Libri e luoghi

A questo blog piacciono molto i libri di W.G. Sebald e siamo sempre, anche se non lo ammettiamo, alla ricerca di quel tipo di scrittura. (Questo è un articolo in aggiornamento; via via che li incontriamo si citano libri dedicati, in un modo che ci piace, ai luoghi).

28 settembre 2022

Oggi un libro su Londra. In particolare sull’evoluzione fra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta che trasformò la città, rinnovandone, anche ideologicamente, il mito. Il libro è: John Davis, Waterloo Sunrise: London from the Sixties to Thatcher, Princeton, 2022. Ne scrive Florence Sutcliffe-Braithwaite sulla London Review of Books, Chelseafication (c’è un paywall ma un articolo al mese si legge gratis). Dice Sutcliffe-Braithwaite: «As John Davis points out, the idea that London started to ‘swing’ in the 1960s was largely the concoction of journalists in need of a story, most of them American. But in Soho and on the King’s Road in Chelsea, ideas were taking shape that would eventually change what people all over the country wore, what they listened to and what their houses looked like».

26 settembre 2022

Più che un libro su un luogo è un libro su un viaggio e la storia di un altro viaggio. Si tratta del lavoro di Tim Parks, Il cammino dell’eroe. A piedi con Garibaldi da Roma a Ravenna, Rizzoli, 2022. Lo scrittore inglese, insieme a sua moglie Eleonora, nell’estate del 2019 ha percorso a piedi il tragitto di Giuseppe Garibaldi, con Anita e altre 4800 persone, nel 1849 dopo la caduta della Repubblica Romana. Braccati da spagnoli e napoletani a sud, dai francesi attorno a Roma e dagli austriaci a nord, riuscirono a fuggire fino a San Marino, dove si separarono. Garibaldi e Anita, accompagnati da duecento seguaci, arrivarono fino a Cesenatico. Da lì volevano andare a Venezia, dove ancora resisteva la Repubblica. Vennero però intercettati dalle navi austriache vicino a Comacchio dove presero terra in ordine sparso. La maggior parte venne imprigionata, molti fucilati. Garibaldi perse Anita incinta e ammalata e da Ravenna riuscì a fuggire. Ebbene: Parks, segue le tracce di questa fuga, ma racconta anche il presente dei luoghi, avvicinati e raggiunti, passo dopo passo.

21 settembre 2022

Dopo alcuni mesi un aggiornamento: propongo: Palermo. Un’autobiografia nella luce di Ramak Fazel e Giorgio Vasta, Humboldt Books. Scrive su Doppiozero Carola Allemandi:
“l’elegantissimo, potente esempio di quanto gli occhi e la parola possano trovarsi abbagliati, disorientati nel complesso di un’urbanità che non lascia scampo, di un’umanità che senz’altro è lì, sempre apparentemente uguale a se stessa, da millenni.”
Un libro di immagini e parole.
Dice la scheda dell’editore:
“In questo vortice di immagini Fazel inventa con il suo sguardo una Palermo sospesa, una città fatta di penombra dove, nel bel mezzo di una sterpaglia, è possibile imbattersi in un dinosauro. Ritratto di Palermo in soggettiva selvaggia, resa dei conti con il passato, nella rara bellezza della lingua esatta di Vasta si compone un’autobiografia paradossale, sulle tracce di un’archeologia di memorie e visioni: la fuga si dissolve in un’immagine nitidissima, irreale e struggente, in cui possiamo riconoscere la forma di ciò che per ciascuno di noi ha nome mancanza”.

20 aprile 2022

Inevitabile per me aggiungere anche qui il folgorante piccolo libro di Daniel Mendelsohn, Tre anelli. Una storia di esilio, narrazione e destino, Einaudi, 2022. È un libro su come si racconta (e si legge), ma c’entrano tanto, forse soprattutto, i luoghi: Istanbul, Cipro, l’Ucraina e la Polonia, la Grecia di Omero, l’Inghilterra meridionale percorsa da W.G. Sebald. Un libro che è anche una dialettica fra l’esser costretti in casa da una sorta di depressione e proiettarsi nel mondo.
Già che ci siamo ci metto anche la riscoperta di Vincenzo Consolo e della sua Sicilia (Cefalù, Alcara Li Fusi fra gli altri) dentro Il sorriso dell’ignoto marinaio Einaudi e Mondadori). Su Consolo e la Sicilia merita attenzione: Ada Bellanova, Un eccezionale Baedeker. La rappresentazione degli spazi nell’opera di Vincenzo Consolo, Mimesis/Punti di vista, Milano-Udine 2021: trovate una sintesi dei temi qui.

25 marzo 2022

Da un bel po’ non si aggiorna questo post. Oggi vi propongo questo libro di Paolo Inghilleri,
I luoghi che curano, Cortina,
2021.
Così la quarta:
“Un malessere diffuso sembra oggi essere presente: insoddisfazione, insicurezza, timore per il futuro che possono diventare ansia, depressione, apatia. Il libro descrive le cause psicosociali di questo stare male: dalla troppa possibilità di scelta al doversi confrontare con altre culture, dalla crisi economica al destino incerto del pianeta. Ma ognuno di noi possiede, biologicamente e come specie, fattori protettivi: la capacità, attraverso l’empatia, di comprendere l’altro e di collaborare, la predisposizione alla resilienza, la tendenza innata a raggiungere stati esperienziali positivi. Partendo da queste premesse, l’autore affronta il tema della cura, non in generale ma rispetto agli effetti terapeutici dei luoghi, degli oggetti e della natura e illustra come devono essere i paesaggi, le città o le costruzioni architettoniche che possono “curare” e farci star bene. Lo fa percorrendo casi reali, dagli slums di Mumbai alle opere di grandi architetti come Aravena, Boeri e Piano, dall’uso dei beni comuni a quello della propria casa. Una parte importante è dedicata agli effetti benefici della natura sulla psiche e sul comportamento e a come tutto questo si interseca con il futuro ambientale del pianeta e con ciò che ci ha insegnato la pandemia del coronavirus.”

18 novembre 2021

In un mercato, prevalentemente di alimentari, ho trovato un paio di bancarelle con dei libri. Una aveva in bella mostra una recente ristampa dello splendido Le voci di Marrakech di Elias Canetti (Adelphi). Penso sia necessario aggiungerlo a questa lista. Prima di tutto perché qui Canetti ci offre una prova molto bella di scrittura istantanea dettata dal soggiorno in una città; poi perché la Marrakech degli anni ’50 del secolo scorso aveva un fascino umano e letterario davvero notevole.

14 novembre 2021

Oggi qualche libro su Milano:
– Gaia Manzini, A Milano con Luciano Bianciardi. Alla scoperta della città romantica, Giulio Perrone Editore, 2021.
– (A cura di Gianni Biondillo), Miracolo a Milano. Un omaggio a un film e a una città, EuroMilano, 2021.
–Jacopo Lareno Faccini, Alice Ranzini, L’ultima Milano. Cronache dai margini di una città, Fondazione Feltrinelli, 2021. Questo libro si occupa di casa, gentrification, rigenerazione urbana, affitti, rendita, poveri e ricchi.
–Matteo Pericoli, Ecco Milano, Rizzoli Lizard, 2021.

29 ottobre 2021

Oggi una breve segnalazione per un saggio: Alessandro Bosco, Milano, il grattacielo e la metropoli. Riletture moderniste dello spazio urbano tra architettura, cinema e letteratura (1956-1963) (Franco Cesati Editore). Così lo presenta l’editore:
«Forse nessun altro oggetto architettonico possiede la carica mitico-simbolica del grattacielo, il quale funge qui da cartina al tornasole per mettere in evidenza il complesso ventaglio di concezioni del moderno che si intersecano nella Milano del boom a cavallo tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta». 

27 ottobre 2021

Ancora un titolo Iperborea in uscita: Cees Nooteboom, Venezia. Il Leone la città e l’acqua, 2021.

Questa la quarta di copertina:

Un vagabondaggio letterario, storico e filosofico dedicato a Venezia. Un sogno di palazzi e chiese, di potere e denaro, dominio e declino, un paradiso di bellezza.

«Questa è sempre stata una città per forestieri. Il gioco consiste nel far durare un secondo di più l’incertezza, nell’essere veneziano per un microsecondo, prima che abbia luogo l’inevitabile smascheramento. Loro da un lato vivono di noi, dall’altro si sentono minacciati dalla nostra massa e la sera abbandonano la città come una nave che affonda. Ma come fai a spiegargli che non fai parte della massa?» Dopo oltre cinquant’anni di periodici soggiorni a Venezia, Cees Nooteboom offre alla sua città del cuore il proprio tributo di narratore che ha fatto del viaggio una forma di vita. Animato dalla sua inestinguibile curiosità, lo vediamo aprirsi all’imprevisto ogni volta che imbocca una calle, smarrirsi tra gli strati di passato in un luogo che nell’anacronismo ha la sua essenza e in cui i morti non sono mai completamente morti. Prendendo parte a «una conversazione che si protrae nei secoli», quella di Proust, Ruskin, Rilke, Byron, Pound, Goethe, McCarthy, Morand, Brodskij, Montaigne, Casanova, Goldoni, Da Ponte, James, Montale, si addentra nei paesaggi reali della città anfibia, tra mobilità dell’acqua e immobilità della pietra, e si insinua dentro scenari soltanto dipinti o immaginati, per vivere almeno qualcuna delle tante Venezie sognate dai grandi del passato. E quando è sopraffatto dalla sovrabbondanza di storia e di bellezza, cerca angoli più quotidiani, si fa invisibile in un bar, si mimetizza in un campiello e osserva come a teatro la vita veneziana che scorre, aggiungendo altre immagini, altre riflessioni, altre trasfigurazioni al suo particolarissimo ritratto della «città in cui i racconti non si esauriscono mai».

Spero di tornarci presto, Anche sul libro di Karl-Markus Gauss del quale abbiamo parlato qualche giorno fa.

Santo Stefano Belbo, foto: luiginter

Un’altra novità che, se pure di altro segno, ci interessa a proposito di luoghi e di città è la seguente:

Ezio Manzini, Abitare la prossimità. Idee per la città dei 15 minuti, Egea, 2021.

Manzini spiega che questa città “per esistere (e resistere) deve fondarsi su tre pilastri fondamentali: comunità, cura e innovazione digitale. Concetti diversi, talvolta lontani, ma che non possono prescindere gli uni dagli altri nel dare vita a un futuro davvero a misura d’uomo”.
Si parla da alcuni anni, e se n’è parlato parecchio negli ultimi mesi, di “città dei 15 minuti” per esprimere, con uno slogan, l’idea di centri abitati dove tutto quel che serve ai cittadini, compresi la cultura e l’intrattenimento, sia raggiungibile, appunto a 15 minuti di cammino o – ancora più rapidamente – in bicicletta.
È un’idea suggestiva che può aiutare a rendere le nostre città più sostenibili e a farne un ecosistema nel quale sia più facile e piacevole vivere.

Poi aggiungo un libro di qualche anno fa ma davvero imperdibile: Orhan Pamuk, Istambul, Einaudi. È insieme memoir e libro sui luoghi. Splendido.

Aggiornamento 18 ottobre 2021

In questi giorni esce il nuovo libro di Jan Brokken, L’anima delle città, Iperborea, 2021. Così lo presenta l’editore:

“La Parigi di Satie, la Amsterdam di Mahler, la Bologna di Morandi, la Cagliari di Eva Mameli Calvino e tante altre. Storie, ritratti d’artista, reportage, in una sentimentale flâneurie metropolitana”.

Aggiornamento 24 settembre 2021

Iosif Brodskij, Fuga da Bisanzio, Adelphi – (Su Leningrado) grazie a Renza del suggerimento.
Adam Zagajewski, Tradimento, Adelphi, (Su Leopoli) grazie ancora a Renza.

14 settembre 2021

Ci fa molto piacere e genera speranza e attesa quanto scrive Leonardo G. Luccone su “Robinson” del 4 settembre 2021 in un articolo dedicato a Nella foresta delle metropoli di Karl-Markus Gauss, Keller, un “diario di viaggio della memoria nella memoria dell’Europa, ‘un libro di divagazioni’ che accetta di prendere molte delle ‘traverse possibili’ in un’esplorazione di microcosmi legati da rapporti segreti. Spigoli di mondi che non troverete in nessuna guida turistica o su nessuna pagina del web. Per Gauss le persone sono le radici dei luoghi; i luoghi sono graffiti delle generazioni; le architetture asintoti del territorio: Gauss si sintonizza come nessuno sull”’ethos della resistenza’, sulle ragioni di chi sta al margine”.


Ebbene ci sono molti motivi per andare più a fondo con questo libro, anche per andare oltre Sebald. È quindi il primo di questa serie di segnalazioni di libri sui “luoghi”, giusto per trovare una definizione facile da ricordare.

  • Karl-Markus Gauss, Nella foresta delle metropoli, Keller.

Come ricorda Luccone, vale la pena ricordare anche altri titoli di Keller, in questo percorso nei luoghi, ordinati nella collana Razione K. Su questa collana vorrei tornare presto. 

La settimana successiva, comunque, sempre Robinson ci ha ricordato:

Saša Stanišić, Origini, Keller.

Scrive Melania Mazzucco di questi libro: “Con balcanica libertà narrativa, senza vincoli di genere, scompiglia i piani cronologici del racconto, rimescola i ricordi autobiografici di ragazzino orgoglioso di essere jugoslavo nella Visegrad multietnica degli anni ’80 con quelli, a volte immaginari, dei nonni, e in particolare di Kristina, l’altra vera protagonista. Rimasta indietro, sola, l’anziana nonna è sopravvissuta alla guerra civile: ma nel 2007 ha iniziato a perdere la memoria, sua e della famiglia, di cui è l’ultima depositaria”.

Qui e ora ricordo solo alcuni altri titoli che rientrano in questa linea a suo modo dedicata ai “luoghi” alla quale vorrei prestare un po’ di attenzione, magari per un nuovo gruppo di lettura (che ne pensate?) Ovviamente i titoli possibili sono centinaia. Vorrei ricavare una linea più scarna, in cui non ci siano troppi libri/autori. Poi vedremo anche di definirla.

Cominciamo con 

  • Guido Piovene, Viaggio in Italia, 1957, ora pubblicato da Bompiani.
  • Pier Paolo Pasolini, La lunga strada di sabbia, reportage del 1959 per la rivista “Successo”. Ora pubblicato da Guanda.

E poi:

  • Claudio Magris, Danubio
  • Claudio Magris, Microcosmi
  • Claudio Magris, L’infinito viaggiare (tutti da Garzanti)
  • Marcello Fois, In Sardegna non c’è il mare (Laterza)

Ma anche (un po’ a memoria): 

  • Jan Brokken, Anime baltiche, Iperborea
  • Stefan Hertmans, Guerra e trementina, Marsilio (Belgio)
  • Szilárd Borbély, I senza terra, Marsilio (Ungheria)
  • Teju Cole, Città aperta, Einaudi (ne avevamo parlato qui) (New York City)
  • William Least Heat-Moon, Strade Blu, Einaudi (Stati Uniti)
  • Robert Pirsig, Lo Zen e l’Arte della Manutenzione della Motocicletta, Adelphi (Stati Uniti)

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83 risposte a “Libri e luoghi”

  1. Avatar Camilla Pacher

    A Marian. Penso che pian piano ( ho tanti altri libri che voglio leggere) leggerò Telemaco, che tra l’altro è bellissimo! e volentieri ti manderò “””pezzi””””” speciali.ciao carissima, Cam

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  2. L’attualità di questi mesi fa sì che Kaliningrad, exclave russa incuneata tra Lituania e Polonia, sia qualcosa di più di una curiosità geopolitica, però, di leggere qualcosa su questa stranezza geografica era già in programma da tempo:

    ► Valentina Parisi, “Una mappa per Kaliningrad: la città bifronte”, prefazione di Francesco Cataluccio, Exorma, 2019, 256 p.

    Ultimo lembo d’Occidente o estrema propaggine d’Oriente, Kaliningrad ha conosciuto una storia particolare, travagliata, è uno di quei nomi che mi hanno sempre ricordano cartine geografiche e atlanti storici. Per toglierla dall’anonimato dei ricordi universitari, niente di meglio che seguire Valentina Parisi, attraversare una delle frontiere più sorvegliate d’Europa e approdare con lei nella patria di Kant.

    Il nonno dell’autrice è stato un IMI presso Stàlag durante la seconda guerra mondiale ed è questo l’antefatto da ricordare perché è il motore di tutto il viaggio. Alla fine, in mezzo a un bosco dopo una scarpinata di quasi due ore, proprio quando teme di avere sbagliato strada, trova tracce dei racconti del nonno, esili, sì, ma che danno senso alla sua avventura.

    Sembra di sentirlo quell’anziano signore: memore degli stenti della prigionia, durante i pranzi di Natale ripeteva ogni anno alla nipotina e ai parenti tutti: “non è sempre stato così!”.

    Mariangela

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  3. @tutti
    Volevano visitare le frontiere della vecchia Europa, ritenendo che fossero scomparse, inevitabilmente, autore e fotografo hanno incontrato i migranti; sbarramenti, filo spinato, posti di blocco, questa la realtà di alcuni odierni confini europei:

    ► Marco Truzzi, “Sui confini: Europa, un viaggio sulle frontiere”, fotografie di Ivano Di Maria , Exorma, 2017, 158 p.

    E in Bosnia, dove correva il confine in Bosnia durante la guerra civile? Questa la riflessione del viaggiatore al cospetto di tante stele con i nomi dei caduti:

    “Non c’è confine esatto, in questa desolazione. Il confine è dato casa per casa, dalla storia e dal credo della famiglia che le abitava.
    Musulmani, cattolici, ortodossi: nelle lunghe notte di quegli inverni, in questi villaggi persi tra i boschi, l’appartenenza rappresentava il confine tra la vita e la morte, a seconda di chi arrivava a bussare alla tua porta.”(p. 125)

    Scritto bene, secondo me, con tutti gli elementi della buona letteratura da viaggio.

    Mari

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  4. Cara Marian,da tempo non scrivo ma ho avuto. un periodo particolarmente triste. Ora va meglio. e mi rimetto a leggere tutti ………gli arretrati.PasolinI.? Io lo ho letto e amato se mpre. Ciao carissima a presto. Cam

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  5. @Tutti

    Trattandosi di un articolo che ci sprona a riflettere su “libri e luoghi”, è giusto che vi trovi posto anche questo volume:

    ► Bruno Tertrais, Delphine Papin, “Atlante delle frontiere: muri, conflitti, migrazioni”, traduzione e prefazione di Marco Aime, Add, 2018, 140 p., 26 x 28 cm

    Ci sono libri che, solo a sfogliarli, capisci subito che sono frutto del lavoro di più professionalità; questo atlante, per esempio, è l’esito felice della collaborazione tra chi ha scritto i testi (bella la prefazione di Aime!) e coloro che si sono occupati della grafica tanto che mi sento di citare anche i nomi non presenti sul frontespizio ma ricordati solo nel colophon: Xemartine Laborde, Quintin Leeds, Sandra Fauché, Francesco Serasso, Davide Papotti.

    Tragica attualità, casi particolari, record storici: su frontiere, confini e demarcazioni qui trovate quello che serve sapere! Scritto (e disegnato) in modo chiaro, può essere utile a chi affronti la geografia per studio, ma senz’altro è stato motivo di divertimento per me lettrice che l’ho aperto per puro svago.

    Da viaggiatrice che a stento valica la frontiera di Chiasso, non sapevo che la linea del cambio data (corre dallo stretto di Bering giù in mezzo al Pacifico) non è inamovibile e fissata una volta per tutte: nel 2011 le isole Samoa hanno chiesto di passare sul lato asiatico del cambio di data, perdendo così un’intera giornata!

    Mari

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  6. @tutti

    Anche come antidoto a “Anime baltiche” di Jan Brokken, che avevo trovato parziale e di parte, ho apprezzato questa lettura:

    ►Raffaele Oriani, “A Nord: volti e storie dal tetto d’Europa”, Editori riuniti, 2000, 152 p.

    Non è un testo recente, ma la situazione post-sovietica di Lituania, Lettonia ed Estonia mi sembra spiegata con onestà e misura. Diversamente da Brokken, mi ha fatto capire quanto mossa e variegata sia la situazione etnica in questi paesi, anche in fatto di Shoah, l’autore evita facili schematismi:

    “Come spesso accade nel Baltico, il problema è infatti il cocciare di due storie, due memorie, due facce del Novecento che resta difficilissimo riuscire a conciliare perché qui il secolo breve è stato soprattutto occupazione e oppressione sovietica: come possono allora le vittime accettare di essere anche colpevoli? Come si può infangare la memoria di eroi nazionali affermando che furono anche sterminatori di ebrei? Una ragazza tedesca mi dice: “Non è come da noi, qui non hanno mai preso le distanze dalle loro colpe”. Qui il Cuore di tenebra del Novecento si è schiarito appena l’altro ieri, e ci vorrà del tempo per far quadrare i conti tormentati della memoria e dell’identità nazionale.” (pp.52/53)

    Viene riportata anche un’intervista al grande scrittore estone Jaan Kross, autore de “Il pazzo dello zar” (bellissimo romanzo!). Il viaggio non si ferma a Tallin, si spinge anche in Svezia e Finlandia (passando per la Polonia).

    A me è piaciuto molto!

    Mari

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  7. @tutti@Jezabel

    Nella sua ambiguità il titolo di questo libro è quanto mai azzeccato:

    ► Franco La Cecla, Piero Zanini, “Lo stretto indispensabile: storie e geografie di un tratto di mare limitato” Bruno Mondadori, 2004, 249 p.

    L’espressione “lo stretto indispensabile” sembra rimandare ad una questione di bagaglio, e non si può affermare che non ci sia attinenza, in effetti, in viaggio un bagaglio pur minimo è necessario e questo libro in viaggio, e per mare, anzi sui mari, ci porta davvero. Però lo Stretto Indispensabile (Indispensable Strait) esiste sul serio, si trova nell’Oceano Pacifico, nelle Isole Salomone. Bel gioco di parole!

    È un libro multiforme, originalissimo che io ho letto come in due parti distinte.

    Nella prima parte ci consegna un’interpretazione esistenziale di questo dispositivo geografico: lo stretto, tratto d’acqua che divide due coste, ha un forte valore simbolico di soglia, di attraversamento. “Lo stretto è prova, travaglio, ostacolo, iniziazione. Tra le sponde accadono vortici, turbolenze, correnti.” (p.111).

    Nella seconda parte gli autori propongono, divise per capitoli, le vicende che riguardano singoli stretti. Sono pagine che possono venire lette in molti modi: come resoconti storici, come cronache di viaggio, come analisi antropologica, in qualsiasi caso la lettura è scorrevole, ricca, divertente. Vi dico come ho letto io i capitoli dedicati allo Stretto di Bering e allo Stretto di Magellano: come storie di sopraffazione coloniale caratterizzate da indicibile violenza.

    Il passaggio ha i suoi riti: arancino sul traghetto nello Stretto di Messina, un toast a base di gamberetti sul Ferry-Boat sull’Øresund (adesso c’è anche il ponte). Jezabel!! Quante volte, l’arancino tra Scilla e Cariddi!! E che gusto, sullo sfondo di “Vos et ipsam civitatem benedicimus”!

    Mari

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  8. Ciao Luigi, non riesco a postare commenti su “I libri più belli del 2022” e neppure sull’articolo dedicato a Grossman. Cosa devo fare?

    Mariangela

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  9. @tutti

    Non sono letture recenti, ma ne serbo un ricordo molto piacevole:

    > Alberto Fiorin, “Il vento dei fiordi in bicicletta da Venezia a Capo Nord sulla rotta del baccalà”, Ediciclo Editore, 2008

    > Ennio Cavalli , “Il divano del Nord. Viaggio in Scandinavia”, Feltrinelli Traveller, 2005

    > Raffaele Tomasulo, “Un sogno nel ghiaccio Isole a Nord: Islanda, Faroer Lofoten”, Pietro Pintore, 2000

    > Paolo Ciampi, “Le nuvole del Baltico In bicicletta con mio figlio cercando il Nord”, Mauro Pagliai Editore, 2012

    Rilassanti ed istruttivi ad un tempo, a me avevano regalato svago ed evasione. Libri “rinfrescanti”, in tutti i sensi! Probabilmente l’afa degli scorsi giorni ha contribuito a farmeli ricordare!

    Ciao,
    Mariangela

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  10. @Tutti

    So che esiste anche un’edizione della Ricci più lussuosa, ma questa ha una piantina idrografica all’inizio he può servire:

    ► Dante Isella, “La Milano dei Navigli: passeggiata letteraria”, con una prefazione di Giovanni Agosti, Officina Libraria, 2017, 94 p., XXXI p. di tav.

    Oggi vorrei segnare anche un pendant visivo (anche i libri fotografici ci parlano di luoghi):

    ► Maria Rosa Biassoni, “Naviglio grande 1970”, Loretoprint srl, 2015, 62 p., 20×31 cm. + 1 DVD

    @Cristin
    Io i barconi con la sabbia sul Naviglio Grande me li ricordo! Tu te li ricordi i barconi in Darsena?

    Ciao a tutti,
    Mari

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  11. Ringrazio di cuore @Mariangela per i preziosi aggiornamenti a questo articolo 🙂

    Buon ferragosto a tutti

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  12. @Tutti
    Su Milano ho trovato ancora attuale questo libro, originariamente edito nel 2009 e recentemente ristampato:

    ► Corrado Stajano, “La città degli untori”, Il Saggiatore, 2020

    Le fabbriche, l’albergo Regina (sede della Gestapo durante l’occupazione tedesca), piazza Fontana, c’è tutto, tutto il ‘900, a partire dalle cannonate di Bava Beccaris del 1898 fino alla Milano postindustriale, passando per la “Milano da bere”.

    In realtà, come il titolo lascia immaginare, ci sono scorci che riguardano anche secoli precedenti il XX, ma è soprattutto l’analisi degli anni ‘60 e ‘70 che colpisce. La figura che mi è rimasta maggiormente impressa, forse perché ne ignoravo la vicenda (!!), è quella di Guido Galli, giudice ammazzato da Prima Linea nel marzo del 1980.

    Grazie ad un suggerimento di Radio Popolare, dello stesso autore ho appena letto ed apprezzato anche questo libro:

    ► Corrado Stajano, “Gli sconfitti”, Il Saggiatore, 2021

    Realistica la descrizione del lockdown a Milano, ma “La città degli untori” mi è piaciuto anche di più.

    Mariangela

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  13. Ciao Mariangela, anche io amo molto “La città degli untori” di C.S., anche se riletta a distanza di oltre dieci anni dall’uscita, trovo che avesse uno sguardo lucidissimo sul passato ma uno un po’ impastato di pessimismo istintivo sul futuro, che non è mai un buona guida (credo). Comunque davvero un libro fondamentale per capire Milano. ciao ciao

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  14. @Tutti @Luigi
    Nonostante la lettura selettiva che sono costretta a farne, sto apprezzando molto un libro consigliato qui sopra da Luigi:

    ► Jacopo Lareno Faccini, Alice Ranzini, “L’ultima Milano: cronache dai margini di una città”, Feltrinelli, 2021, 262 p.

    Gli autori sono per uno sviluppo urbano inclusivo, che dia opportunità a tutti, che permetta aggregazione, crescita individuale e non solo accumulo di capitali ed energie.

    A Milano la società civile ha conseguito nei decenni scorsi alcune vittorie (Parco di Trenno, Parco delle Cave), ma molto rimane demandato all’iniziativa privata, il mercato immobiliare sembra essere l’unico motore della rigenerazione urbana, manca un vero intervento pubblico e questo è avvenuto anche nei primi anni 2000, quando in città erano aperti i cantieri che ne avrebbero cambiato il volto

    Il libro è improntato ad un fattivo ottimismo, ma non si nasconde un dato di fondo: Milano è la città delle opportunità, certo, però solo se possiedi capitali, relazioni e competenza, altrimenti Milano può risultare molto escludente (al problema degli affitti e dell’abitare è dedicato un capitolo).

    Sono d’accordo anche su un altro punto, in città sono pochi gli spazi pubblici mentre abbondano quelli privati dedicati al commercio e allo svago, sembra che oltre a shopping e happy hour non ci siano altri passatempi, questo ha uniformato molto, dicono gli autori, la fruizione del tempo libero.

    Bel libro, che se solo i gruppi di lettura non fossero allergici come sono ai testi non narrativi, potrebbe essere proficuo oggetto di discussone (e non solo per i lettori milanesi!)

    Mariangela

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  15. Grazie Mariangela per la sintetica recensione di questo libro che anche io giudico importante e sicuramente meritevole di discussione.
    Grazie ancora

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  16. Ho condiviso così a fondo alcune delle affermazioni di Faccini e Ranzini, in particolare, quando esprimono la debolezza dell’intervento pubblico per quello che riguarda l’urbanistica, che, durante la lettura del loro saggio, dopo un’estate che mi diverto a vedere libri sui navigli milanesi, mi è venuta spontanea una domandona che quasi non oso fare: a parte i barconi, la Darsena e la nostalgia, che ne è dell’idea di riaprire i Navigli? Se ne è discusso tanto, poi l’ipotesi sembrava accantonata, ma ogni tanto riaffiora con rendering da sogno, magari a spezzoni (parziale riapertura di un tratto della Martesana in occasione del rifacimento di via Melchiorre Gioia),

    Io non ci ho capito molto, ma, sarebbe poi auspicabile una tale opera titanica in una città ove la programmazione urbanistica sfugge spesso di mano alla parte pubblica?

    Mariangela

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  17. @Tutti
    “Libri e luoghi”: talvolta i libri ci trasportano nello spazio, talvolta, nel tempo, pur lasciandoci nello stesso posto, eppure, anche questo è un viaggio che ci fa capire meglio un luogo, magari la città in cui viviamo. E’ quello che è successo a me con questo breve saggio sulla presa del potere da parte dei fascisti a Milano nel 1922:

    ► Giulia Gentili Filippetti, “La crisi del comune socialista di Milano” in “Fascismo e antifascismo (1918/1936) Lezioni e testimonianze”, Feltrinelli, 1973, pp. 92/98

    Quando si parla di crisi di un comune si intende la sua incapacità di funzionare, per esempio per motivi politici o finanziari, ma quello che avvenne a Milano il 3 agosto 2022, non può essere definita una crisi, fu un atto di violenza, quasi un’anteprima della marcia su Roma dell’ottobre successivo: le squadracce fasciste, due camion, presero con la forza Palazzo Marino forzandone i cancelli e impedendo agli assessori di raggiungere i luoghi della loro funzione. Poche ore dopo, D’Annunzio, tenne un discorso dal balcone.

    Spiega bene l’autrice: quella del Comune socialista di Milano non fu una crisi, fu il culmine di una lotta tra il fascismo e le singole amministrazioni locali fondate sul suffragio popolare; “non vi fu cedimento e abbandono; ma, semmai, sopraffazione ed arbitrio”. Il Consiglio Comunale di Milano venne poi sciolto con regio decreto, vero e proprio “capolavoro di impudenza e falsità burocratica” che andava ad avallare l’arbitrio e la sopraffazione.

    Un libro fisicamente vecchio che sa ancora regalare pagine chiare ed esplicite!

    Mariangela

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  18. A proposito di libri e luoghi, curioso leggere che il New York Times, il 10 dicembre 2022, parlava di Milano, sì proprio del capoluogo meneghino, più precisamente delle elezioni amministrative che , dopo il colpo di mano del precedente agosto, avrebbero portato alla sindacatura di Mangiagalli (sindaco non fascista ma gradito, almeno inizialmente, al regime).

    Vi dico la mia fonte: appreso il titolo da una trasmissione di Radio Popolare, mi sono procurata questo libro che mi sembra veramente molto interessante e ben curato:

    ► “Nascita di una dittatura Come la stampa di tutto il mondo raccontò l’avvento del fascismo”, a cura di Andrea Pipino con Daniele Cassandro, Internazionale, 2022, 192 p.

    L’articolo, piuttosto misurato, si chiude con questa affermazione. “le elezioni milanesi potrebbero fornire un’anteprima delle elezioni nazionali.” Più interessante il trafiletto riportato sotto la traduzione del pezzo del NYT, si tratta di alcune righe tratte dal quotidiano francese l’Humanité:

    “La polizia ha arrestato centinaia di “sovversivi”, soprattutto nei quartieri popolari della città. Questi militanti sono stati brutalmente rapiti dalle loro case senza alcun motivo: semplicemente perché erano elettori! Le urne erano controllate dai fascisti. Secondo gli stessi giornali borghesi, la confusione è stata estrema, e ci sono state violenze perfino contro i presidenti di seggio.” (p. 91)

    Vedi tu, se la storia di Milano devo andarmela a leggere sul NYT del 1922!
    Mari

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  19. @Tutti
    Non è vero! Non è vero che si deve ricorrere al NYT del1922! Per le violenze che scossero l’Italia e Milano dal 1919, io ho trovato utile:

    ► Mimmo Franzinelli, “Squadristi: protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922”, Feltrinelli, 2019, 464 p.

    https://gruppodilettura.com/2015/05/25/litalia-nella-prima-guerra-mondiale-preludio-del-fascismo/

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  20. @Tutti

    Ci sono luoghi della memoria individuale che nessuno può cancellare dalla nostra mente, quando (per caso?) li incontriamo sui libri rischiamo di perdere l’oggettività di lettori.

    • Mario Allodi, Massimo Franceschi, “Là, dove la città va spaesandosi verso la campagna: studi e ricerche condotte a Milano, in zona 15 (Chiesa Rossa, Gratosoglio)”, Mondo Nuovo, 1989, 123 p.

    • “La zona 15 di Arno: immagine pittorica e profilo di un territorio ai confini tra città e campagna”, a cura di Achille Barzaghi, 1980

    • “Catalogo delle proprietà comunali. Zona 15, Chiesa Rossa, Gratosoglio”, Comune di Milano, Ripartizione Demanio e Patrimonio, Novembre 1980

    Anni ’70, estrema periferia sud di Milano, palazzoni di dieci piani, da lontano sembrano emergere dalle nebbie come creature spettrali, incombenti; tanto cemento, pochi servizi, e tante persone che aspettano un alloggio. Il quartiere popolare Gratosoglio, sui libri di architettura, è sempre citato come esempio negativo di edilizia popolare, la firma è illustre, intendiamoci, il progetto è dello studio BBPR, quello della Torre Velasca, ma qui la committenza aveva le sue esigenze, bisogna risparmiare e fare in fretta.

    Il fatto è che in quei palazzoni ci abbiamo abitato, ci siamo cresciuti, e in quei vecchi libri c’è casa mia, in via Baroni, le mie scuole, il campo sportivo, quanti ricordi!

    Però alla fine, sentimentalismo a parte, sfogliando questi vecchi testi, per fortuna reperibili presso le biblioteche milanesi, mi chiedo anche: ma era poi necessario costruire in quel modo da Piazza Abbiategrasso in giù? I libri fotografano la situazione attorno ai primi anni ’80 e il raffronto col presente evidenzia che dei campi circostanti è rimasto poco o nulla. Passino le case popolari, era il tempo della grande migrazione degli anni ‘60, del baby boom, ma tutto il resto, tutto quello che è stato costruito negli ultimi quarant’anni, e su terreni peraltro fertilissimi, era proprio tutto necessario?

    Luigi, come vedi, oggi, dall’autobiografia non vi ho risparmiati neppure io!

    Mariangela

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  21. Ciao Mariangela, bello questo intreccio di storia, urbanistica, architettura e autobiografia. Scrivine ancora! 🙂

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  22. Da qualche tempo, girando per la città, sono attratta da massicciate, arcate ferroviarie e cavalcavia. Sono luoghi strani quelli abitati da questi manufatti, se pur non raramente in stato di abbandono e di degrado, hanno ai miei occhi un loro trasandato fascino: sono soglia, confine, luogo di attraversamento e, quasi sempre, mostrano una città diversa, lontana dai percorsi turistici. Questi i motivi che mi hanno portata al libro:

    ► Marco Borsotti, Sonia Pistidda, “Abitare i rilevati ferroviari: strategie innovative di rigenerazione: il caso dei Magazzini Raccordati di Milano”, con Elena Rizzico, Maggioli, 2020, 327 p.

    Il testo tratta però di un problema concreto, meno emotivo, quello del riuso adattivo, vale a dire della pratica di “ridare nuova vita ad edifici in abbandono o sottoutilizzati partendo dalle risorse già a disposizione” (p.35). In particolare, oggetto dell’attenzione sono i Magazzini Raccordati di cui, come milanese, non conoscevo neppure l’esistenza. Non lontano dall’imponente facciata della Stazione Centrale di Milano, anzi proprio lungo i suoi fianchi, corrono via Sammartini e via Ferrante Aporti: dalle fotografie, si notano, nel dilagante degrado, saracinesche abbassate e cancelli chiusi: questi sono i Magazzini Raccordati, una volta punti di vendita, ora locali inutilizzati da più di trent’anni. L’influenza ha momentaneamente impedito una camminata urbana da quelle parti, dopo il libro ho però letto on line che per le due vie in questione è previsto a breve un intervento di recupero, sollecitato anche da un’associazione di cittadini. Staremo a vedere!

    Per questo tipo di strutture, spiegano gli autori, manca una programmazione, inoltre, per via della loro monumentalità, non sempre attraggono i capitali necessari alla loro trasformazione, quindi capita che rimangano lasciati a sé stessi.

    Dai capitoli centrali mi rendo conto che in altri paesi il problema è dibattuto da tempo e le foto di alcune esperienze straniere, per esempio quelle dell’High Line di New York e del viadotto Stadtbahn di Vienna, sono lì ad illustrare le realizzazioni.

    Ciao Mari

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  23. Ciao Mariangela,
    sono stupito dalla quantità di libri davvero forti su Milano che ci proponi nei commenti a “Libri e luoghi”. Ma non ti andrebbe di scrivere un articolo su cinque o sei testi dedicati a Milano con questo taglio così particolare? (intendo proprio un articolo non un commento) ←

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  24. Resta da aggiungere che Via Sammartini, il tratto di Martesana che si incrocia alla fine di questa vie e i tunnel che portano verso Ferrante Aporti sono in realtà luoghi di rifugio di molti “senza fissa dimora”, soprattutto di ragazzi immigrati che vivono al freddo, che non riescono, per vari motivi, a entrare nel circuito di ricovero del Comune (in particolare coloro che sono “clandestini”); soccorsi solo dai volontari delle unità di strada. Questi sono spazi di esclusione, luoghi dove si tocca con mano – ci vado almeno una notte a settimana – qual è il costo umano di politiche e abitudini di rifiuto dei “dannati della terra”. E, temo, la riqualificazione di quegli edifici, i Magazzini Raccordati, sarà una nuova occasione per *gentrificare* ulteriormente questa città.
    Grazie ancora Mariangela

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  25. Prova di commento.
    Esperimento

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  26. Dopo mesi di grane provo a tornare dai cari amici del blog. Ultimo libro letto e ammirato e amato da me in questa valle di lacrime é “DOPPIO CIECO ” di Eduard St Aubyn.
    Darei un occhio se qualcuno mi rispondesse nel merito. Abbracci. Cam

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  27. @Luigi@tutti
    Grazie Luigi, per l’aggiunta e anche per la proposta di scrivere un vero e proprio articolo su Milano. Diciamo che i libri non mancherebbero e l’amore e l’interesse per la città, neppure, ma l’argomento è più grande di me, quindi per il momento mi sembra più commisurato alle mie possibilità limitarmi ai commenti: quando trovo un bel libro che mi sento di segnalare, ve lo scrivo.

    Mi piacerebbe che anche altri lettori scrivessero dei loro “libri e luoghi”!

    @Camilla
    Ciao Camilla, mi fa piacere sentirti. Non conosco il libro che citi, non l’ho mai letto.

    Ciao a tutti
    Mari

    Piace a 1 persona

  28. A Marian. Il libro DOPPIO CIECO. di Eduard St Aubyn, credo che sia DIVERSO da ogni altro. Anche nel campo “Depressione”. Non è un libro come Tutti gli altri. Credimi Ciao ciao. Ca.

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  29. @Tutti

    Durante tutta la storia dell’industrializzazione, le aziende hanno talvolta concepito e progettato, al fine di rendere più produttiva una sede, abitazioni e servizi per i lavoratori loro dipendenti:

    ► Giovanni Luigi Fontana, Andrea Gritti, “Architetture del lavoro: città e paesaggi del patrimonio industriale”, Forma, 2020, 383 p., ill. ; 32 cm

    I luoghi in cui ci porta questo prezioso volume sono disseminati un po’ in tutto il mondo, lo dimostra il planisfero che dà conto dell’ubicazione delle diverse realtà. In aggiunta alle prevedibili concentrazioni nella vecchia Europa e negli USA, troviamo le “città del lavoro”, in qualsiasi modo siano state definite e con tutte le varianti date dai contesti sociali ed economici, sparpagliate su tutto il pianeta. Dalle città del rame scandinave, alle città del salnitro in Cile, dalle città del marchio Bata (di cui una in India) fino a Ekaterinburg e a Cuba.

    Nelle quarantasette schede principali sono studiati i casi più famosi (per l’Italia, a titolo di esempio, ricordo Crespi d’Adda e Ivrea) mentre a fine libro, in modo più schematico, sono riportati altri centoventi casi di studio. Le “città del lavoro” sono proposte in ordine cronologico, dal ‘500 fino al XX secolo, si parte con la Fuggerei, in Germania, per arrivare a Metanopoli, a San Donato.

    Quando si dice un libro ricco, ben organizzato, indispensabile. Solo per le immagini bellissime che regala, questo volume merita di essere conosciuto, e non penso di sottovalutare i testi, pur curati e puntuali, se dico che qui la fotografia la fa da padrona, sfogliare queste pagine è già di per sé un vero piacere.

    Ma perché indispensabile? Probabilmente è una pubblicazione indispensabile perché colma una lacuna nella ricerca, ma per me è stato importante per le riflessioni che si è portato dietro. Case e servizi per i lavoratori? Paternalismo – avrei sentenziato a vent’anni – paternalismo commisto alla volontà di soggiogare i lavoratori agli umori del padrone! Adesso che dai vent’anni sono lontana, adesso che sempre più spesso leggo di una produzione rapace, che tutto consuma e tutto brucia (scrive bene Lucie K. Morisset nella prefazione: non appena la redditività cala gli insediamenti industriali di oggi abbandonano territori ed esseri umani al proprio destino), ecco, oggi la vedo in un’altra maniera. Chi ha concepito i luoghi di questo libro, accanto all’intento produttivo, ha proposto una progettualità che è rimasta, a favore dei lavoratori e della comunità tutta. La volontà di controllare i dipendenti probabilmente non mancava dagli intenti, c’è poi da dire che in certi casi questi alloggi erano destinati alla schiavitù, ma è importante ricordare, è sempre Morisset a scriverlo, che, partendo dall’idea di fornire abitazioni ai lavoratori, si è arrivati in tanti casi all’elaborazione di veri e propri progetti territoriali. Negli Usa, le Company Town hanno segnato l’ingresso del potere pubblico nel campo della pianificazione urbanistica. Condivisibile la sua conclusione: la lezione delle “città del lavoro” può essere per noi addirittura una guida, un’indicazione su come abitare il territorio in modo più sostenibile!

    Mariangela

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  30. Ero convinta che dismissione fosse perlopiù sinonimo di industria, di luogo produttivo non più attivo, invece apprendo da questo libro che le categorie funzionali originarie degli attuali circa tremila luoghi in disuso della Lombardia erano le più diverse.

    ► “Ricerche e fotografia di paesaggio in Lombardia. Indagini sulle fragilità territoriali”, a cura di Andra Arcidiacono, Carlo Manfredi. Progetto fotografico di Francesco Secchi, Silvana Editoriale, 2021

    Pur rimanendo, quella industriale, la destinazione d’uso più rappresentata, sono numerosi anche gli spazi una volta dedicati al commercio, all’agricoltura, ai trasporti, oppure i luoghi che avevano una funzione infrastrutturale o abitativa.
    [Andrea Arcidiacono, Laura Pogliani, Silvia Restelli, “Caratteri, dimensioni e tipologie della dismissione e dell’abbandono nei paesaggi lombardi. Prospettive di rigenerazione”, (pp. 59/79)]

    Sono cambiate le modalità produttive e, ovunque, in Lombardia, in tutte le tipologie paesaggistiche, dalle Alpi all’Oltrepò, sono fioriti luoghi dismessi: ex supermercati, capannoni industriali impiantati talvolta in modo dissennato e poi abbandonati per fragilità economica, seconde abitazioni superflue.
    È importante, si spiega nel libro, fare una ricognizione attenta di queste situazioni perché il patrimonio non più usato è fonte di degrado paesaggistico e sociale. Inoltre la rigenerazione di queste aree dovrebbe favorire il risparmio dell’uso del suolo. Leggo però con rammarico che la normativa regionale è stata oggetto di rilievi da parte di ANCI e delle associazioni ambientaliste. [Daniela Giannoccaro, “Mappare processi di dismissione in Lombardia. Metodologia e banche dati” (pp. 103/109)]

    Ho trovato molto interessante il capitolo dedicato alla montagna [Giacomo Morini, “Trasformazioni della montagna nel Novecento. Interpretazioni e progetti”, (pp. 97/101)]. Le grandi centrali idroelettriche costruite all’inizio del ‘900, salvo due casi, sono ancora tutte in funzione; è vero che hanno avuto un impatto ambientale notevolissimo (in certi casi gli sbarramenti hanno sommerso intere vallate), ma sono opere che vanno contestualizzate, la loro importanza civile non può essere sminuita. Da milanese non posso non ricordare l’importanza della Valtellina per la mia città!
    Gli impianti sciistici sono spuntati senza modello di riferimento, si è perlopiù assecondata l’iniziativa (e la rendita) privata, senza coordinamento da parte dei comuni interessati. A parte pochi alberghi progettati con sensibilità, si sono affastellati un po’ ovunque strutture ricettive di scarsa qualità edilizia. Il settore alberghiero è stato messo in crisi dalle seconde case, per costruire le quali molti piani di lottizzazione hanno causato grande consumo di suolo ( e d’altro canto i bilanci, i comuni, dovevano pur quadrarli, e gli oneri di urbanizzazione sono serviti allo scopo!). Il linguaggio architettonico ha assecondato quasi ovunque un gusto ottocentesco, tetto spiovente e balcone in legno, a scapito dell’innovazione architettonica.

    Ho riassunto alla buona (voi procuratevi il libro!) Ci tenevo a dire che azzardare qualche volta letture che possono apparire troppo tecniche regala emozioni inaspettate (sì, emozioni, non semplici nozioni!), però vi avviso: bello leggere, non dico di no, però non è sempre rassicurante!

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  31. @TUTTI
    Quest’anno Milano festeggia un doppio anniversario: il centocinquantesimo dell’annessione dei Corpi Santi, del 1873, e il centenario dell’aggregazione di undici comuni limitrofi, avvenuta nel 1923. Il Comune di Milano sta dando evidenza a questa ricorrenza, ci sono già stati incontri con la cittadinanza a Palazzo Marino, presenti alcuni assessori e consiglieri, e innumerevoli sono le iniziative previste in giro per la città.

    Quando posso vedere da vicino i miei amministratori e interloquire con loro io sono sempre contenta perché riduce le distanze e perché lo trovo, se pur nell’ambito di un protocollo di una cerimonia, un atto di disponibilità verso i cittadini.

    Però sulla questione dell’annessione ci sono un paio di cose che non ho capito, e magari qualcuno sa rispondermi.

    Intanto una questione bibliografica (forse attribuisco troppa importanza alle liste di titoli!): negli elenchi che sono stati redatti in più sedi manca a mio parere un libro che, almeno per quello che riguarda la storia dell’amministrazione, è per me importantissimo:

    ►Elisabetta Colombo, Emanuele Pagano, “Milano e territori contermini. L’ordinamento amministrativo (1750/1923)”, Il Mulino, 2016

    Scritto in modo chiaro e accessibile, illustra efficacemente il dibattito che ha interessato l’annessione del 1873: il Comune del Corpi Santi secondo Cattaneo e altri doveva rimanere indipendente, dopo quindici anni di polemiche il comune minore è stato forzosamente inglobato in quello di Milano.

    Gli autori spiegano poi senza possibilità di fraintendimenti quanto autoritaria sia stata l’aggregazione degli undici comuni del 1923. Sintomatico in questo senso un telegramma di Mussolini al sindaco Mangiagalli: Milano rischiava a suo parere di rimanere soffocata “da una fungaia di piccoli comunelli”. La procedura prevista dalla Legge Comunale e Provinciale fu in più punti forzata; vista “la specialità del caso”, per diretto intervento del capo del governo, nonostante le assicurazioni che erano state date in precedenza, i consigli comunali degli undici comuni vennero sciolti d’imperio.

    Poi c’è un’altra questione: l’annessione del 1923, salvo pregevoli eccezioni, non è quasi mai contestualizzata, viene presentata come un atto amministrativo, arbitrario ma pur sempre avulso dal resto, si tende ad omettere che era stata preceduta dalla marcia su Roma e, ancora prima, da due anni di violenza fascista che aveva colpito con particolare virulenza, tra gli altri, gli amministratori socialisti.

    In generale, perché il problema è più generale secondo me, e trascende la ricorrenza, la storia locale è spesso presentata (non da tutti!) in modo avulso dai conflitti sociali, in modo da ricordare la Milano che fu, quasi senza raccordo col presente. Bisogna rivolgersi a fonti specifiche, per esempio, per vedere bambini milanesi che, solo cent’anni fa, giravano scalzi e malvestiti. Sarà un caso? Mi sbaglio io?

    Mariangela

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  32. Ciao Mariangela, come sempre preziosissime le tue note.
    Delle annessioni e del centenario del 1923 ho recentemente parlato a Bookpride con i rappresentanti dell‘editrice Meravigli che stanno puntando parecchio su questa storia.
    Mi interessa molto, in particolare, il risvolto controverso di entrambe le questioni, il contesto di avvento del fascismo da un lato e dall’altro la forzatura sui Corpi Santi.
    L‘elenco bibliografico cui fai cenno è sul sito del Comune?
    Grazie ancora del tuo contributo.

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