La condivisione della lettura come modello di ricostruzione sociale, dopo il buio del virus

Jacob Lawrence, The Shoemaker, 1945 (WikiArt)

Quando finirà dovremo essere preparati. Preparati ad avvicinarci ad altre persone, di nuovo. Il che significa ricostituire la prossimità, ma, forse, anche ad avvicinarci in modo consapevole. Non superficiale, perché sia una prossimità morale.

Dovremmo prepararci a migliorare la nostra capacità di relazioni faccia-a-faccia, a riconoscerne la portata etica, e il fatto che la dimensione etica determini anche il significato delle nostre parole e dei nostri pensieri.

Insisto su questo anche perché sono convinto che le lettrici e i lettori abbiano a disposizione conoscenze, strumenti e attitudini che saranno ancora più preziosi, quando tutto questo sarà finito. 

Potrebbe non andare tutto bene

Ma questa ricostituzione del tessuto sociale sarà il frutto di un grande sforzo da parte di ciascuno. Non avverrà naturalmente o con facilità.

Non basta dire: “Andrà tutto bene”. Soprattutto perché limitarsi a proclamarlo può anche essere solo una fuga dalla realtà. L’ottimismo è benvenuto ma se è velleitario rifugio per non vedere le cose da vicino, per come esse sono fatte, è dannoso. E a questo punto i danni possono essere davvero gravi.

Per esempio perché chi è escluso dalle relazioni sociali ed è povero – e quasi sempre le due condizioni sono correlate – probabilmente vivrà, quando tutti sarà finito, peggio, più povero e più isolato.

Oppure, sappiamo che le gravi crisi economiche – e quella che seguirà a questa epidemia sarà una crisi gravissima – minacciano le democrazie, producono derive autoritarie, spostano i consensi verso i partiti e i movimenti fascisti, generano rigurgiti tribalisti, ostilità nei confronti degli immigrati, dei dissidenti, del pensiero critico: come gli strascichi della crisi del 2008 ci aveva già mostrato.

La solidarietà da balcone, con le canzoncine delle 18 sarà anche solidarietà e legalità, quando si considererà se sia giusto o no pagare le tasse? O quando si riproporrà la necessità di rivedere le norme sulla cittadinanza orientandole verso lo ius culturae e quando ci verrà chiesto di considerare se questo è un uomo, costretto a morire su una bagnarola nello Stretto di Messina. O ancora, quando dovremo riconsiderare i diritti di chi è rinchiuso nelle carceri sovraffollate e insensate del nostro paese.

Le grandi donazioni dei vip per far fronte all’emergenza sanitaria diventeranno anche norme per mettere fine alla grande elusione delle imposte o ai paradisi fiscali delle grandi imprese?

E le disposizioni amministrative che limitano la libertà personale – probabilmente necessarie – non si trasformeranno davvero nella permanenza del concetto di emergenza necessaria permanente, o non renderanno la pratica e l’idea della ricerca dell’untore, più esplicita, più radicale e normale?

Insomma, il tessuto sociale dovrà essere ricostituito, provando magari a farlo migliore di prima; saranno le politiche sociali, le politiche economiche, le norme sui diritti civili ma anche le pratiche quotidiani di ogni cittadino.

Il contributo dei lettori

E qui ritorniamo al modesto contributo che i lettori – e in particolare i lettori che amano condividere i pensieri generati dalla lettura – potrebbero dare a questa rigenerazione. Perché sappiamo che la condivisione di una lettura – intendo in particolare quella faccia-a-faccia – è soprattutto una pratica di espressione e articolazione complessa di un pensiero e di emozione che sempre però si intreccia in un dialogo, non è mai – pena la sua dispersione – un soliloquio: come abbiamo detto più volte, anche quando pensiamo, dentro di noi, alla nostra lettura, pensiamo per comunicare.
La condivisione comporta, come sua parte essenziale, anche l’ascolto, attento, non banale né scontato; comporta le domande e le risposte. La condivisione di storie d’altri insieme alle nostre, scritte o orali. Comporta fili che si tessono insieme. Ed è anche difficile, faticosa, va alternata ai momenti di solitudine; di lettura nella stanza appartata, nel silenzio.

Ma sarà un contributo prezioso; forse un modello per tutti gli altri.

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