Di quali romanzi o racconti riusciremmo a raccontare/spiegare a un amico, la trama, i personaggi principali e magari anche il “senso” che attribuimmo alla nostra lettura al momento di farla?
Ci restano le storie, i nomi dei personaggi, le scene, le descrizioni, i caratteri?
Ogni tanto mi faccio queste domande, specie quando penso a un libro che mi è piaciuto o addirittura ho amato (credo di aver amato), e mi trovo con il dubbio di non ricordare abbastanza.
L’altra settimana, poi, sul New York Times, James Collins, uno scrittore americano, ha raccontato – la sua esperienza sulla difficoltà di ricordare quel che ha letto.
Ha anche chiesto a una esperta di sviluppo cognitivo, se questa difficoltà rendesse addirittura inutile tutte le letture fatte.
Ovviamente no, risponde Maryanne Wolf: le letture restano dentro, a un livello più elevato, complesso. “Dopo aver letto un libro che ti è piaciuto sei un a persona completamente diversa”. O ancora: “Sei la somma di tutti i libri che hai letto”.
C’è una notevole differenza continua Wolf “fra ricordare nell’immediato i fatti, e la capacità di richiamare una gestalt di conoscenza. Non riusciamo a recuperare elementi specifici, ma, per adattare una frase di William James, è come se avessimo un fantasma di memoria. Le informazioni che prendiamo da un libro sono come conservate in una rete. Abbiamo una straordinaria capacità di memorizzare, di archiviare, molta di più di quella di cui ci rendiamo conto. È informazione che lavora su di noi, dentro di noi, anche quando non ci stiamo pensando”.
Insomma, son sensazioni che ogni lettore prova: questa presenza dei libri che ha letto, anche quando sembra di ricordare poco.
Eppure, per rendere il “fantasma di memoria” più presente e più visibile, come fa anche Collins, io annoto i libri, lo faccio sempre di più, scarabocchio qualche parola all’inizio di ogni capitolo per ricordare i nomi dei personaggi, o l’evento principale (se è un saggio, comincio addirittura dal sommario a scrivere), e poi scrivo sui margini.
L’idea è quella di avere lì, fra le pagine, una specie di mappa del libro: mi aiuta ricordare ma soprattutto mi concede la speranza che riprendendo il libro possa riavvicinare i personaggi e la storia; che dal deposito quasi inconsapevole dentro la memoria possa ripescare il filo della lettura fatta anni prima.
E quando li riprendo in mano, i libri annotati son quelli che mi ritornano di più. Ma questo potrebbe anche indicare semplicemente, non tanto l’efficiacia di questa tecnica, quanto il fatto che ho scribacchiato sui libri cui tenevo di più, la cui lettura mi aveva più colpito.
“Perché dici che dovrei partire da Luce d’Agosto per avvicinarmi a Faulkner?” mi ha chiesto un collega al quale avevo consigliato proprio quel romanzo. Gli ho risposto: “Se aspetti fino a domani leggo gli appunti che avevo lasciato sulle pagine e te lo posso spiegare. Per adesso posso solo dirti che so che devi cominciare da quello”.
[–> Qui invece si parla di quel che ci resta dei libri che non abbiamo terminato di leggere]
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