Come il gruppo di lettura cambia il lettore (e la lettura)

Jeffrey Smart, Alma Mahler Feeding the Birds 1968 (Wikiart)

Jeffrey Smart, Alma Mahler Feeding the Birds 1968 (Wikiart)

La discussione in gruppo di lettura cambia la lettura. Intendo dire: la lettura solitaria diventa una lettura differente quando il pensiero che le dedichiamo confluirà (almeno in parte) in un gruppo sociale – più o meno organizzato, più o meno stabile – esplicitamente destinato a parlare della lettura che ciascuno ha fatto di quel libro.

Una lettura differente. Ma quanto differente? E in che modo differente?

Una lettura differente perché orientata a un compito.
Un compito, sì: parlarne in pubblico, spiegarla in pubblico. Per quanto siano diversi i contesti “pubblici” dei vari gruppi di lettura.
Per comprendere questa trasformazione della lettura privata orientata al gruppo, vanno ovviamente analizzate: sia le prospettive dell’atto di lettura: come modifichiamo il modo di leggere. Sia le prospettive con le quali si parla dentro il gruppo.

Usiamo un metodo quasi etnografico per analizzare

il passaggio dalla lettura privata

alla discussione nel gruppo di lettura

L’attuazione di questi fenomeni di lettura privata e di discussione in gruppo vanno studiati con metodo quasi etnografico per comprenderne le caratteristiche. Perché è anche in questo punto che ciascun gruppo di lettura manifesta la sua vera natura, si differenzia dagli altri, segna la sua evoluzione. È insomma qui che ciascun gruppo dovrebbe – se gli interessa – “fare autocoscienza”.

Interpretiamo una parte, una versione di lettore per il gruppo (o no?)

Certamente esporsi e accettare di parlare in quella forma particolare di contesto sociale ci rende tutti un po’ più attori, per esempio. Nel senso che interpretiamo una parte, un ruolo sociale (che va inteso in modo il più delle volte benevolo, perché è un ruolo che spesso ci aiuta a dare il meglio d noi). In molti casi è sempre la stessa parte, che magari si evolve nel tempo. Oppure cambia, ci sforziamo di cambiarla. Sperimentiamo parti diverse: lettura e racconto della lettura che vorrebbe essere profondo, o “ravvicinato” – quasi tecnico nell’analisi.
Oppure lettura molto personale e discorso autobiografico – più un racconto di se stessi che del libro, che è solo o quasi solo un pretesto.
Ma potrebbe essere anche una lettura provocatoria, lettura che produce un discorso molto competitivo nei confronti dei discorsi degli altri lettori del gruppo, molto critico delle altre interpretazioni, del modo di leggere e di parlarne, dei compagni di lettura.

La lettura per il gruppo è diversa dalla lettura condivisa informalmente in contesti non pubblici

Potremmo andare avanti molto, e magari ci torneremo in un altro post.
Importante è mettere a fuoco come il passaggio dalla lettura privata al discorso sulla lettura in un gruppo sia decisivo nel differenziare questa lettura condivisa dalla condivisione informale e improvvisata e spontanea con co-lettori casuali o abituali ma in contesti non pubblici, molto più informali: un amico al bar, il/la partner di vita, un collega alla macchina del caffè.

Ancora due annotazioni. La prima: sostenere che interpretiamo una parte come lettori nel gruppo non intende dire che ciò sia riprovevole, ipocrita o falso. A pensarci bene ogni atteggiamento in contesti pubblici – la sociologia ha speso chilometri di inchiostro per illustrarlo – è un’interpretazione, una “presentazione del proprio sé” (per esempio: Erving Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione, uscito in originale nel 1959 e ancora disponibile in italiano). È un po’ come quando raccontiamo la nostra storia: selezioniamo dei passaggi, dei tratti di carattere, degli eventi, non potremmo mai, anche volendo, presentare tutto ciò che siamo stati e abbiamo pensato. E questo vale anche in quanto lettori.

La seconda annotazione: la versione del lettore che presentiamo nel gruppo non è indipendente da chi partecipa al gruppo. Tutti siamo in modi diversi condizionati dalle presenze degli altri, da come si presentano gli altri, potremmo dire.

Torneremo sulla questione provando a mettere alla prova qualche esempio.

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8 risposte a “Come il gruppo di lettura cambia il lettore (e la lettura)”

  1. Buongiorno, posso offrire un testo come soggetto sperimentale di questa lettura etnografica-di-gruppo?

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  2. Cosa intende con “offrire un testo”?

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  3. Buon pomeriggio, Luigi Gavazzi,
    con “offrire un testo” intendo offrire gratuitamente a un eventuale gruppo di lettura uno dei testi che ho auto-pubblicato tramite Youcanprint dal 2016 al 2018 (con regolare isbn e deposito legale). Cordialmente, Maria Vittoria Cavina Saporetti

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  4. Avatar bruna gasparini

    Buongiorno,mi chiamo Bruna Gasparini e faccio parte di un gruppo di lettura, vorrei avere una opinione a riguardo del conduttore del gruppo, ultimamente il conduttore cambia in situazioni di totale incertezza,vorrei sapere se questo è accettabile,io personalmente mi trovo in difficoltà, essendo poi i libri scelti abbastanza impegnativi subentrano difficoltà di confronto grazie

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  5. @ chi discute. sul gruppo di lettura . Per caso ho letto il post di Albasilente e le varie disamine dei “famigerati gruppi di lettura”.Ho avuto l’ impressione che si dia per scontato che i gruppi di l. abbiano bisogno di un ” capo” o almeno di un capoclasse . Il tema dei g.d.l. e’ certamente interessante e complesso ma certo deve rispettare il principio, appunto,di ” democrazia liberale” . La proposta di Albasilente mi sembra ” curioso”. Tutta la grande letteratura fino ai primi del novecento veniva letta in gruppo ( che aveva in comune il fatto di essere analfabeta o quasi) con grandi successi , da Shakespeare a Manzoni e Salgari ecc., Oggi perciò proporre ( gratuitamente!) un testo “proprio”, mi ha davvero stupefatta. Cam

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  6. La proposta di Albasilente, oltre che curiosa, è molto significativa. Per almeno tre motivi, e detto senza alcun proposito negativo verso l’autrice, che anzi va ringraziata per l’attenzione e forse anche per l’intenzione. Il primo motivo è che la domanda conferma una certa incomprensione verso l’attività dei gruppi di lettura, che vengono spesso scambiati per delle giurie letterarie in sedicesimo, o per dei comitati di lettura editoriali, o per delle cavie da esperimento (anche da alcuni editori, ben felici di aver trovato dei campioni gratuiti per le loro verifiche di marketing e l’analisi della ricezione). Il secondo è che tra le cose che molti non comprendono o non accettano dei gruppi di lettura, vi è il fatto che essi vogliono e devono praticare una lettura totalmente autodecisa, automotivata, e, ovviamente, responsabile delle proprie scelte. Una “lettura commissionata” per un gruppo di lettura è una contraddizione in termini. In questo senso, sì, il gruppo di lettura non può avere un capoclasse, e il suo coordinatore è il primo a saperlo. Per questo molti gruppi rifiutano, per principio, di prendere in considerazione proposte che arrivano da autori ed editori, fossero anche i più importanti e autorevoli del mondo, che hanno però un qualche “conflitto di interesse” nella faccenda.
    Il terzo è che la proposta dimostra la “fame di lettura” di molti autori, non solo esordienti o autopubblicati. E questo bisogno di lettura, anche se rivolto all’interlocutore sbagliato, va preso molto sul serio. Perché se leggere è un diritto, anche essere letti in un certo senso lo è, e gli autori hanno un sacrosanto bisogno di dialogare con i lettori, di essere consigliati, ascoltati, giudicati, perfino stroncati. Cosa che l’editore molto spesso non fa: o li pubblica o li cestina, per ragioni che non sta neanche a spiegare, ma raramente li ascolta e li indirizza. Lo fanno invece, di solito dietro salati pagamenti, alcune agenzie letterarie e alcuni corsi o scuole di scrittura. Ma perché gli autori, invece di proporsi ai gruppi di lettura, non seguono il loro esempio? Perché non fanno un po’ di “scrittura condivisa” e non si confrontano tra di loro, con esperti o con altre persone interessate, creando laboratori autogestiti? “Andare a scuola dal lettore”, servirebbe anche ad acquisire consapevolezza e ridurre lo stress autoreferenziale.

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  7. concordo su ogni parola di Luca Ferrieri.
    Per un GDL sentirsi “usato” da chi viene a proporre una sua produzione è avvilente e demotivante. Ci sono molte altre strade per farsi leggere e conoscere ( letture aperte, presentazioni, ciclostilati, piazze dove declamare etc), i Gdl hanno in genere una autodeterminazione che io sappia fortemente autonoma e democratica.
    Anche noi abbiamo avuto proposte che sono state sempre gentilmente respinte motivando.
    Noi del mio GdL leggiamo testi letterari riconosciuti come tali e di comune interesse, con un filo conduttore e non cerchiamo giovani autori/autrici esordienti. Se no, saremmo un’altra cosa., che potrebbe anche andar bene, ma non siamo una giuria per esordienti o aspiranti tali.

    Con molti auguri per albasilente, il cui nome però corrisponde poco alla proposta.

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  8. […] LEGGI ANCHE: Come il gruppo di lettura cambia il lettore – e la lettura […]

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