “città dei 15 minuti” per esprimere, con uno slogan, l’idea di centri abitati dove tutto quel che serve ai cittadini, compresi la cultura e l’intrattenimento, sia raggiungibile, appunto a 15 minuti di cammino o – ancora più rapidamente – in bicicletta.
È un’idea suggestiva che può aiutare a rendere le nostre città più sostenibili e a farne un ecosistema nel quale sia più facile e piacevole vivere.

Poi aggiungo un libro di qualche anno fa ma davvero imperdibile: Orhan Pamuk, Istambul, Einaudi. È insieme memoir e libro sui luoghi. Splendido.

Aggiornamento 18 ottobre 2021

In questi giorni esce il nuovo libro di Jan Brokken, L’anima delle città, Iperborea, 2021. Così lo presenta l’editore:

“La Parigi di Satie, la Amsterdam di Mahler, la Bologna di Morandi, la Cagliari di Eva Mameli Calvino e tante altre. Storie, ritratti d’artista, reportage, in una sentimentale flâneurie metropolitana”.

Aggiornamento 24 settembre 2021

Iosif Brodskij, Fuga da Bisanzio, Adelphi – (Su Leningrado) grazie a Renza del suggerimento.
Adam Zagajewski, Tradimento, Adelphi, (Su Leopoli) grazie ancora a Renza.

14 settembre 2021

Ci fa molto piacere e genera speranza e attesa quanto scrive Leonardo G. Luccone su “Robinson” del 4 settembre 2021 in un articolo dedicato a Nella foresta delle metropoli di Karl-Markus Gauss, Keller, un “diario di viaggio della memoria nella memoria dell’Europa, ‘un libro di divagazioni’ che accetta di prendere molte delle ‘traverse possibili’ in un’esplorazione di microcosmi legati da rapporti segreti. Spigoli di mondi che non troverete in nessuna guida turistica o su nessuna pagina del web. Per Gauss le persone sono le radici dei luoghi; i luoghi sono graffiti delle generazioni; le architetture asintoti del territorio: Gauss si sintonizza come nessuno sull”’ethos della resistenza’, sulle ragioni di chi sta al margine”.


Ebbene ci sono molti motivi per andare più a fondo con questo libro, anche per andare oltre Sebald. È quindi il primo di questa serie di segnalazioni di libri sui “luoghi”, giusto per trovare una definizione facile da ricordare.

  • Karl-Markus Gauss, Nella foresta delle metropoli, Keller.

Come ricorda Luccone, vale la pena ricordare anche altri titoli di Keller, in questo percorso nei luoghi, ordinati nella collana Razione K. Su questa collana vorrei tornare presto. 

La settimana successiva, comunque, sempre Robinson ci ha ricordato:

Saša Stanišić, Origini, Keller.

Scrive Melania Mazzucco di questi libro: “Con balcanica libertà narrativa, senza vincoli di genere, scompiglia i piani cronologici del racconto, rimescola i ricordi autobiografici di ragazzino orgoglioso di essere jugoslavo nella Visegrad multietnica degli anni ’80 con quelli, a volte immaginari, dei nonni, e in particolare di Kristina, l’altra vera protagonista. Rimasta indietro, sola, l’anziana nonna è sopravvissuta alla guerra civile: ma nel 2007 ha iniziato a perdere la memoria, sua e della famiglia, di cui è l’ultima depositaria”.

Qui e ora ricordo solo alcuni altri titoli che rientrano in questa linea a suo modo dedicata ai “luoghi” alla quale vorrei prestare un po’ di attenzione, magari per un nuovo gruppo di lettura (che ne pensate?) Ovviamente i titoli possibili sono centinaia. Vorrei ricavare una linea più scarna, in cui non ci siano troppi libri/autori. Poi vedremo anche di definirla.

Cominciamo con 

  • Guido Piovene, Viaggio in Italia, 1957, ora pubblicato da Bompiani.
  • Pier Paolo Pasolini, La lunga strada di sabbia, reportage del 1959 per la rivista “Successo”. Ora pubblicato da Guanda.

E poi:

  • Claudio Magris, Danubio
  • Claudio Magris, Microcosmi
  • Claudio Magris, L’infinito viaggiare (tutti da Garzanti)
  • Marcello Fois, In Sardegna non c’è il mare (Laterza)

Ma anche (un po’ a memoria): 

  • Jan Brokken, Anime baltiche, Iperborea
  • Stefan Hertmans, Guerra e trementina, Marsilio (Belgio)
  • Szilárd Borbély, I senza terra, Marsilio (Ungheria)
  • Teju Cole, Città aperta, Einaudi (ne avevamo parlato qui) (New York City)
  • William Least Heat-Moon, Strade Blu, Einaudi (Stati Uniti)
  • Robert Pirsig, Lo Zen e l’Arte della Manutenzione della Motocicletta, Adelphi (Stati Uniti)

Commenti

128 risposte a “Libri e luoghi (aggiornamento 30.5.24)”

  1. Avatar Mariangela
    Mariangela

    @tutti
    Come noto, musica e cantautori non rientrano nelle mie passioni, però questa breve lettura ha attirato la mia attenzione:

    ∆ Claudio Zonta, “Enzo Jannacci: l’ importante è esagerare” in “La Civiltà Cattolica”, anno 174, 1-15 Luglio 2023 (pp. 82/92)

    Poche pagine ma efficaci: emerge la capacità di Enzo Jannacci di parlare degli umili, il legame con Milano, le sue periferie, le sue fabbriche e i suoi quartieri. Lo stile, un po’ matto, un po’ surrealista dell’ interprete che fa tutt’uno con i contenuti delle canzoni.

    Vi dico, mi è venuta voglia di leggermi qualche testo a me che, oltre a “El purtava i scarp del tenis”, non è mai venuto in mente di andarmi a cercare qualcosa di Jannacci (colpevolmente, visto che con un po’ di enfasi mi dico appassionata di cultura milanese!).

    Mariangela

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  2. Avatar Mariangela
    Mariangela

    @Tutti
    Se non è vero che una lettura tira l’altra!

    ∆ Paolo Jannacci, Enzo Gentile, “Enzo Jannacci Ecco tutto qui”, Hoepli, 2023, p. 219

    Diviso per capitoli, ognuno dedicato ad un decennio della vita di Jannacci, potrebbe sembrare solo una biografia dell’ artista, invece a leggerlo si scopre che è anche un pezzo di storia di Milano. Come spiegava Enzo Gentile, uno degli autori che ho avuto il piacere di ascoltare ad una presentazione, la cultura della città in quegli anni conosceva collegamenti e rimandi a doppio filo tra le varie arti, un rapporto osmotico tra musica, letteratura e sport che ha prodotto risultati di altissimo livello.

    Nei paragrafi “Incontri”, molti i ricordi di chi ha conosciuto Jannacci e che con lui ha lavorato. Alcuni nomi me li aspettavo (Gaber, Dario Fo, Cochi e Renato,Vasco Rossi, per citarne solo alcuni), altri mi hanno stupito, ma testimoniano proprio quelle contaminazioni tra generi cui accennavo; trovo, per esempio, anche Luciano Bianciardi. Però, a pensarci, tutto torna, “La vita Agra” non è così lontana, anzi! Leggo poi che l’autore del testo “Quella cosa in Lombardia” è Franco Fortini, niente di meno!

    È sottolineata con vigore l’amicizia fraterna con Beppe Viola, indimenticato giornalista sportivo. Detto non tra parentesi: in occasione dell’ottantesimo compleanno di Rivera la Rai ha ritrasmesso un suo servizio degli anni ’70: calciatore e giornalista sono in tram e girano per una Milano che non c’è più. Storia meneghina, poesia pura, pezzo da riproporre e conservare come opera d’arte.

    Ovviamente non poteva mancare “Il Derby”, locale milanese di cui io ho appreso il nome solo qualche anno fa (!!!), qui su qs blog, parlando con Cristina, indomita lettrice milanese in trasferta. Viene definito palestra, vetrina e culla di incubazione delle novità culturali di quegli anni

    Vi dicevo che la mia ignoranza in fatto di canzoni è abissale, ma questo libro qui l’ho apprezzato. E non pensiate che esageri: libri di musica preclusi ai non melomani ce ne sono, eccome. Non questo, però.

    Mariangela

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  3. Avatar Mariangela
    Mariangela

    @Tutti
    Per ricordare le leggi razziali di ottantacinque anni fa in una scuola di Milano.
    (Per chi non sia mai stato a Milano dalle parti di Porta Vercellina: “Il Moreschi” è un istituto scolastico dalla mole enorme che si estende, massiccio, da via Biffi fino in Piazzale Aquileia in Viale San Michele del Carso)

    Nel settembre di ottantacinque anni fa, nel 1938, il regime fascista promulgava le leggi antiebraiche. Per comprendere l’impatto di questo provvedimento discriminatorio sulla vita degli ebrei di Milano, ci affidiamo ad un libro che l’ANPI Curiel ha presentato quest’anno a marzo:

    ►Pietro Pittini, “Istituto Pagine di storia”, edito in proprio, Istituto Nicola Moreschi, 2006

    Le vittime della normativa antiebraica del 1938, al Moreschi, furono tredici: dieci allievi, che non poterono iscriversi all’anno scolastico 1938/39, oltre a due insegnanti e al preside, che furono prima sospesi e in seguito dispensati dal servizio.
    Tra i nomi degli studenti che dovettero forzatamente lasciare gli studi troviamo quello di Giorgio Latis, ebreo non praticante e battezzato. Non era un allievo modello, Giorgio. Le pagelle e il voto in condotta ci dicono che era scostante, irrequieto, più versato nelle materie umanistiche che in quelle tecniche, senz’altro sempre capace, però, di recuperi formidabili: se pur in sede di esami di riparazione a settembre, la promozione l’acciuffava sempre, nonostante la sfilza di voti disastrosi dei primi trimestri.
    L’ingiustizia e le crescenti difficoltà non scoraggiano Giorgio, privato del diritto allo studio, inizia a lavorare nel settore elettrotecnico senza rinunciare ai suoi interessi culturali: ama la musica e l’arte, si occupa di teatro di marionette e compone brevi prose.

    Dopo l’8 Settembre la discriminazione degli ebrei diventa persecuzione e la tragedia si abbatte anche sulla famiglia Latis. Giorgio tenta di accompagnare i suoi cari all’estero, crede di averli condotti in salvo, ma i fuggiaschi vengono respinti alla frontiera svizzera e arrestati dai tedeschi. Dopo diverse traversie, vengono deportati ad Auschwitz dove muoiono tutt’e tre: subito all’arrivo i genitori, dopo qualche mese di stenti, la sorella.

    Giorgio entra nel Partito d’Azione e si unisce alle unità combattenti di Giustizia e Libertà dove si mostra coraggioso e particolarmente attivo nel soccorso ai carcerati (riesce a fare evadere un prigioniero condannato a morte). Il 26 aprile 1945, ultimo giorno di guerra a Torino, Giorgio si offre come portaordini, deve superare la linea nemica, la passa indenne all’andata, ma al ritorno il controllo dei repubblichini è più accurato: i suoi documenti si rivelano falsi, interrogato al proposito, si rifiuta di rispondere e viene ammazzato sul posto da una scarica di mitra.

    Terminate le otto pagine che il libro dedica a Giorgio Latis, abbiamo la riprova che per capire l’effetto delle decisioni storiche è talvolta emotivamente più efficace partire dalla vicenda di un singolo essere umano, piuttosto che da un manuale. Ci sembra inoltre di conoscerlo questo adolescente: grazie al libro, abbiamo incontrato un ragazzo intelligente, volitivo, pieno di voglia di vivere, coerente fino in ultimo alla scelta dell’antifascismo.

    Va ricordato che il libro, intrecciando lo storia scolastica dell’Istituto Moreschi con quella cittadina, è tutto una miniera di informazioni sulla zona di Porta Vercellina, ora territorio del Municipio 7.

    La medaglia d’argento a Giorgio Latis è stata riconosciuta solo nel 1994 e al numero 5 di via Carcano, troviamo le pietre d’inciampo dedicate ai suoi genitori Annita Bolaffi e Leone Latis e alla sorella Liliana. Dallo scorso aprile, grazie all’iniziativa dell’ANPI Curiel e dell’Istituto Nicola Moreschi, Giorgio è ricordato, assieme agli altri ebrei espulsi, con un monumento all’interno di quella che fino al settembre 1938 è stata, e avrebbe dovuto continuare ad essere, la sua scuola, il Moreschi, appunto Perché il sacrificio di uno studente di allora sia sempre sotto gli occhi degli studenti di oggi.

    Mariangela Quaini

    “Leggi antiebraiche: la storia di Giorgio Latis, studente al Moreschi”, pubblicato su “Il Diciotto – Mensile di informazione e cultura per il Municipio 7”, Ottobre 2023, p. 18 

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    Mariangela

    Leggo su questo blog Leggo su questo blog https://gruppodilettura.com/2023/11/09/i-libri-della-settimana-9-novembre-2023/ che è appena uscita una nuova edizione de “La storia della colonna infame” curata da Adriano Prosperi. Io l’ho riletto quest’estate e non posso fare a meno di rispondere qui, su “Libri e luoghi”, perché Manzoni è, sì, il nostro scrittore nazionale, ma come lui di Milano hanno saputo scrivere in pochi:

    ► Alessandro Manzoni, “Storia della colonna infame”, premessa di Giancarlo Vigorelli, a cura di Carla Riccardi, Centro nazionale studi manzoniani, 2002, LXXXVII, 592 p.

    Solo la seconda lettura mi ha permesso di capire che questo saggio è anche un brano di storia del diritto: nel capitolo due Manzoni ci dimostra di avere competenze giuridiche per niente superficiali (e lì ho vacillato perché Don Lisander ha messo a dura prova il comprendonio della lettrice!).

    L’intento di Manzoni è diverso rispetto a quello di Verri che col suo libello “Osservazioni sulla tortura” mirava all’abolizione di quella terribile pratica giudiziaria. Manzoni vuole dimostrare che anche con quelle leggi, pur nell’incertezza del diritto data dall’aggrovigliarsi delle fonti, anche con quelle regole, che non promanavano peraltro da un’autorità pubblica ma dal sovrapporsi dei pareri degli esperti (Verri li chiama criminalisti), pur in quella situazione normativa, i giudici avrebbero dovuto assolvere i malcapitati. Sul banco degli imputati, infatti, ci sono i giudici, quei giudici che cercavano un colpevole perché il popolo era inferocito, quei giudici che per salvare sé stessi, distorsero la procedura e trascurarono le pur labili tutele.

    Tutto parte dal capitolo XXXI dei Promessi sposi, ma conviene rileggerlo affiancandolo al capitolo II delle “Osservazioni” perché anche Verri ci parla dell’abbrutimento di Milano in quei tempi di peste e la sua descrizione è molto efficace. Diversamente che nel romanzo, nella Storia della colonna infame gli umili non sono i giusti, qui il popolo è forcaiolo, e i giudici lo sanno.

    A questo punto, mi sembra di aver capito, entra in gioco Adriano Prosperi che attualizza il tema agganciando il fenomeno del populismo contemporaneo. Mi procurerò senz’altro questa nuova edizione, sono curiosa: Manzoni/Prosperi sembra una bella accoppiata. Sul breve ed intenso (e ostico!) libro di Manzoni ci sarebbe altro da dire …

    Mariangela

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    Mariangela

    Ci sono libri particolari, che possono sembrare lontano dalle nostra sensibilità, libri apparentemente ‘vecchi” a un giudizio affrettato:

    ∆ “Il Fopponino di Porta Vercellina in Milano”, 1969, Scuola tipo-litografica Figli della Provvidenza, 207 p.

    Il taglio del testo è ecclesiastico, e infatti evinciamo subito che lo scrittore era un sacerdote, inoltre il nostro Don Italo Pagani (il nome lo si evince all’ interno del libro, non è in copertina) doveva essere poco proclive alle istanze di rinnovamento che agitarono anche la chiesa negli anni ’60, “Tira aria di fronda”, si rammarica a un certo punto, e chi legge sente tutta l’esasperazione di chi di novità non vuole sentir parlare.

    È un libro importante, che ci consegna un pezzo di storia di Milano dalle parti di Porta Vercellina: il Fopponino, cimitero di epoca borromaica scomparso all’ inizio del XX secolo, la chiesetta dei SS Giovanni e Carlo, salvata dalla Soprintendenza, fino alle vicende costruttive della nuova chiesa di San Francesco di Gio Ponti.

    Mi era già capitato di incontrare testi di storia locale scritti da sacerdoti, quest’ estate, in occasione del Centenario dell’annessione dei comuni contermini a Milano. Sono libri da conservare con cura. È innegabile che il linguaggio possa sembrare un po’ obsoleto, ma il lettore curioso in questi casi sa andare oltre e si gusta il contenuto.

    Mariangela

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    Mariangela

    In questo articolo intitolato “Libri e luoghi”, come avevo già scritto, le guide entrano a buon diritto e questa è una guida particolare, scritta per gli amanti della musica rock ma apprezzabile da chiunque:

    ► “California”, a cura di Roberto Caselli & Aldo Pedron ; contributi di Ezio Guaitamacchi, Editori Riuniti, 2000, 383 p

    Lo stato della California viene diviso per ambienti: il Deserto, la Bay Area, Berkeley, Orange County e, naturalmente, le tre grandi città, Los Angeles, San Francisco e San Diego. Per ognuno, dopo un inquadramento generale che esplora tanto l’ambiente fisico quanto il background culturale con particolare riferimento, come ovvio, alla musica, troviamo una serie di informazioni per i viaggiatori alla ricerca dei luoghi famosi legati in qualche modo alla storia del rock. Per darvi un’idea del taglio pratico: “Negozi di dischi”, “Musica dal vivo”, “Librerie” e, non ultimo per importanza “Radio, giornali e riviste specializzate “.

    A parte Elvis Presley e pochi altri, tanti nomi a me sconosciuti. Ma, come sono approdata io, affezionata alla musica di Canzonissima, a questo libro sul rock? Di Roberto Caselli, uno degli autori, avevo visto “Leonard Cohen: quasi come un blues”: scritto bene e ben impaginato, gradevole da leggere nonostante l’oggetto del libro fosse lontanissimo dai miei interessi (mica facile attirare l’attenzione della lettrice quando parli di una cosa di cui lei non si è mai sognata di occuparsi!!). Allora quando ho visto che era coautore anche di questa guida …, proviamo, mi son detta. Anche perché qui c’è di mezzo il viaggio e il viaggio è sogno, e almeno sulla carta, possiamo viaggiare tutti.

    Ho letto il capitolo sull’ambiente “deserto”, mi imbatto nel “Joshua Tree” e scopro che è tutte queste cose contemporaneamente :
    • Una pianta grassa
    • Il nome di un parco nazionale
    • Il titolo di un disco degli U2
    • Il posto dove un certo Gram Parson ha voluto venissero disperse le sue ceneri
    • Location ideale per i fotografi del rock

    La valle della morte è diventata famosa, leggo, per un film di Antonioni, “Zabriskie Point” (il posto è elencato nei luoghi cult). Vi si trova anche il Barker Ranch, una delle sedi operative della famiglia Manson (come non ricordare non senza un brivido “Le ragazze” di Emma Cline?).

    Eh… le buone guide, quanto regalano!

    Nel caso vi saltasse in testa di fare un giro da queste parti per amore del rock, sappiate che d’estate la temperatura arriva a 45 gradi all’ombra! Non proprio la California delle spiagge e delle palme.

    Buon viaggio a tutti!
    Mariangela

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    Mariangela

    @Tutti
    Ho ignorato fino a tempi recentissimi che Milano è anche una metropoli agricola. Per quanto abbia trascorso l’infanzia e la prima giovinezza al quartiere popolare Gratosoglio, conglomerato di cemento armato isolato nella campagna tra Piazza Abbiategrasso e Rozzano, la mia percezione è sempre stata di assoluta separatezza: da una parte la città, d’altra la campagna. Nonostante le passeggiate guidate da mia madre che ci portava con le mie amiche nei campi per mostrarci le cascine circostanti, la campagna è rimasta per me un altrove da relegare a tempi ormai trascorsi, lontano dalla modernità e dalla vita di tutti i giorni.

    ► Angelo Bianchi, Gianni Bianchi, Lionella Scazzosi, Andrea L’erario, Giorgio Uberti, “Milano Metropoli Rurale – Storia, Attualità e la Strategia Cascina Linterno”, VOL II “Città istituzioni e paesaggi”

    Libro indispensabile per capire Milano, secondo comune agricolo d’Italia dopo Roma, testo fondamentale per studiare l’evolversi dell’agricoltura urbana nella nostra città, a me sta aiutando a comprendere il perché di quel mio antico e duraturo convincimento. Lo spiega bene Lionella Scazzosi: gli studi sulle città hanno sempre dato maggior risalto al costruito che non agli spazi aperti preposti alla produzione agricola, gli storici si sono concentrati maggiormente sugli edifici, sull’architettura che non sul paesaggio agricolo all’interno, intorno e fuori dalla città. Persino Sereni, a cui dobbiamo importanti contributi sul paesaggio agricolo, ha trascurato questi aspetti di agricoltura periurbana. Gli studiosi non hanno mai negato che la relazione tra Milano e il suo contado sia stata fondamentale per la città, semplicemente, spiega Scazzosi, la narrazione ha lasciato sullo sfondo i campi e gli spazi agricoli.

    Il tentativo di espungere l’agricoltura dalla città, spiega l’autrice, nasce a fine ‘800, già col Piano Beruto, d’altro canto le ferrovie e le nuove tecnologie permettevano ora di destinare i prodotti dei campi al mercato nazionale, il trasporto non è più un problema. Tra città e campagna la separazione fisica, ma anche quella sociale e culturale, si fa molto marcata e l’idea che Milano sia un’area a vocazione esclusivamente urbano-industriale si rafforza dopo la seconda guerra mondiale e negli anni del boom economico (Lionella Scazzosi, “Secoli e secoli di agricoltura urbana a Milano”, (pp. 15/33).

    Se non è vero, che la saggistica serve anche a capire un po’ meglio se stessi e i propri limiti!

    Mi faccio traviare da Luigi che ci spinge all’autobiografia e ho cominciato alla rovescia!
    Mariangela

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    Mariangela

    @Tutti

    ► Angelo Bianchi, Gianni Bianchi, Lionella Scazzosi, Andrea L’erario, Giorgio Uberti, “Milano Metropoli Rurale – Storia, Attualità e la Strategia Cascina Linterno”, VOL II “Città istituzioni e paesaggi”

    Per i non milanesi: le vicende della cascina citata nel titolo, la Cascina Linterno, sono in estrema sintesi riassunte in un brano dalla prefazione del Sindaco Giuseppe Sala: “Alla base della storia recente di questa cascina di Milano, tra il Parco delle Cave, la zona dell’ospedale San Carlo e l’area di Piazza d’armi, c’è l’impegno di un gruppo di cittadini che negli anni ha creato una realtà preziosa per la città” (Prefazione, VII). Gli autori fanno comprendere quanto la partecipazione attiva possa fungere da argine alla furia demolitrice e all’avanzare del costruito. È un lettura importante perché entrano in ballo argomenti decisivi come il consumo di suolo e la salvaguardia di questo territorio agricolo.

    Nonostante Cascina Linterno sia un esempio virtuoso di agricoltura urbana, non sarebbe onesto pensare che l’opera si esaurisca con la sua trattazione: il libro parla di Milano, della sua storia, del suo sviluppo urbanistico, sociale ed economico. C’è tanto in questo lavoro.

    Frutto di una collaborazione tra l’Associazione Amici della Cascina Linterno e il Politecnico, si compone di contributi di diversi autori e affronta il tema di Milano Rurale, la Milano agricola in pratica, da più punti di vista. Dati, cartine e tabelle ci permettono di avere un quadro del fenomeno. Lo avreste immaginato che il Comune di Milano ha raccolto in un unico elenco le 61 cascine di sua proprietà, quelle che coprono il suo territorio amministrativo, solo dal 2016? Anche questo dà conto di alcune difficoltà e di quanto relativamente nuovo sia il nuovo approccio verso le persistenze agricole.

    Tornando alla percezione del territorio agricolo milanese, Lionella Scazzosi mette a confronto le guide del Touring edite nel ‘900: nel 1916 il paesaggio che attraversato per raggiungere Chiaravalle da Milano veniva definito “di nessun interesse”; nell’edizione del 1967 la suggestiva campagna lombarda osservabile durante il medesimo tragitto, con i suoi filari di pioppi di cardarelliana memoria, cominciava a venire delineata, ma è ancora un abbozzo; solo con gli anni ’70, a testimonianza della mutata sensibilità, il Touring descrive lo spazio percorso come un vero e proprio paesaggio. (Lionella Scazzosi , “Il paesaggio agrario milanese: descritto, visitato, celebrato”, pp. 37/45).

    Prezioso scrigno a cui attingere, il libro regala anche una ricca bibliografia!
    Mariangela

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    Mariangela

    @Tutti
    Milano è stata operaia, ma girando per la città non vi è traccia di questa componente dell’identità milanese, sembra che le fabbriche in città non siano mai esistite. Soccorrono i buoni libri, per fortuna:

    • Giovanna Gulli, Tommaso Lana, “I lavoratori e le lavoratrici della Bor-letti . Storie di vita e di lotta”, presentazione di Susanna Camusso, E-diesse, 2005

    • Antonio Pizzinato in collaborazione con Saverio Paffumi, “Viaggio al centro del lavoro”, presentazione di Susanna Camusso, prefazione di Giovanni Bianchi, con un testo conclusivo di Bruno Ugolini, Ediesse, 2012

    Tanta la toponomastica milanese della zona di Porta Vercellina, tra la Circonvallazione e i bastioni spagnoli, la Borletti, che contava alcuni stabilimenti tra Via Washington, Piazza Irnerio e dintorni, è stata una delle più importanti fabbriche milanesi, adesso ne hanno fatto centri per il commercio o case d’abitazione …

    A me sono piaciuti molto entrambi.
    Mariangela

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    Mariangela

    Per chi sia interessato alla storia della Democrazia Cristiana, alle sue correnti e al suo rapporto con la Chiesa questo è un libro da non lasciarsi scappare:

    ∆ Eliana Versace, “Montini e l’apertura a sinistra: il falso mito del vescovo progressista”, Guerini studio, 2007, 281 p.

    Ovviamente è anche un libro sulla Milano del boom, visto che Montini è stato nostro arcivescovo dalla fine del 1954 fino al 1963, quando fu chiamato al soglio di Pietro .

    Lavoro rigoroso basato su un’ analisi serrata dei documenti dell’ archivio diocesano, sfata il mito secondo cui Montini avrebbe favorito l’apertura a sinistra, come peraltro avevano sostenuto alcuni periodici d’ allora (forse con l’intento di screditarlo in Vaticano).

    In molti casi l’autrice cita alla lettera dalla corrispondenza o dai discorsi: cristallina la posizione del presule nel suo diniego al centrosinistra (la condanna del socialismo è nettissima), ma abbastanza stupefacenti anche i suoi discorsi al laicato, spesso accusato di pretendere troppa autonomia dalle gerarchie.

    Capillare e costante risulta anche l’ingerenza nelle questioni elettorali: Montini non vedeva di buon occhio la corrente della sinistra DC milanese, la ‘Base’, e dalle lettere indirizzate in Vaticano emergono, chiare e ben formulate, le preoccupazioni dell’arcivescovo e la sua azione di contrasto.

    Eliana Versace mi ha regalato un aspetto inedito del rapporto DC – Chiesa, lo immaginavo meno dialettico, in certi punti del libro, invece, la contrapposizione anche conflittuale tra i due poli emerge con vividezza.

    Il giudizio si è incontrovertibile formato anche se non l’ ho ancora finito: molto istruttivo!

    Mariangela

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  11. Avatar Mariangela
    Mariangela

    A Milano la mafia non può attecchire, veniva ripetuto, la società civile e la maggior ricchezza rispetto ad altre zone d’Italia permetteranno alla Capitale Morale di rimanere impermeabile ai tentativi di infiltrazione. A dirlo sono stati in tanti, l’ha sostenuto un prefetto, lo ha proclamato un sindaco e lo ha scritto pure il CdS:

    ∆ Nicola Gratteri, Antonio Nicaso, “Complici e colpevoli : come il Nord ha aperto le porte alla ‘ndrangheta”, Mondadori, 2021

    Gli autori spiegano come le organizzazioni criminali nate al Sud siano approdate in diverse regioni del Nord. Ne ho fatto una lettura selettiva concentrandomi, oltre che sulla prefazione e sulle conclusioni, sul capitolo dedicato alla Lombardia. Il libro dedica spazio anche ad altre regioni: un libro, tanti luoghi!

    Sintesi breve ma efficace di quanto accaduto negli ultimi 70 anni, ricco anche di riferimenti e rimandi ad articoli di quotidiani.

    Quali le cause? Qualcuno ha individuato nel soggiorno obbligato nelle città del Nord, cui furono condannati alcuni boss negli anni ’60, la causa del “contagio”, ma gli autori pensano che questo modo di inquadrare il problema, buoni da un lato e cattivi dall’ altro, non regga, le vere cause sono altre. Complicità e collusioni con economia e politica, un rapporto che presuppone reciprocità di interessi, questi i veri motivi. In pratica, al Nord le mafie non sono arrivate con le armi in pugno, come ammette anche la coordinatrice della DDA di Milano Alessandra Dolci, le mafie al Nord sono state accolte a braccia aperte.

    Mi fermo, ma ci sarebbe tanto da dire. Libro da leggere!

    Mariangela

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  12. Avatar Mariangela
    Mariangela

    @tutti

    Sempre sulle mafie al Nord (quindi non solo a Milano), molto interessante anche questo:

    ∆ Enzo Ciconte, “Dall’omertà ai social : come cambia la comunicazione della mafia”‘ Santa Caterina, 2017, 180 p.

    Prima di qualsiasi altra considerazione mi sento di dire come lettrice che è un piacere imbattersi in una scrittura limpida, accessibile ed efficace: per me è il primo requisito di un buon saggio, di qualsiasi cosa si legga. Lo dico perché è la prima volta che leggo qualcosa di Enzo Ciconte.

    Il volume raccoglie interventi diversi sul tema della criminalità organizzata: articoli su quotidiani, trascrizioni di conferenze, contributi su riviste. Trovo particolarmente esemplificativo questo pezzo:

    ∆ “Antichi riti, nuovi affari, nuovi linguaggi “, pp. 162/166, originariamente pubblicato su Limes, XXI (2013), 10, pp.35/42

    Tra i tanti concetti che l’ autore riesce a spiegare in meno di dieci pagine, uno mi ha colpita più degli altri. Molti giudici lamentano la difficoltà di applicare l’ art. 416 bis al Nord. Secondo loro è difficile provare “la forza intimidatoria del vincolo associativo”, requisito richiesto dalla legge perché si concretizzi il reato di associazione mafiosa. In realtà, spiega l’autore, nonostante l’apparenza di una società tranquilla, anche nelle regioni settentrionali la paura attanaglia i denunzianti, come dimostrano le numerose ritrattazioni in sede di dibattimento. Sono in aumento, spiega Ciconte in questo articolo del 2013, i soggetti che non denunciano o che, avendolo fatto, non confermano quanto denunciato davanti al giudice. Paura ed omertà, quindi, non appartengono solo ai luoghi ove la ndrangheta è nata.

    Mariangela

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  13. Avatar Mariangela
    Mariangela

    Facendo una ricerca su Mlol digitando “Enzo Ciconte” (cavallo vincente non si cambia!), ho trovato questo documento:

    ∆ Enzo Ciconte, Roberto Montà, “La legge Rognoni-La Torre tra storia e attualità”, Rubbettino Editore, 12/09/2022

    Molto istruttivo per capire la genesi, più di quaranta anni fa, della L 646/ 1982 che all’ art. 416 bis ha introdotto nel nostro ordinamento il reato di associazione mafiosa. E non solo, la nuova normativa creava gli strumenti per contrastare le mafie sul piano patrimoniale con confisca e sequestro dei beni illecitamente accumulati.

    Leggo che è il primo titolo di ApProfondimenti, una collana voluta da Avviso Pubblico, “un ente nato nel 1996 parallelo a Libera, con l’intento di collegare e organizzare gli amministratori pubblici impegnati a monitorare il fenomeno delle intimidazioni e a promuovere la cultura della legalità.” (La Stampa, 1/3/2017).

    Pesanti le sottovalutazioni in ambiente politico, Pio La Torre non vide la legge entrare in vigore: nella primavera del 1982 fu ammazzato dalla mafia e all’inizio di settembre sarebbe stato ucciso anche Carlo Alberto Dalla Chiesa. Subito dopo la legge fu approvata.

    Mariangela

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  14. Avatar Mariangela
    Mariangela

    @Tutti
    Per domenica 7 gennaio è stata annunciata una puntata di Report sul caso Moro, mi tornano quindi in mente le letture di storia recente della scorsa estate con tutto il loro strascico di interrogativi irrisolti (ne parlavo nell’altro articolo dei libri più belli del 2023). Tra gli altri, ricordo questo libro:

    ►”Il memoriale di Aldo Moro rinvenuto in Via Monte Nevoso a Milano”, a cura di Francesco M. Biscione, Coletti, 1993

    Ripensando in questi decenni alla vicenda del rapimento, il ricordo è sempre corso a Roma, non avevo mai considerato (forse lo ignoravo!) che a Milano, in Via Monte Nevoso, è stata scoperta una base BR nella quale venne ritrovato quello che è stato definito “il memoriale Moro”. Ed è per questo che uso questo articolo, non è una forzatura, è una presa di coscienza della propria disinformazione.

    Il libro non è certo recente, ma per capire la successione dei rinvenimenti è utilissimo. Nel settembre 1978, una perquisizione effettuata dai carabinieri di Dalla Chiesa consegna agli inquirenti un dattiloscritto BR di una cinquantina di pagine, si tratta probabilmente di una trascrizione di un manoscritto di Aldo Moro. Nel 1990, dopo che l’appartamento di Via Monte Nevoso è rimasto sigillato per 12 anni, un muratore trova un fascio di fotocopie che riproduce manoscritti di Moro. Si capisce subito che il ritrovamento del 1978 è, con alcune eccezioni, la parziale trascrizione dattilografica di quanto rinvenuto nel 1990, vale dire delle fotocopie dei manoscritti del presidente della DC. Alcune lettere erano già note, ma la maggior parte del materiale risulta inedito.

    Il libro affronta poi il non facile compito di farci comprendere i contenuti nel memoriale: 40 sono in tutto i brani di Moro e diversi gli argomenti trattati (a titolo di esempio: “La riforma dei servizi segreti”, “Piazza Fontana e ruolo della DC nella strategia della tensione”, “Centrosinistra e golpe De Lorenzo”). Anche l’analisi filologica è rigorosa: per come sono addensate le ultime righe dei fogli, si deduce che Moro dovesse scrivere, probabilmente seduto sul suo letto, su un appoggio di dimensioni inferiore al block notes.

    Francesco Biscione, spiegandoci che sicuramente Moro rispondeva ad un questionario stilato dalle BR, ci consegna situazioni che riportano ai famigerati 55 giorni di prigionia, e questo, per il lettore sensibile, ricordando anche cosa ci veniva raccontato da stampa e televisione in quelle settimane terribili, non può non essere motivo di grande amarezza.

    Tanti i punti oscuri (anche per limiti personali), ma ovviamente la prima domanda, banale e scontata, è questa: come mai ci sono voluti 12 anni perché saltasse fuori tutto? Che i carabinieri di Dalla Chiesa siano stati tanto approssimativi da non scandagliare ogni anfratto di quella che era stata la base BR? Nel libro sono abbozzate alcune ipotesi e sono curiosa di sentire cosa dice Report.

    Mariangela

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  15. Avatar Franco Loi, la Milano di Stròlegh e Teater – GRUPPO DI LETTURA

    […] Loi (1930-1921): Stròlegh. Teater.  Andrebbero inseriti nella serie di cui parliamo in “Libri e luoghi” (che deve moltissime delle sue segnalazioni a Mariangela: le trovate nei commenti a […]

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  16. Avatar Mariangela
    Mariangela

    Finito un classicone della letteratura milanese (per chi non lo sapesse, la stretta Bagnera esiste ancora, è una via molto stretta che percorrerete non senza inquietudine quando avrete letto questo libro):

    Giovanni Luzzi, “Il giallo della stretta Bagnera

    Qualcuno lo definisce una cronaca, ma a mio parere cronaca non è. Non so se in un giallo il narratore possa essere bugiardo, io penso possa al più essere evasivo, però non è questo il punto perché Luzzi nel corso del suo racconto di bugie ne racconta molte, penso fosse nelle sue intenzioni essere depistante.

    La trama, celeberrima, che io comunque non anticipo, lui non ce la rappresenta come in una cronaca o in un resoconto fedele, lui vorrebbe portarci fuori strada e svelare poi tutto nella seconda parte del libro quando affronta, questa sì, la cronaca del processo. Il problema è però questo: la vicenda è nota e le recensioni, la stessa quarta di copertina svelano tutto, in pratica: un libro che soffre della sua stessa fama!

    Penso che la mia lettura sarebbe stata molto diversa, forse meno pesante, se avessi affrontato il libro senza averne mai sentito parlare. Il quadro storico sulla Milano della seconda metà dell’800 è comunque molto interessante.

    Mari

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  17. Avatar Mariangela
    Mariangela

    @Tutti

    Letto “Café royal” di Marco Balzano: niente male, ma non forte come “L’ultimo arrivato” , che rimane per me migliore anche di “Io resto qui”, sempre di Balzano. Tutte letture, in ogni caso, che stanno bene in un articolo che parla di luoghi: Via Marghera a Milano nel primo libro; Roserio, sempre a Milano, come punto di approdo per il ragazzo meridionale appena arrivato da solo, o quasi, nella grande metropoli, nel secondo romanzo; Curon in Alto Adige, nel terzo.

    Café royal” è un insieme di raccontini che, con la tecnica del mosaico, va a formare una sorta di romanzo. Relazioni di coppia stanche, madri sull’orlo di crisi di nervi, un prete demotivato. Si svolgono durante il lock down, ma la solitudine che emerge da sotto la  patina  di agio e comodità è qualcosa di profondo e radicato, non dipende solo dal momento contingente. Secondo me. Sembrerebbero storie lievi, invece il dolore si percepisce palpabilmente.

    Bravo, comunque, leggero altro di Balzano.

    Ciao

    Mari

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  18. Avatar Mariangela
    Mariangela

    Condizionata dai commenti di mia mamma, che in giro per la città con noi bambine non mostrava di apprezzare le novità artistiche, ho sempre faticato a prendere confidenza con la nuova arte pubblica, però la guida di questo libro è stata utile:

    Arte pubblica : Milano / Angela Maderna, Michele RobecchiPubblicazione: Milano : Sartoria editoriale, 2022, 174

    Non ho ancora terminato di vederle tutte, le opere elencate in questo libretto, nel volume sono assemblate per Municipio e presentate da un disegno e da una breve spiegazione; ammetto che con la giusta disposizione di spirito, abbandonando preconcetti e preclusioni, anche certe creazioni un po’, diciamo strane, possono essere apprezzate. Il nodo di piazzale Cadorna, le istallazioni a City Life, il signore di bronzo seduto su una panchina non lontano da Carlo Porta in via Larga … chissà, magari riuscirà a piacermi anche il monumento a Pertini in Via Croce Rossa!

    Ciao, Mari

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  19. Avatar Mariangela
    Mariangela

    @Tutti

    Un libro che si apre con una cartina dell’Ospedale Maggiore di Milano promette ai milanesi di parlare perlomeno di due luoghi. Sì, perché “il Niguarda”, questa la denominazione più nota, è una città nella città. Diversi i padiglioni, innumerevoli le stanze e non mancano i sotterranei:

    ► Daniele Pascucci, Riccardo Degregorio, Alessandro Schiavoni, Carlo Celentano, ”Malati di libertà: storia delle evasioni dei prigionieri antifascisti dall’ospedale milanese di Niguarda (1943-1945)”, Mimesis, 2024, 348 p.

    Milano, tempo di occupazione. Un bombardamento distrugge l’infermeria del carcere di San Vittore e i tedeschi decidono di trasferire al Reparto Ponti del Niguarda i detenuti politici feriti o ammalati. Grave errore, e non solo per i motivi logistici accennati: il quartiere Niguarda, e qui entra in scena il terzo luogo del libro, si connota per il suo antifascismo. Grazie all’aiuto della rete clandestina esterna, si crea un gruppo all’interno dell’ospedale che organizza, non sempre con successo, la fuga dei prigionieri antifascisti. È un’attività pericolosissima che vede coinvolti diversi soggetti: qualche medico, ma soprattutto molte infermiere e suore. Se vogliamo un esempio del ruolo attivo svolto dalle donne nella Resistenza, lo scrive anche Roberto Cenati nella prefazione, questo  è il libro giusto.

    Il libro è il frutto di un lavoro di studio durato tre anni, ma non solo. Le persone generose, disinteressatamente generose, sono poche, ma qualcuna ce n’è. È il caso di Nicola Valenziano: nel suo testamento ha lasciato soldi a 26 associazioni tra cui l’ANPI, anzi, la Sezione Anpi di Niguarda.  Quanto fino a ieri veniva trasmesso solo oralmente – perché le gesta di queste suore ed infermiere erano già conosciute – è oggi raccontato in questo libro a cura dell’ANPI.

    Io lo sto ancora leggendo, ma penso sia un libro importante,  per conoscere il  quartiere Niguarda e per la storia di Milano.

    Mariangela

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  20. Avatar Mariangela
    Mariangela

    ∆ “Parco agricolo Sud Milano: fotografie“, di Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Prometheus, 1999, 125 p.

    Lo avevo già scritto, che se sì parla di campagna lombarda, a me viene in mente Cardarelli, poeta di Tarquinia.

    Cascine, prati, castelli, abbazie. Ma, proprio in apertura, trovo il quartiere Gratosoglio ripreso dalla tangenziale …

    Mariangela 

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    Mariangela

    Non lontano dalla fermata della metropolitana “Conciliazione”, al civico 23 di via Mascheroni, una targa attira la nostra attenzione: ci informa che in quella casa è vissuta Antonia Pozzi. Come avvicinarsi ad una poetessa se con la poesia non si ha confidenza? Questa la nostra strategia di lettura: decidiamo di iniziare dalle sue lettere, scegliendo un’edizione curata da studiose che, da sempre, si occupano di questa scrittrice: Antonia Pozzi, “Ti scrivo dal mio vecchio tavolo. Lettere 1919-1938” a cura di Graziella Bernabò e Onorina Dino, Ancora, 2014.

    Poche pagine di una lettera del 1926 e subito ci domandiamo se quanto stiamo leggendo possa essere stato scritto da una ragazzina di quattordici anni (Antonia è nata nel 1912). A stupirci non è la pur notevole capacità di scrittura, ma soprattutto lo spirito di osservazione, la profondità d’analisi e la precocità di certe sensazioni. Per quanto sintatticamente ben articolata e corretta, la scrittura presenta qua e là qualche milanesismo (“pucciarsi”, “caragnare”, ”barellare”) che ce la fanno sentire vicina. Che Antonia sia di casa lo capiamo anche da alcuni fatti di cronaca milanese, anzi dell’Ovest milanese, che lei ricorda nella sua corrispondenza. In una lettera alla nonna, si informa sul suo viaggio sul Gamba de Legn, il trenino che collegava corso Vercelli con Magenta e Castano Primo. In una cartolina del 1927, apprendiamo dell’avvenuto funerale di Anna De Angeli, moglie di Giuseppe Frua, fondatore col cognato della famosa industria tessile. Il 20 aprile del 1928, si dice dispiaciuta per i fatti di piazza Giulio Cesare: l’attentato al re Vittorio Emanuele III, a Milano per l’inaugurazione della Fiera Campionaria, ha causato alcuni morti proprio nelle vicinanze della sua abitazione. In queste lettere l’attenzione per la natura è una costante: si tratti del mare Mediterraneo o della campagna inglese, Antonia non tralascia mai di comunicare ai suoi destinatari il proprio coinvolgimento emotivo. Forte anche il rapporto con la montagna, “palestra insuperabile per l’anima e per il corpo”.

    Antonia pratica diversi sport, frequenta la Scala, viaggia molto. Si potrebbe pensare di essere al cospetto dell’esistenza agiata di una ragazza colta e privilegiata. Ma già in una lettera alla cara nonna dell’agosto del 1928 troviamo un’increspatura, Antonia riferisce di un “dispiacerone” che le è capitato nelle ultime settimane, un dispiacere per cui, scrive in confidenza alla nonna, ha pianto tanto. Ha appreso dai giornali che il suo professore di latino e greco Cervi ha ottenuto il trasferimento a Roma. Capiamo subito che non c’è solo il rammarico di avere perso un insegnante preparato e disponibile; il sentimento della studentessa, perché l’amore per lo studio fa la sua parte, è un misto di ammirazione personale, rispetto, deferenza e attrazione fisica. Con Cervi Antonia avrà una relazione tra il gennaio del 1930 e l’inizio del 1933, il rapporto viene però violentemente ostacolato dal padre che si spinge a sfidare Cervi a duello. Per Antonia è un duro colpo. Da questo momento in poi, le lettere ai genitori continuano ad essere svagate, leggere ed affettuose, quelle agli amici più intimi e allo stesso Cervi, assumono un altro registro, vi traspaiono un dolore incredulo e una sensibilità esasperata.

    Nella corrispondenza del periodo universitario (Antonia frequenta i corsi del professor Banfi) appaiono altri amici, altre illusioni amorose. I nomi ci rivelano amicizie con persone che poi segneranno la nostra cultura, pensiamo a Gianni Manzi, Enzo Paci, Alberto Mondadori, e Dino Formaggio. Fraterno il rapporto con Vittorio Sereni, è a lui che confida, nel 1935, di avere oramai compreso che Remo Cantoni (anche lui del gruppo di Banfi) potrà essere per lei un buon amico, ma non l’amore che lei aveva sperato.

    Le vie della lettura si confermano imperscrutabili, leggere la corrispondenza di Antonia Pozzi sembrava quasi una seconda scelta, invece questo materiale autobiografico, per quanto manomesso dal padre, si rivela una lettura autonoma e commovente. Si intende che noi abbiamo comunicato solo impressioni personali. Per un’analisi a più voci dell’opera di Antonia Pozzi, rimandiamo a questo volumetto: “L’età delle parole è finita per sempre? Una Kermesse dedicata ad Antonia Pozzi”, a cura di G.Criveller (Fara Editore, 2022). Sono gli atti di una tre giorni di studio che si è svolta a Pasturo, sì, Pasturo, il suo “dolce, brutto paese” in provincia di Lecco, luogo dell’anima per la poetessa.

     “Deve essere qualcosa di nascosto nella mia natura, un male dei nervi che mi toglie ogni forza di resistenza e mi impedisce di vedere equilibrate le cose della vita …”. È l’ultima lettera indirizzata ai genitori (anche al padre, che Antonia aveva continuato ad amare e a temere). Ma non è giusto giudicare dalla fine (ammesso di averne licenza), neppure, per dirla alla Proust, sarebbe corretto giudicare l’opera con la vita. Quanto a noi, di Antonia Pozzi leggeremo al più presto anche le poesie.

    Mariangela

    “Via Mascheroni, luogo della memoria di Antonia Pozzi, pubblicato su il diciotto, mensile di informazione e cultura Milano zona Ovest, Ottobre 2024, p.19

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  22. Avatar mariangela
    mariangela

    @Tutti

    Un luogo, quattro libri. Li ho letti qualche mese fa, ma devo scriverlo anche qui, su questo articolo.

    Adesso la chiamano Certosa di Milano, io penso che i milanesi che la conoscono siano affezionati alla vecchia denominazione di Certosa di Garegnano (e sono in pochi i milanesi che la conoscono rispetto al suo valore artistico!).

    Per una ricognizione storica e per orientarsi in quello che rimane del complesso monastico utilizzando le utili piantine numerate:

    ► “La Certosa di Milano o di Garegnano”, a cura di M.Colli, R.Gariboldi, Parrocchia Santa Maria Assunta in Certosa, 2022).

    Per soffermarsi davanti agli altari e apprezzarne i particolari e i simbolismi:

    ► “Scagliole e scagliolisti alla Certosa di Garegnano: restauri e nuovi contributi storico-artistici”, Cooperativa G.Donati, 1991

    Per un approfondimento artistico. È il testo edito dopo i restauri effettuati per il Giubileo del 2000:

    ► “La Certosa di Garegnano in Milano”, a cura di Carlo Capponi, Credito Artigiano, 2003, Bandera, p.207

    Per ricostruire un quarantennio di storia della parrocchia e, in parte, anche  del quartiere:

    ► “Il futuro è dei credenti perché la fede non lascia confusi: quarantadue anni di storia cappuccina in Certosa”, Parrocchia Santa Maria Assunta in Certosa, 2002

    Mi sono piaciuti tutti, per motivi diversi sono tutti molto significativi per chi ami Milano (e on solo!)

    Mariangela

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  23. Avatar Mariangela
    Mariangela

    @Tutti

    Ancora una volta, la storia di un’istituzione assistenziale ospedaliera permette di conoscere in parte anche la storia della località ospitante. Parlo della Sacra Famiglia e di Cesano Boscone, comune a ridosso di Milano:

    ► Enrico Palumbo “Super omnia chiarita. Storia dell’Istituto Sacra Famiglia dal 1896 a oggi” (Ancora, 2016)

    Bello leggere questi libri qui perché si scoprono condizioni di vita contadina miserrime, situazioni di povertà che, se ci si fermasse ai ricordi scolastici, ascriveremmo esclusivamente alla Sicilia di Verga o alla Fontamara di Silone. Invece no, anche la candida Lombardia conosceva la fame.

    È un po’ storia religiosa, un po’ storia sociale, in generale, ripercorre centovent’anni di storia italiana. Molto documentato, secondo me, e ben scritto!

    Ciao,

    Mariangela

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    Mariangela

    Non sono esperta di musica, tanto meno di musica classica. Nel nome di Antonino Votto mi sono imbattuta girando per Milano, dalle parti di Porta Vercellina: al numero civico 15 di via Caravaggio ho visto la targa che lo ricorda affissa a quella che è stata la sua abitazione. Come milanese sono contenta di avere letto un libro che parla di questo musicista che è stato attivo presso istituzioni importantissime: la Scala e il Conservatorio:

    ► Antonino Votto il direttore d’orchestra, il didatta. Atti del Convegno internazionale di studi, Milano, Conservatorio di musica Giuseppe Verdi, 5 giugno 2019’, a cura di Gabriele Manca e Claudio Toscani, ETS, 2021

    Fu allievo di Toscanini e forse il prestigio del maestro lo ha lasciato un po’ in ombra. Dal libro emerge bene la sua perizia pianistica e il suo altruismo: tra i suo compiti di maestro sostituto rientrava quello di preparare i cantanti accompagnandoli al pianoforte: nel libro troverete testimonianze commosse di chi lo ha conosciuto in questo ruolo. Il suo lavoro si svolgeva nell’ombra, ma ha contribuito a tanti successi scaligeri.

    Non mi dilungo, leggete il libro!

    Mariangela

    PS peccato che questo libro sia assente dal catalogo del Sistema Bibliotecario di Milano

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    Mariangela

    Volevo capire cosa conservasse il CASVA, qui a Milano, solitamente definito “l’archivio degli archivi” perché conserva gli archivi di diversi architetti e designer molto famosi. Quindi mi sono procurata questo libro:

    Cose d’archivio: i modelli di architettura e design presso il CASVA”, a cura di Maria Teresa Feraboli, Comune di Milano, CASVA, 2015

    Per la verità, i fondi del CASVA conservano molto altro oltre ai modelli, per esempio stampe, diapositive, disegni, corrispondenza, grafici, in pratica tutto quello che è servito al professionista (architetto o designer che sia) per progettare la sua opera. Però i modelli mi attirano in particolar modo. Leggo che in molti casi sono stati sostituiti dalla moderna tecnologia, quindi sono anche, in un certo senso, reperti storici.

    Non è un libro per soli specialisti, questa è la cosa che mi sta a cuore riferire.

    Mariangela

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  26. Avatar Mariangela
    Mariangela

    Questo libro l’avevo letto qualche tempo fa e ricordo che mi era molto piaciuto:

    ► “Milano e le sue montagne: centotrent’anni di alpinismo, arte, lavoro, letteratura e scienza”, a cura di Lorenzo Revojera e altri, Club Alpino Italiano – sezione di Milano, 2002

    Non solo per milanesi, interessante per tutti.

    Mariangela

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  27. Avatar Mariangela
    Mariangela

    @Tutti

    La Bulgaria del 1940 non doveva essere una meta di viaggio consigliabile, tanto meno per una ragazza ebrea. Tanti hanno cercato di dissuadere Susanna Pardo, nata a Salonicco ma milanese da pochi mesi dopo la nascita. Però lei è risoluta, decide di seguire il marito che a Bitolj (oggi Macedonia) ha avviato una fabbrica di tessuti.

    Se possiamo parlare di questa residente di Porta Vercellina quasi come se la conoscessimo è grazie a questo libro:

    ► Carlotta Morgana, “Da corso Vercelli a Treblinka”, Giuntina, 2023

    Il suo lavoro nasce da un viaggio a Treblinka e dall’incontro con Debbie Kafka, nipote di Susanna Pardo.

    Susanna Pardo vive al numero 1 di corso Vercelli con la sua famiglia costituita quasi interamente da donne. Il padre, ebreo di origine greca, ha avuto sette figlie, quattro dalla prima moglie e tre dalla seconda e gestisce un negozio di tessuti in via Buonarroti. Susanna ha conseguito il diploma di segretaria d’azienda all’Istituto Moreschi di corso San Michele del Carso e lavora presso la ditta di tessuti impermeabili Paolo Baer di piazzale Aquileia. D’un tratto, inaspettate e terribili, le leggi razziali del 1938. Abbiamo già visto le conseguenze di questi provvedimenti sulla vita di Giorgio Latis, un altro studente del Moreschi (il diciotto, Ottobre 2023, Quaini, p.18). Le leggi antiebraiche non tardano ad esplicare i propri effetti anche nell’esistenza di Susanna. Già a novembre, dal datore di lavoro riceve due lettere: la prima conferma il licenziamento comunicato di persona, la seconda anticipa la liquidazione delle spettanze retributive ancora dovute. Susanna è stata espulsa dal proprio luogo di lavoro proprio come Giorgio Latis era stato espulso dalla sua scuola.

    La giovane Pardo si ritrova quindi nei Balcani, “nella tana del lupo”, come le aveva preconizzato il rabbino Gustavo Castelbolognesi nel tentativo di convincerla a rimanere a Milano. Ma dalle sue lettere non traspare preoccupazione, racconta soprattutto della figlioletta, si astiene dal raccontare ai parenti di corso Vercelli le limitazioni imposte dalla guerra e le umiliazioni derivanti dalla stretta antiebraica.

    La ricostruzione storica dell’autrice è breve ma molto efficace e si sposta con destrezza e senza appesantimenti dallo scenario balcanico a Milano. Già nel 1941 in Bulgaria sono in vigore leggi che limitano i diritti degli ebrei, ma è nel 1942 che si decide la loro deportazione. Alle titubanze del governo bulgaro, Himmler risponde inviando Theodor Dannecker, l’ufficiale tedesco che si era appena occupato della deportazione degli ebrei in Francia. Per quello che riguarda il territorio della Vecchia Bulgaria (Bulgaria storica), si oppongono all’operazione nazista Dimitar Pesev e altri parlamentari, il metropolita di Bulgaria Stefan e il Patriarca Konstantin Kiril. Ricordiamo che in occasione della Giornata dei Giusti del 2022, proprio il Patriarca Konstantin Kiril è stato onorato come “giusto segnalato dalla società civile” durante una cerimonia a cura dell’Associazione Giardino dei Giusti, che assieme a GARIWO e al Comune di Milano gestisce l’omonimo giardino sulla Montagnetta del QT8. Potete leggere la biografia del presule sul sito di GARIWO (https//it.gariwo.net.giusti). L’eroismo di quelle persone salva gli ebrei di Sofia: viene cambiato il decreto, la prevista deportazione viene convertita in espulsione. Più di 20,000 persone lasciarono Sofia. Ma nulla può per difendere gli ebrei di Macedonia e di Tracia, da dove ne vengono deportati, rispettivamente, 7122 e 4221. Susanna Pardo, sua figlia e suo marito Davico sono deportati l’11 marzo 1943.

    Il libro di Morgana commuove e insegna. Ci dà tante informazioni anche sulla Milano del tempo. Coinvolgente anche la vicenda degli altri membri della famiglia, anche loro, costretti alla fuga. Ma soprattutto strappa alla dimenticanza la vita di Susanna Pardo, milanese di corso Vercelli e unica italiana gasata a Treblinka.

    Da corso Vercelli a Treblinka, in un libro la storia di una giovane milanese, Mariangela Quaini, pubblicato su il diciotto, mensile di informazione e cultura Milano zona Ovest, 2025, febbraio, p. 16.

    Mariangela

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  28. Avatar Mariangela
    Mariangela

    Per scoprire i luoghi della follia a Milano nel corso dei secoli e per approfondire un aspetto della storia della medicina:

    ► A.De Bernardi, ‘Follia psichiatria e società”, Angeli Editore, 1982

    L’ospedale di San Vincenzo in Prato, la Senavra (ora chiesa del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo in Corso XXII Marzo) poi Mombello. Tutti luoghi che fanno parte della storia di Milano e dei suoi abitanti.

    Ma chi finiva in questi reclusori? Ce lo spiegano gli autori di questo libro che consta di diversi saggi, chiari e approfonditi. Alla Senavra, chiusa nel 1878, abbondavano i pellagrosi, mentre la villa di Mombello, negli ultimi decenni dell’800, accoglieva per lo più persone affette da alcolismo. La pellagra, come oggi sappiamo, era causata dalla cattiva alimentazione a cui erano costretti i contadini; la tossicomania alcolica era strettamente connessa alle terribili condizioni delle classi subarterne nelle città. Non è uno di quei libri che si limitano a indicare luoghi o a enumerare avvenimenti: qui c’è un ragionamento, un dipanarsi del discorso, una spiegazione.

    Non so voi, ma io ogni tanto ho l’impressione che per trovare libri di storia così solidi ci si debba rivolgere alle pubblicazioni di qualche decennio fa.

    Mariangela

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