Lettura condivisa, esclusione sociale (e coronavirus)

Barbara Longhi, Madonna con bambino, 1585 (Wikiart)
Barbara Longhi, Madonna con bambino, 1585 (Wikiart)

Fra le persone povere che vivono per strada si vedono anche lettori e lettrici. Alcuni, magari sollecitati, parlano delle loro letture, a volte con distacco, altre con entusiasmo.
La signora che coordina i volontari di un’associazione che conosco bene mi ha suggerito l’idea di provare a usare il dialogo sulla lettura per dedicare ad alcune di queste persone più attenzione, per coinvolgerle in una relazione più ricca di quella fuggevole e breve possibile con le “unità mobili” che ogni sera percorrono la città per offrire ai “senza fissa dimora” un piccolo aiuto.
È un’idea che indica una via di riconoscimento reciproco anche in quanto lettori. Un dialogo fondato sulla scelta – che conosciamo bene – di condividere con un altro lettore (senza aggettivi) per qualche minuto, ciò che entrambi abbiamo letto o anche fondata sull’ascolto del racconto, da parte di uno di noi, di un’esperienza importante come la lettura di un libro.

Esclusione sociale e lettura

La lettura è una forma di trascendenza anche – e forse soprattutto – perché ci proietta sulla condivisione del pensiero che suscita, ci proietta in modo consapevole nella relazione con l’altro. Mentre leggiamo e quando chiudiamo il libro e pensiamo a ciò che abbiamo letto, siamo pronti a un dialogo; il pensiero è pronto per essere comunicato, desidera essere condiviso.
Ciò vale anche per i casi nei quali ciò avviene solo con se stessi, con la specie di altro io che abita in noi e con noi.
Mi azzardo però a dire che l’impossibilità di comunicare questo pensiero, la mancanza di uno o più persone che lo ascoltino e entrino in dialogo con esso, è una forma di esclusione sociale, o forse, meglio, è un indicatore di esclusione sociale.
Certo, si dirà, molte volte è una scelta consapevole del lettore. Ma è una variante del ragionamento che distingue fra solitudine come scelta deliberata “per ritrovare se stessi” o, appunto, per leggere, una scelta dunque, da attivare a intermittenza; e l’esclusione sociale: la condizione sofferta di chi è spinto da varie circostanze, o anche da scelte rivelatesi poi sciagurate, lontano dagli incontri affettivamente e cognitivamente significativi, con altre persone.

L’esclusione sociale è una condanna. Essa ci dice molto anche sulla lettura e reciprocamente la lettura ci dice alcune cose sull’esclusione sociale. Pochi leggono fra le persone che sono escluse da relazioni sociali significative; e coloro che leggono ma sono esclusi da relazioni sociali significative non hanno nessuno con cui parlarne, e probabilmente ne soffrono, tanto è vero che spesso cercano un interlocutore, addirittura un co-lettore. (Ciò è ovviamente un’affermazione diversa dal dire che chi non legge non ha relazione sociali significative, affermazione completamente fuori luogo, credo).

Mi piace pensare che riconoscere un lettore fra chi è ai margini delle relazioni fra le persone, sia un primo passo per stabilire con questa persona un dialogo, a partire dal suo riconoscimento come possibile interlocutore attorno a una passione comune, una passione di cittadinanza.

Il coronavirus e la lettura

E il coronavirus che cosa c’entra? C’entra perché contribuisce a isolare, a ridurre le relazioni faccia-a-faccia che sono parte molto importante del riconoscimento del quale parlavamo prima; perché contribuisce a renderci tutti un po’ più isolati. Le attività di volontariato sono sospese, nelle carceri la vita di relazione con l’esterno si è complicata, e anche negli ospedali, nelle case di riposo.
I gruppi di lettura, temo, in queste settimane sono paralizzati, almeno nelle regioni colpite dal contagio. Le biblioteche sono chiuse, come i teatri, i cinema. Eppure potremmo usar la lettura per andare oltre: dovremmo entrare nei bar aperti con un amico e parlare delle letture; mostrare per le strade il libro che abbiamo con noi, cercare uno sguardo interessato, dire a questo sguardo che vorremmo, ci piacerebbe, articolare un ragionare, un dialogo, sul libro o su altro.

•Leggi anche: Il diritto di ascoltare

Ultimi articoli pubblicati

Unisciti ad altri 6.913 follower

5 risposte a “Lettura condivisa, esclusione sociale (e coronavirus)”

  1. Riflessione che fa pensare Luigi. Mi piace il passaggio in cui parli del bisogno di condividere il pensiero che una lettura conclusa suscita, condivisione con l’altro, anche il nostro “altro”. Vero sì, è tutto paralizzato. Il neonato Gdl a cui partecipo è sospeso dopo solo due incontri, in una fase in cui ancora ci si misurava e studiava. Verranno tempi migliori. Per ora ci siamo ripromessi di leggere ancora di più. Dopo avremo tanto da condividere, pensieri, emozioni, viaggi tra le pagine e magari più di un libro di cui parlare. Che gran fortuna potersi muovere nei molteplici mondi della lettura in questi tempi di immobilismo forzato!

    "Mi piace"

  2. Avatar lorenzo calandri
    lorenzo calandri

    ﷼}

    "Mi piace"

  3. Che bella riflessione!
    Sono in giro per prati a raccogliere asparagi (ho il permesso dei proprietari, naturalmente) e ora seduta sotto un bellissimo sole mi sembra di essere fuori da tutto.
    La riflessione è bella. Significativa, ancor di più.
    Non avevo mai pensato a questo aspetto. Io stessa spesso mi sento un’esclusa perché leggo.
    Sono stata addirittura additata per questo in passato. Ed era terribile non poter condividere .
    Ma io sono piena di strumenti: socievolezza, carattere. E quando sono approdata alla facoltà di lettere classiche ho trovato dei degni compari (a dire il vero, pochi anche là).
    Sarebbe bello integrare chi è davvero escluso socialmente attraverso la lettura e, necessariamente, la successiva condivisione.

    Devo complimentarmi per la scelta del quadro, antico e moderno allo stesso tempo: la modernità di questa mamma che riesce a leggere facendo sentire il bimbo pieno di attenzioni (gli tiene il braccio con gesto carezzevole) e nello stesso tempo educandolo alla lettura.
    Favoloso!
    Grazie.

    "Mi piace"

  4. purtroppo oggi già tutto il discorso cade, no bar no uscite all’aperto no panchine.

    Comunque il libro – per me – tende a tenere fuori il mondo e a farmi entrare in un altro. E lì, se il libro è buono sto bene.

    Sento ahimè sempre meno il bisogno di “condividere”. Ma oggi c’è internet i forum le mail le chat i whatsapp.
    L’esclusione sociale con queste cose non verrà contrastata, lo so. Ma secondo me nemmeno con la lettura.Coi carcerati potrebbe funzionare e funziona mi dicono le volontarie mie amiche ( ora chiuse in casa e loro poveracci chiusi in carceri in rivolta).

    Nella mia Biblio ad esempio, ora chiusa per ovvi motivi, posteggiano da uno-due anni alcune persone chiaramente socialmente escluse, senzatetto, “barboni” insomma.
    Stanno lì tutto il giorno, perchè fa caldo in inverno e fresco in estate.
    Praticamente inavvicinabili, uno tendenzialmente dorme e si lava nei bagni ( va bene eh), l’altra, una vecchia signora, ringhia se solo ti ci avvicini, ma legge tutti ma proprio tutti i quoridiani a lungo e con passione. E non li molla se no ti dà un calcio.
    Discorso difficile, Luigi carissimo…

    Ma volevo dirti una cosetta… ma questo “lettore”?
    Si, insomma, deve per forza sempre essere una parola maschile a dire anche le lettrici?
    ufffff io sono stufa marcia di questa cosa.
    Sono una donna, la parola lettrice esiste ( e se non esistesse bisognerebbe inventarne il femminile), almeno fare la fatica piccina di dire lettore E lettrice si potrebbe fare, dico io, no??
    un saluto notturno

    "Mi piace"

  5. Ciao Cristina, commento pieno di argomenti che meritano attenzione ravvicinata e precisa. Cerco di risponderti a pezzi.

    Comincio dalla fine: Lettrice e lettore. Hai certo ragione, anche perché, in verità, i lettori sono soprattutto *lettrici*. E poi per tutte le altre ragioni che conosciamo. Negli Stati Uniti, chi scrive si allinea al principio dell’equilibrio e usa alternandoli il femminile e il maschile; e in molti altri casi invece, privilegia gli esempi con il femminile. Si potrebbe fare così. Non l’ho fatto finora, né qui né nel libro, né nelle altre cose che scrivo, solo per abitudine (forse) e perché mi pareva un falso problema o perché nella parola “lettore” ho sempre inteso lettrice e lettore. Prometto, d’ora in poi mi sforzo, cercherò di usare sia il femminile che il maschile.
    Presto le altre risposte.

    "Mi piace"

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un’icona per effettuare l’accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s…

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: