I libri più belli, letti nel 2019

Henri Matisse, The Innatentive Reader, 1919
Henri Matisse, The Innatentive Reader, 1919

Eccoci anche quest’anno al post dedicato ai libri più belli, letti nei dodici mesi. L’appuntamento è diventato quasi un caso di studio: un vero gruppo di lettura esteso, un fiume di idee e consigli; a volte anche di schermaglie, quasi sempre confronti ricchi di stimoli e argomenti.
Ricordo le regole per chi non avesse mai partecipato:
1) scriviamo nei commenti i libri che ci sono piaciuti (ma anche quelli che vogliamo stroncare) e che abbiamo letto nel corso del 2019. Ovviamente è possibile mettere anche considerazioni, recensioni, fare domande.
2) Importante che ci si occupi di libri e cultura; evitiamo per favore, digressioni fuori luogo e tema, soprattutto digressioni di propaganda politica che ogni tanto si sono manifestate e che hanno generato un certo disagio.

Per leggere i commenti del 2018 (sono 28 pagine in tutto):
https://gruppodilettura.com/2018/03/25/i-libri-piu-belli-letti-nel-2018/comment-page-1/#comment-74568

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743 risposte a “I libri più belli, letti nel 2019”

  1. Ho un bel po’ di libri da leggere, poi oggi ne ho portati a casa altri.
    Non vedo l’ora…

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  2. @Camilla: Sottoscrivo dalla prima all’ultima parola. In una delle mie classi TUTTE (ma proprio tutte) le alunne asfaltano i loro compagni del sesso opposto, e mi piangerebbe il cuore se anche solo una di loro venisse relegata al mero ruolo di angelo del focolare.

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  3. cara Arcadia, non capisco:
    vuoi confrontarti con noi e parlare di libri su questo bel blog in cui Luigi ci ospita? benvenutissima. Ma usare questo blog per rimandare al tuo – liberissima di farne 1-10 -100 -a me sembra una furbatina proprio piccolina.

    Qui parliamo di libri da anni, con passione, competenza, vivacità e trasparenza.
    Se abbiamo bisognmo di altri spunti e altri luoghi di confronto credo che possiamo cercarli da sole/i. Almeno così penso io.
    saluti.

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  4. @ Cristina /. @. Arcadia

    dal post frettoloso che scrive Arcadia sembra di capire che si parli da o di una libreria. Effettivamente. c’ e’ una certa confusione. tra ” i migliori libri letti nel 2019″, le carote, le cime tempestose, la libreria ideale. Non è. possibile rimettere a posto i vari temi ? Come prima?
    ciao

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  5. @Cam questo Larchfield ha un fascino lento e del tutto inaspettato. Sono solo alle prime 100 pagine ma ho bisogno di sapere che la povera Dora avrà la sua rivincita su quei vicini insopportabili e bacchettoni!!!!!
    Vorrei prendere il manico della scopa e battere sul suo soffitto per ore e farli ammattire!!!!!
    Auden meraviglioso, così fragile e moderno e così misteriosa la padrona di casa reclusa..non so quanto romanzata sia la figura del poeta, non ne conosco ancora la biografia, ma l’autrice mi sembra bravissima nel tratteggiarlo. Finché si trova all’università non viene mai pronunciata la fatidica parola, non si può in un contesto tanto ristretto e perbenista, ma quando finalmente se ne va in vacanza a Berlino, ah allora lui (e noi con lui) respira la tanto agognata libertà e “omosessualità” viene scritta, con naturalezza e verità, come finalmente dev’essere, e pure il lettore di sente finalmente liberato dall’ipocrisia!
    Nel pomeriggio poi, leggendo un vecchio Robinson , ho scoperto un blog di ragazzi, qualcunoconcuicorrere, tra le tante cose interessanti ecco che hanno commissionato ad un gruppo di autrici e autori del racconti su uno specifico tema, “La fuga” , e ne ho trovato una puntata di farenheith dedicata proprio a questa antologia ! Beh , davvero brillante!! Vediamo se riesco a incollare il link.
    Ciao a tutti

    https://www.raiplayradio.it/audio/2018/11/FAHRENHEIT—IL-LIBRO-DEL-GIORNO-AAVVLa-fuga-Il–Castoro-69b8e580-3363-491a-93d8-73206292dc11.html

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  6. Camilla, a destra vengono fuori i titoli dei post appena scritti in ordine cronologico, quindi si accavallano,, cechov, i Gdl o I libri più belli.
    Ma appena sotto C’è Classifica articoli e pagine – vai su quello che più ti sta a cuore.
    Arcadia … no, non è una libreria. una blogger che si intrufola direi. e vabbè.

    Ho saputo da Luigi che sta leggendo Vilas su mia istigazione, sono davvero curiosissima di leggere le sue impressioni.

    Edita bella quella cosa di qualcuno concui correre!!

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  7. @Tutti
    Il giudizio su un libro può talvolta metterci in difficoltà soprattutto se lo abbiamo trovato piuttosto ostico e di difficile lettura: da un lato non ce la sentiamo di consigliarlo alla leggera, dall’altro percepiamo che, pur nelle tortuosità disegnate dall’autore, qualcosa da regalarci il libro ce l’ha. Leggere “La ragazza con la leica” di Helena Janeczek per me non è stata proprio una passeggiata, anzi, confesso che nella parte centrale del libro la tentazione di chiuderlo definitivamente stava per avere la meglio. Cosa posso dire, ora, a lettura ultimata? Alla fine, dalla scrittura impressionistica dell’autrice (è uno di quei quadri che va visto nell’insieme, senza affannarsi a cogliere tutti i particolari, almeno di primo acchito) la figura di Gerda Taro, giovane donna, volitiva, piena di fascino, coraggiosa e determinata, esce ben delineata e con una sua coerenza.

    La storia, raccontata da più punti di vista, ci riporta al periodo della Guerra di Spagna e della lotta antifascista. Gerda, giovane ebrea tedesca, tra amori e stenti, anche grazie al rapporto con Robert Capa, da dattilografa diventa fotoreporter di guerra. La relazione con il fotografo ungherese è bilanciata: entrambi ne traggono motivo di crescita professionale e umana. Il libro svela subito la fine: l’indomita combattente muore sotto i cingoli di un carro armato e a Parigi una folla osannante la onora con un ultimo saluto.

    Al libro il merito di avere attirato la mia attenzione su questa donna straordinaria devo riconoscerlo: su Gerda Taro, Gerta Pohorylle all’anagrafe, ho già prenotato un volume fotografico.

    Ciao,
    Mariangela

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  8. A mio giudizio non è corretto dire che Arcadia si è intrufolata. Questo verbo andrebbe bene se questo blog fosse una proprietà privata, che lei ha violato sfondando una finestra o scassinando la porta. Ma dato che questo è un blog pubblico, in cui chiunque può leggere e intervenire, lei ha semplicemente fornito un contributo. Che può piacere o non piacere, ma che non va mortificato.

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  9. Questo è un blog dove la gente scrive e si esprime su libri e cultura- non una vetrina per altri blog che vengono qui a farsi pubblicità.

    Luigi la pensa come me. Non ce ne cale di cosucce così piccine, ma le cose stanno così.

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  10. Mariangela, grazie. Già non avevo molte intenzioni di leggere Janeczek. La trama può affascinarmi – ma il contatto che ho avuto con la scrittura dell’autrice me ne allontana – Le rondini di Montecassino sono state da me abbandonate per fatica e noia e non piacere verso pagina 100.
    A me non interessano scritture così poco legate e disomogenee e insomma. no grazie, a me la storia DI UN PERSONAGGIO INTERESSANTE NON BASTA.

    Invece sto leggendo un libro assai assai bello

    Peter Hoeg, danese, ( quello de Il senso di Smila per la neve– ricordate?)-
    scrittore dalla vita molto avventurosa e interessante già lui- questo libro si chiama I QUASI ADATTI. storia di 3 ragazzini problematici nel loro peregrinare da un brefotrofio a un riformatorio a una scuola speciale.
    Le torture degli adulti, i professori, gli ispettori, i sorveglianti crudelissimi e sadici ( i silenzi, le privazioni, i controlli, gli abusi, le botte la manipolazione totale- le strategie di sopravvivenza – le fragilità- la disperazione, la solidarietà. Duro e tenero insieme, un libro davvero molto bello con riflessioni continue e folgoranti.sul senso del tempo e sul dolore dell’infanzia violata.

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  11. @Cristina: Un’idea è giusta o sbagliata a prescindere da quante persone concordino con essa, quindi il fatto che Luigi ti sostenga conta fino a un certo punto.
    Ad ogni modo, io contestavo soprattutto il modo in cui ti sei rivolta ad Arcadia: c’era un’evidente volontà di mortificarla e di farla sentire fuori luogo. Cosa che peraltro fai molto spesso: non so se Luigi approva anche questo, ma a mio giudizio faresti bene a rivedere questo tuo atteggiamento. La mia è una critica costruttiva, non una provocazione.

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  12. @Mariangela lo sto leggendo anch’io. Regalo natalizio di mia figlia. Sono all’inizio ma ho già colto debolezza nella scrittura. Lo finirò comunque perché mi interessa la storia di Gerda Taro

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  13. @ Cristina Bello Peter Hoeg, belli i suoi libri, tutti. Lui è. molto impegnato politicamente , la moglie è. africana e lui un tipo in gamba assai. I QUASI ADATTI e’. un libro drammatico e bello. Belli anche gli altri romanzi. Ricordo con particolare piacere LA DONNA E LA SCIMMIA che (ormai una decina di anni fa’) scandalizzò parecchi. E’ anche assai avventuroso e divertentissimo. Per me. baci Cam

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  14. @ tutte/i. ci siete ancora.Non vi leggo da giorni. Cam

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  15. Cara la mia Cam,
    sono piena di casini, di ogni genere, una tegola dopo l’altra, salute, soldi, figlio, casa, per non parlare del contorno che se alzo gli occhi mi viene la nausea.. Anche le altre ragazze qua, mi sono sembrate incasinate.
    Io,A singhiozzo, quindi, anche leggo. Peter Hoeg mi piace, grazie dei titoli! devo rileggere il senso di Smilla.
    Per ora mi diletto con Elevation… di…STephen King!

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  16. Buongiorno a tutti!
    Ho finito BIANCO COME DIO di Nicolò Govoni, un vero mito per me. L’esperienza di volontariato e di vita impegnata di un ventenne supersonico.
    L’ho scovato su FB qualche tempo fa (su fb seguo sempre e solo gente migliore di me, più buona, più attiva, più umile) è l’unico modo per trarne utilità. E il mondo, quando apro fb, mi sembra addirittura più bello.

    @Giulio
    Che bello sentire che hai letto TERRA MATTA di Vincenzo Rabito!!!! Pensa che ne parlò a lezione un mio prof dell’abilitazione (Linguistica e dialettologia) a Catania nel 2007. Lo segnai ma non era il momento. Poi mio fratello, lettore assai discontinuo e dai gusti fugaci, mi telefona per chiedermi se lo conosca, visto che in Abruzzo in due gliene hanno detto meraviglie. Così lo compro ed entro nella testa di questo “cantoniere siciliano semianalfabeta” che non sa neanche di aver vinto il Premio Pieve nel 2000.
    Una vita pazzesca, come è pazzesca la storia redazionale del libro che come dici tu è stato scritto in sette anni (dal 1968 al 1975) su una macchina da scrivere, poi consegnato dai figli, pure loro lungimiranti allo stesso modo della casa editrice che poteva non credere nell’operazione linguistica.
    Credo di aver scritto qualcosa in passato, ma certo io sono siciliana e per me è stato (relativamente) semplice ricostruire la lingua che è cangiante come il parlato.
    Ci sono pochissime note rispetto alla difficoltà del testo. Una meraviglia!

    Ciao.

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  17. @ Cristina forza Cri, anch’io ho passato (passo, sto passando) un invernaccio, pieno di magagne. E’ sempre freddo, anche se splende il Sole e la mia bronchite cronica e’ furente, e ho altre scocciature. Ma leggo lo stesso e così tiro inanz. Per non parlare del governo e del ddl. Pillon! Un abbraccio Cam
    Si parla ancora di Rabito , a me ora come allora, sta sullo stomaco. Se ne discusse parecchio molti ani fa’. Non amo l’Italia arcaica, una cultura difficile da superare, da cui emergere …finalmente.

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  18. @Cristina, in effetti non sei sola a navigare al buio. Anche per me momentaccio.. a differenza tua leggo poco, saltuariamente. Quando riesco mi distraggo con serie tv simpatiche e ben fatte. Ce ne sono e impegnano meno il mio cervello stanco.
    @Giulio e Jezz sembra interessante il libro di cui parlate,,ma mi par di capire che presenta difficoltà linguistiche, vero?

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  19. @Cam
    il mio interesse nasce dal fatto che mi hanno sempre attirato le cose del passato, non a caso ho studiato Lettere classiche prima nell’indirizzo archeologico poi storico.
    Naturalmente, il libro di Rabito ha quella marcia in più per me che sono figlia di un uomo del 1930 e nipote di un uomo che è nato nel 1890. Rabito parla di una Sicilia che conosco bene attraverso la tradizione di famiglia. Poi certo ognuno tiene sullo stomaco quel che gli pare…liberissima.

    @Dani
    come sai, ognuno di noi affronta le cose con piglio motivazione preparazione completamente diverse; chissà che per te non scorra fluido.
    Buona domenica a tutti.

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  20. @dani@Jez@tutti
    con anni di Montalbano alle spalle non dovresti avere nulla da temere dal libro di Rabito..
    parola di un nordico padano ma con con moglie siciliana!!!

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  21. @Tutti @Cla

    Avevo trovato Zoran Živković particolarmente appassionante nei racconti di “Sei biblioteche”, non così nel libro che ho appena finito intitolato “L’ultimo libro”. Anche qui l’attenzione rotea attorno a libri, lettura elettori. L’ispettore Lukic si è alle prese con misteriose morti che avvengono in una libreria: il motivo dei decessi rimane misterioso e si pensa ad un libro avvelenato come nel romanzo di Eco “Il nome della rosa” o a qualcosa del genere.

    Secondo me, che di gialli non me ne intendo, manca troppo di suspence e tutto e molto diluito e, d’altro canto, anche i tentativo di sterzare verso l’assurdo a mio parere non riesce.

    Per me un libro così così, volevo chiedere a tutti voi, e in particolare a Claudio che è un avido lettore di gialli, se per caso conosce questo autore serbo, molto tradotto in tutto il mondo.

    Ciao,
    Mariangela

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  22. Rotea? perchè Mariangela, perchè?

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  23. Elevation ultimo uscito di Stephen King breve e scritto in caratteri grandi è una parabola morale, molto molto bellina e tenera, con un messaggio di tolleranza e pace universali, che tipetto questo scrittore eh ( sai la scoperta)

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  24. @ Jezz
    Mi dispiace moltissimo di averti offesa parlando di Vincenzo rabito e della sua dolente storia sempre in lotta col suo scarso alfabeto, ( perché. in quegli anni gli uomini erano buoni solo per le due spaventose guerre? Perché al nord , ex impero austroungarico era obbligatorio frequentare la scuola dalla prima all’ottava, ancora. dall’ ottocento? E nessuno “poteva essere analfabeta,
    perché non si è mai fatto nulla di importante per il sud Italia ?
    Perché una storia come quella di Rabito che dovrebbe solo far fremere di indignazione , viene commercializzata e letta con una forma di compassione di cui non credo che l’autore sarebbe stato felice? Giusto conoscerla ma non con nostalgia bensì con lo scandalo dell’ingiustizia, della arretratezza politica come quando si guarda all’analfebetismo protrattosi fin agli anni sessanta e non come a un fenomeno positivo, in qualche modo letterario. . Evidentemente. non mi sono resa conto che le mie poche parole”(stare sullo stomaco) potessero essere offensive . Credimi non volevano. esserlo, anzi. Ti prego. di scusarmi. Cam

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  25. che buffo, anche il padre di mio figlio, nato in Istria nel lontano 33, mi diceva le stesse cose che dice qua sopra Camilla – l’analfabetismo nel regno di Cecco Beppe era considerato un disonore anche per i contadini e comunque “se venivano gli sbirri ad arrestarci venivano …coi guanti bianchi e ci davano dei voi”. Un’altra idea di società e di rapporti col potere dove la dignità aveva un altro valore.
    La storia dei sud Italia infatti è di sconvolgente arretratezza socio culturale per colpevole ignavia delle classi di potere di quei luoghi.
    Una testimonianza di disdoro – quest’uomo , se capisco bene, – per la sconvolgente situazione in cui erano tenute le classi subalterne ( e anche oggi, sanno leggere e scrivere in moltissimi, ma non hanno l’uso del ragionamento….no??).

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  26. Mariangela non conosco l’autore che descrivi. Normalmente io leggo i soliti che sono Nesbo, Lackberg, Connelly (Harry Bosh), Nesser, Alicia Gimenez Bartlett per quanto riguarda gli stranieri e Camilleri, Di Giovanni, Robecchi, Manzini, Carofiglio (solo in parte giallista) per quanto riguarda gli italiani. Poi ovviamente gli storici Agatha Christie e Conan Doyle.

    Per Cristina, sto leggendo Missiroli e devo dirti che fatico in quanto è una storia sentimentale. Mi ricorda Vasco Pratolini, del quale ho letto tutto in quanto feci la tesina per gli esami di maturità, solo con la tecnologia attuale, cellulari etc….si puo’ leggere in tutto relax….direi leggerino come i miei amati gialli.

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  27. A tutte e tutti buon inizio settimana, a chi è in difficoltà un – FORZA! – pure io poco tempo per leggere..

    @Mariangela quel “L’ultimo libro” di Živković l’ho letto alcuni anni fa, mi aveva incuriosita la copertina e anche la trama ammiccava a qualcosa di interessante ma poi è stato una grande delusione, ricordo poco , mi è rimasta l’impressione di un romanzetto debole, inconsistente, inutile.

    @Cam bella, l’incontro inaspettato di Dora e Wystan ha risollevato il mio umore 🙂 !

    Per la lettura ad alta voce a mia figlia invece , ho acquistato una piccola perla : Oltre la porta magica. Racconti trovati in soffitta di Emmanuelle de Saint Chamas – Benoit de Saint Chamas . ed. EL
    copertina rigida, pagine lucide e lisce, poche belle immagini.

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  28. @Claudio: Per quanto riguarda Connelly, è un peccato che tu ti sia limitato alla serie di Harry Bosch: ti consiglio di leggere anche “L’ultimo giro della notte”, in cui introduce un altro personaggio fenomenale (la detective Renée Ballard).
    Per quanto riguarda Agatha Christie, se non l’hai già fatto leggi la sua raccolta di racconti “Parker Pyne indaga”: sono uno più bello dell’altro.

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  29. Missiroli ricorda Pratolini? mi pare strano, Claudio, come accostamento.
    Comunque anche l’altro libro era una serie di storie sentimentali, se non ricordo male, certo molto centrato su un io maschile introspettivo e autocritico.
    Pratolini a me non riesce più sopportabile, per la lingua più che altro che trovo davvero polverosa e fativcosa, , ma ricordo comunque altro spessore e respiro sociale.

    Pter Hoeg. I racconti, niente male. Da rivalutare questo scrittore.

    Ieri Robinson dava per la prima volta dei pallini di giudizio ai libri ( max 4 – min 1) tutte scorciatoie delle scorciatoie delle scorciatoie). Mi ha solo fatto piacere concordare con 1 sola pallina a L’incolore ….. di Murakami Haruki.
    So che a qualcuno qui piace, ma di leggerezza in leggerezza si rischia l’evaporazione.
    Ho bisogno di senso, di senso solido letterario.

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  30. No Wwayne, naturalmente ho letto tutto di Connelly anche la Ballard che secondo me diventerà prima o poi la detective principale. Ho scritto Harry per far capire a chi lo segue poco a chi mi riferivo visto che è sempre stato il personaggio principale nei suoi libri. Un po’ come Harry Hole per Nesbo. Riguardo ad Agata leggero’ senz’altro Parker Pine che mi manca. Grazie Wwayne.

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  31. @Claudio: Di nulla! E anche secondo me Renée Ballard è destinata a diventare il suo personaggio di maggior successo. Soprattutto se riuscissero ad ingaggiare un’attrice di serie A per interpretarla al cinema o in tv.

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  32. @Cla @Editalara
    Grazie per le vostre risposte. Sì, Edit, in effetti “L’ultimo libro” di Živković se non quello di “inutile”, merita l’aggettivo di “inconsistente”.

    @Tutti @Cristina
    Ho finito “Piccola guerra perfetta” di Elvira Dones, da te consigliatomi, e sono molto contenta di averlo letto.

    È un romanzo che miscela in giusta dose di fatti storici e intreccio di fantasia, non è un romanzo storico in senso stretto, ma dà bene l’idea della vita durante la guerra, la vita sotto assedio. La Nato bombarda il Kossovo a seguito dell’invasione da parte della Serbia, tre donne si trovano asserragliate in un appartamento, a Pristina, non possono uscire se non a rischio della vita, anche l’approvvigionamento del cibo quotidiano può essere motivo di morte. Sono in contatto con conoscenti all’estero grazie a una linea telefonica ancora funzionante (è intestata ad un serbo).

    Il racconto regge bene, scorre e fino in ultimo, diversamente che in “Vergine giurata”, sempre di Donez, l’autrice mantiene un filo coerente e lucido.. C’è la vita di queste tre donne con i loro amori e i loro affetti, e quella di due ragazzini in fuga. In aggiunta alla parte romanzata c’è anche tanta storia vera, una parte della storia recentissima della ex Jugoslavia che a me a suo tempo era scivolata addosso. Tante volte avevo sentito alla televisione del Kosovo, ma mai ero stata coinvolta emotivamente dalla gravità di quei fatti, pur così vicini a noi geograficamente.

    Da amante della saggistica, devo ammettere che talvolta la narrativa, con il suo carico di conoscenza rielaborata, ti coinvolge in argomenti in modo più inaspettato che non un saggio. Colgo l’occasione per rispondere a Camilla, che in un post di qualche settimana fa mi ingiungeva di non “giocare” con un argomento tanto doloroso quale la guerra: adesso che ho letto questo romanzo capisco quanto grande e forse anche colpevole sia stata la mia indifferenza di allora!

    Ciao,
    Mariangela

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  33. @cla055. Che bello , tutti questi gialli, noir, polizieschi sono una grande e disintossicante lettura. Conosci Andreu Martin?(Corpus delicti p.es.)e Cara Massimina di Tim Parks.neri neri . Cam

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  34. @ Marian Il famoso grande libro , di Mathias Enard ZONA ( 2011)e’ un Iliade moderna. E’ il Libro della guerra, delle Guerre, e dell’uomo ammalato di guerra. Credo che sulla guerra, la sua ferocia insensata,la crudeltà senza limiti che travolge ogni ragione, l’ assenza di ogni pietas, ZONA e’ il libro dei libri. Paragonato a LE BENEVOLE di Littel racconta le guerre di tutti i tempi e la fragilità umana di un colpevole assoluto. Un libro importante da tenere come una bibbia. ciaociao. Cam

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  35. “Perché continui a raccontare solo storie di donne, mi chiedono.
    Come se fosse strano, come se fosse un vezzo, come se le storie delle donne fossero una sottocategoria della narrativa che va giustificata in se stessa.
    La risposta è in questa prefazione che ho scritto per PostPink, un’antologia di fumetto femminista che è uscita per Feltrinelli ormai da qualche settimana.
    Il ragionamento che contiene vale per il libro, vale per tutto il mio lavoro e vale soprattutto per lo stato dell’arte delle donne in Italia, specialmente alla vigilia di un congresso misogino, retrogrado, incivile e discriminatorio come quello che sta per tenersi a Verona il 29 marzo per mano di quell’organizzazione di odio che è il sedicente “Congresso Mondiale delle Famiglie”
    —————————
    In Sardegna quando due persone si incontrano dopo molto tempo non si chiedono “come stai?” – domanda invadente quanto poche altre – ma si dicono a vicenda: “Ite mi contas?” Cosa mi racconti? Quella domanda aperta a tutte le possibilità è allo stesso tempo rispettosa e liberatoria. Il punto vero dell’incontro tra due persone non è infatti l’anamnesi reciproca dello stato di salute o d’animo, ma l’apertura di uno spazio di ascolto in cui l’altro può raccontare da sé la sua storia. Se vuoi comunicare a qualcuno che per te non esiste basta non fargli mai quella domanda. Per questo avere o non avere la possibilità di generare una narrazione di sé è la condizione più politica che c’è. Quando si dice che la storia la scrivono i vincitori si pensa subito alle guerre, agli sconfitti e ai trionfanti, alla visione militare della cose. Omero però ci ha dimostrato che talvolta i vincitori hanno cantato anche le gesta dei vinti, se i vinti erano uomini. Per questo, anche se Troia è caduta, noi sappiamo di Ettore quanto di Achille, di Paride quanto di Menelao, di Priamo non meno che di Agamennone. Tutti eroi, tutti con un racconto, ognuno a suo modo immortale, a comprova che gli unici vinti della storia sono quelli la cui storia non esiste.
    Lo sapeva perfettamente Alison Bechdel quando disegnò la famosa striscia da cui si originano i tre parametri del test che prende il suo nome: la storia delle donne esiste solo se ce ne sono almeno due, hanno un nome proprio e parlano tra loro di qualcosa che non siano i maschi. Sono parametri che giusto l’Iliade, scritta quando l’epica militare era la sola narrazione immaginabile e le donne erano suppellettili domestiche, poteva giustificatamente permettersi di non rispettare. A guardare molte delle narrazioni contemporanee viene però da chiedersi se quei duemilaottocento anni nella testa di chi scrive storie siano trascorsi invano. Le condizioni di Bechdel sono infatti essenziali per costruire una storia con personaggi autentici. Essere in due e avere un nome è la condizione della piena soggettività: quella che combina identità e relazione. Avere un nome da soli infatti non basta: bisogna che quel nome sia pronunciato da qualcun altro perché si attivi la detonante dinamica del riconoscimento. Bechdel però in quel colpo di matita ha avuto un’intuizione più profonda: ha capito che la relazione tra due soggetti non è definita solo dalla loro presenza fisica e nominabile, ma anche dagli immaginari di cui si fanno portatori. È una consapevolezza che spesso capita di raggiungere assistendo alle conversazioni tra madri di bambini in tenera età: possono parlare dei rispettivi figli per così tanto tempo che chi osservasse quegli scambi alla fine saprebbe quasi tutto delle abitudini, dei vezzi e del carattere dei piccoli assenti, ma niente delle donne che li hanno messi al mondo. Bechdel è riuscita a dire in due balloon una verità che chi studia i colonialismi sa da sempre: i rapporti dominanti sono quelli dove uno dei due soggetti sa definirsi solo in funzione dell’altro. Ecco perché due donne con un nome che conversano tra loro non sono sufficienti per dire che sappiamo chi abbiamo davanti. Se quelle donne parlano per ore solo di un uomo non stanno raccontando altro che la sua storia, mai la propria, e al contempo stanno offrendo la dimostrazione plastica che fuori da quella storia non c’è nulla di sé degno di essere detto. Credo sia per questo che i narratori, a differenza delle narratrici, affrontano molto raramente l’inversione di genere nella scelta dell’io narrante. Non si tratta banalmente di “immaginarsi donna”, ma di credere fino in fondo che le storie delle donne abbiano la stessa dignità di racconto di tutte le altre. “Immaginarsi donna” del resto è stato difficile anche per le donne stesse, dopo secoli passati ad ascoltare storie di uomini raccontate da uomini, in cui le poche di noi presenti avevano più che altro funzione accessoria. Ciascuno cresce solo se sognato, diceva quel grande educatore che è stato Danilo Dolci, ma per le donne – che sognate in fondo lo sono da sempre – è stato necessario qualcosa di più: per cominciare a esistere nel nostro stesso immaginario abbiamo dovuto diventare capaci di sognarci fuori dai sogni degli uomini e cambiare completamente di prospettiva, consapevoli del fatto che per secoli ci siamo guardate l’un l’altra vedendo solo quello che avrebbe visto un uomo. Questo fanno le narrazioni: ti impongono lo sguardo sulla realtà e anche se gli occhi rimangono i tuoi, i parametri con cui osservi non ti appartengono più. È il motivo per cui di storie ne servono molte, moltissime, per non diventare schiavi di un solo punto di vista sulle cose. È anche la ragione per cui va combattuta con tutte le forze una visione editoriale che sostenga ancora l’equivalenza “romanzo d’amore = romanzo femminile”, perché sottintende che le donne – sia che quei libri li leggano, sia che li scrivano – non sappiano dire chi sono, ma solo di chi sono. Il risultato è che, a forza di leggere di noi stesse una storia sola, per troppo tempo ci siamo convinte che nella vita il nostro perché fosse in realtà un per chi. Uno sguardo domesticato da un’unica narrazione e da una monoprospettiva non si libera in un giorno e il processo di decolonizzazione dello sguardo delle donne su se stesse è ancora in atto, faticoso e lento; però è iniziato. Abbiamo imparato a dire che siamo desideranti, non solo desiderabili. Pensanti, non solo pensate. Agenti, non solo agite. Soprattutto siamo diventate narranti per non essere mai più solo narrate. Questo libro è un fulminante frutto di questo percorso immaginifico. Quando mi sono arrivate le prime tavole il dato evidente era proprio quello di avere per le mani qualcosa di estremamente consapevole. Tra le sue pagine ogni autrice, chiamata a raccontare con parola e tratto uno dei possibili volti della prismaticità femminile, ha agito con un istintivo misticismo, come se ognuna sapesse perfettamente che il Verbo – l’idea divina di sé – si fa carne solo se si fa anche carta e passa di mano in mano come un viatico rinnovante. Le voci delle loro personagge dicono tutto quello che una donna sa dire di sé, compreso quello che per troppo tempo dire non si è potuto. Sono domande, per lo più, e non semplici. Quanto Dio si può incontrare in un corpo felice del suo orgasmo? Sono davvero i centimetri la misura adatta a dire l’enormità che siamo? E poi cos’è il consenso sessuale, se c’è un mondo intorno che non immagina che tu possa dire il tuo no? Domande come queste, ma le risposte, come in tutti i libri intelligenti, restano sospese in mano a chi legge. L’unica domanda che ne pretendeva una subito è quella che in ognuna di queste storie ha attivato la magia politica del riconoscimento: cosa mi racconti?”
    —————————-

    — quanto sopra è tutto inchiostro della penna di Michela Murgia, l’ho copiato per voi da FB perchè l’ho trovata luminosa, illuminante e appuntita come e più di sempre.
    Il libro a cui il testo fa da prefazione è di Feltrinelli comics e si chiama POST PINK antologia di fumetto femminista ( domani esco e corro a prenderlo al volo, oramai coi fumetti e le graphic novel non ho nessuna barriera, anzi=

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  36. ZOna,, benedetta Cam, dovrò pur decidermi a leggerlo.
    Mariangela, sono contenta va’ che Piccola guerra perfetta abbia fatto quell’effetto là. a me mi aveva folgorata ( Dones è scrittrice brava!!)

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  37. Camilla a me piacciono i gialli, in cui c’è un crimine, una persona che l’ha commesso e tutto il racconto si svolge nella ricerca del colpevole. Che una volta trovato riporta le cose a posto e tutto ritorna come prima. Nel noir invece non è detto che tutto riporti alla cattura del colpevole. Normalmente si svolge in periferie malfamate e la violenza fisica la fa da padrone (la violenza mi indispettisce, non vado mai a vedere film che si basano sullaquantità di sangue irrorato). Grazie per avermi segnalato i due titoli. Ora vado su Ibs e vedo se sono gialli o noir ed in caso mi do da fare per trovarli e leggerli.

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  38. @Cam
    ma no Camilla, offesa per nulla.

    Sull’analfabetismo, certo, ci sono tutta una serie di considerazioni da fare, e tu hai dato già un primo avvio.
    Lui scrive con una rassegnata visione della vita e della Storia: a 7 anni gli è toccato andare a lavorare a causa della morte del padre. Io di sicuro non ho nostalgia di questo, come non ne ha Rabito.

    @Cristina
    S. King è una cosa incredibile.
    Ho appena finito uno dei suoi libri più scioccoloni, ma dentro ci sono storie e racconti e collegamenti.
    Dove pesca tanto narrare?

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  39. @ cla
    i libri che ho citato sono nerissimi, solo delitti senza castigo. Quindi non di tuo gusto.Anche se sono talmente ” tremendi” da risultare comici. Parks , in cara Massimina, ha anche tutto l’umorismo tipicamente inglese che , se piace, e’ irresistibile. Forse sono un tantino perversa. ciaociao e buonissime letture.
    @ Jezz. comunque sono stata sciocca e superficiale. Ho la pessima tendenza a giudicare negativamente. quello che non piace. a me. Un abbraccio. Cam
    @ Cristina ho letto il pezzo di Michela. Murgia, con cui sono ovviamente d’accordo. La mia recentissima ” bisnonnita’ mi ha portato a una serie di ulteriori riflessioni. Per es. la donna non è. interessante se non quando e’ IN STATO INTERESSANTE, cioè incinta , e qui le riflessioni si sprecano. Ciaociao Cam

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  40. A volte si trova ciò che non si cercava..e si scopre qualche meraviglia!
    E’ esattamente un senso di meraviglia che mi ha colta mentre, cercando in rete notizie dei cent’anni di Lawrence Ferlinghetti, (poeta che mi piace molto, mitico fondatore della City Lights a San Francisco con le sue altrettanto mitiche pubblicazioni “beat” costate parecchie denunce ! ) mi imbattevo in una per me sconosciuta piccola casa editrice, la Pulcinoelefante .
    Una storia di amore per la poesia, la carta pregiata , la bellezza.
    I libri non si possono acquistare …

    ecco i link se vi incuriosisce:

    https://www.illibraio.it/pulcinoelefante-intervista-314388/

    https://www.corriere.it/bello-italia/notizie/caso-pulcinoelefante-libri-li-faccio-casa-nome-bellezza-italia-bello-c8ac7d7e-9f53-11e5-a5b0-fde61a79d58b.shtml

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  41. Domandina ina ina al nostro Wwayne che apprezzava la Giorgia in maniera ossessiva: che ne pensa della sua partecipazione a Verona nel covo medievale a discutere del nuovo che avanza. La nostra che parla di famiglia tradizionale ed ha un figlio senza essere sposata…..Mi ricorda tanto negli anni ’70 quando ci fu il referendum sul divorzio che persone come Almirante, Fini, Casini martellavano sulle menti degli italiani spiegando che il divorzio era il peggior male che potesse colpire l’Italia. Almirante era già separato e Fini e Casini divorziarono qualche anno dopo (Casini addirittura 2 volte). Mi scuso per essere fuori tema del blog ma non ce l’ho fatta. La coerenza questa sconosciuta.

    Saluti a tutti, Claudio

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  42. Senza poi parlare del comandante che, partecipante anche lui al convegno sulla famiglia tradizionale, ha una figlio da una donna, divorziato, convive e si accoppia con un altra, altro figlio, ed ha pure il tempo di fare la morale agli altri. Che gente….che coerenza.

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  43. @ cla. da quando ho letto il del Pillon sono fuori di me. Mi sto dando da fare con altri per far capire l’ orrore fas usta di questo pillon
    .Il Medio Evo c’entra poco, o niente , qui si parla dl regressione agli anni più bui del recente passato. Al fascismo e ai suoi …i distruttibili miasmi.Le donne della mia età hanno lottato per divorzio, aborto, omofobia ecc. E ora marcia indietro. Atroce. M non ne parlerò. più . Ciao. Claudio. Cam

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  44. Noto che il mio commento precedente è finito in moderazione: prego Luigi di approvarlo, perché censurandolo mi farebbe fare la figura del codardo che scappa dalla domanda che gli ha rivolto Claudio, e non è assolutamente così.

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  45. @Tutti

    Chiunque sia interessato alla letteratura dei paesi dell’area balcanica, dalla ex Jugoslavia all’Ungheria, dalla Bulgaria alla Grecia, non può perdersi questo libro:

    ►Diego Zandel, “Balcanica: viaggio nel sud-est europeo attraverso la letteratura contemporanea”, Novecento libri, 2018, 245 p.

    Figlio di esuli fiumani, l’autore dichiara subito nella prefazione tutto il suo amore per questo mondo, vicino al nostro geograficamente, ma lontano per cultura e storia. Il libro prosegue poi diviso in capitoli dedicati ai diversi stati: dopo una breve introduzione, seguono alcune recensioni delle opere degli autori ritenuti i più significativi (non le ho lette tutte, ma il libro lo riprenderò senz’altro quando avrò al mio attivo qualche libro in più di questa letteratura per potermi confrontare, se pur non ad armi pari, con l’autore).

    Libro interdisciplinare, offre molto sia come fonte (io vi ho già felicemente attinto) sia per la visione anche storica che riesce a consegnare, pur nella sua brevità.

    Consigliabilissimo a quei gruppi di lettura che decidono di seguire un filone letterario e che vogliono crearsi un percorso dedicato a questi paesi.

    Ciao,
    Mariangela

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  46. @Mariangela
    Grazieeeeee!
    Lo prendo subito. La cultura dell’Est mi appassiona.

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  47. La cultura ( cioè le culture) dell’est sono pozzi di cupa ferocia, a volte e con ciò non voglio banalkizzare nulla nè fare generalizzazioni sceme, ma a me affacciarsi su quei paesi ha strinato l’anima.. Vedi Albania e Balcani. A me i libri sulla guerra balcanica hanno fatto sempre venire i brividi ( e ne ho letta parecchia di quella letteratura, assolutamente travolgentemente grande).
    So che c’è molto altro, ma quell’ombra mi rabbuia tutto.

    PS Vi pregherei di leggere Il post Su Manuel Vilas che Luigi ha postato da poco, libro che ha letto su mia istigazione.

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  48. @Tutti @Jezabel @Cristina

    Jez! Vedrai che ci troverai tante idee di lettura!

    Cristina, ti rabbuia l’anima perché, forse, proprio come sto cercando di fare io, ti sei rivolta ai romanzi che parlano di quella tragedia che sono state le guerre jugoslave degli anni ’90, e sono libri che veramente, lo ripeto, ti fanno capire quanto possa la letteratura aprirti la mente (a me sta facendo capire adesso quanto indifferente io sia stata allora!) però ci sono anche libri diversi, calati in una quotidianità più normale. Penso.

    Tra gli scrittori croati, Zandel annovera anche Slavenka Drakulić, consigliata qui da te, Cristina. Ricordando che questa scrittrice ha proposto tematiche femministe e di costume, afferma che come altri importanti autori di questo paese ha dovuto lasciare la Croazia a causa della sua posizione critica nei confronti dell’imperante nazionalismo. Cita anche il suo ultimo libro, “L’accusata”, pubblicato in Italia da keller.

    [Diego Zandel, “Balcanica: viaggio nel sud-est europeo attraverso la letteratura contemporanea”,Novecento libri, 2018, pp. 67/68]

    Visto che di Drakulić mi era piaciuto un libro sulla vita quotidiana nella Jugoslavia comunista, sono incuriosita: voi conoscete “L’accusata”, appunto, l’ultimo suo tradotto in italiano?

    Ciao,
    Mari

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  49. Il mio commento di ieri è ancora in moderazione, quindi lo ripubblico (con alcune parole censurate, perché suppongo che sia proprio l’uso di quelle parole a far finire il commento in moderazione):
    Non sapevo che G^^^^^a avrebbe nobilitato quel congresso con la sua presenza, ma la cosa mi fa piacere.
    P.S.: Ti prego non criticare S^^^^^i, ogni volta che qualcuno ne parla male mi si spezza il cuore. Non posso dimenticare totalmente la Meloni, ma ormai nella mia vita tutto parla di lui: mangio i prodotti che lui pubblicizza, quando mi vesto faccio in modo che ci sia sempre qualcosa di verde, mi lavo i denti con la pasta del C^^^^^^o perché solo a leggere la parola “C^^^^^^o” tocco il cielo con un dito.

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  50. Puah!Bleah, brrrr,grrr

    Mari, di Slavenka Drakulic avevamo letto l’introvabile e molto bello Balkan Express. Poi ho dato un occhio a qualcosa di altro suo ma mi aveva lasciata delusa, ora non ricordo cosa fosse.
    Si e no, Mari, certo la narrativa che affronta il disfacimento dell’ex Urss e le guerre balcaniche è terribile e dolorosa, ma in generale la cosiddetta anima dell’est a me…fra il maschilismo ossessivo e le vendette, e le gelosie e gli estremismi sentimentali, no, per ora lascio perdere ci vedo qualcosa di molto/troppo tragico.

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