E’ la carta d’identità di un libro, la prima cosa che si legge (e si rilegge, più e più volte, mentre quel libro è sul comodino) ed è importante. Eppure, è un non luogo, è uno spazio marketing, è uno specchietto per le allodole, alla meglio un copiaeincolla di recensioni, pareri, citazioni alla rinfusa. Perché?
Facciamo degli esempi:
Il Don Chisciotte di Cervantes nell’edizione i Grandi Libri di Garzanti riporta solo: nome dell’autore e titolo, introduzione di e traduzione di. Strabiliante. Si suppone quindi che chi lo prende in mano, sappia in che secolo è stato scritto, di cosa parla, ne conosca lo stile e perfino il genere. Perché secondo voi? L’autore è troppo famoso, talmente famoso che non merita 10 righe di presentazione? Secondo me una buona quarta di copertina deve necessariamente riportare una frase, un periodo del romanzo. Insomma, deve farti capire che aria tira attraverso le parole dell’autore. In questo caso io avrei messo l’inizio del capitoletto LIII:
“Credere che le cose in questa vita debbano durare sempre come sono è credere l’impossibile; anzi, sembra che essa giri tutto in tondo, voglio dire, in cerchio: la primavera segue all’estate; l’estate all’autunno, l’autunno all’inverno e l’inverno alla primavera, e così torna a scorrere il tempo con la sua ruota incessante; solo la vita umana corre verso la sua fine più rapida del vento, senza speranza di rinnovarsi se non nell’altra che non ha termini che la limitino. Questo dice Cide Hamete, filosofo maomettano, perché molti, anche senza la luce della fede, ma dotati di luce naturale, hanno avuto questa intuizione della labilità e instabilità della vita presente, e della durata di quella eterna di cui siamo in attesa; ma qui il nostro autore lo dice per la rapidità con cui terminò, si estinse, svanì, si dileguò come in ombra e in fumo il governo di Sancho Panza”.
Altro esempio: la quarta dei Racconti di Cechov negli Oscar Mondadori riporta cenni biografici e una sintesi della sua poetica che non gli rende giustizia. Io avrei messo piuttosto una parte della bella postfazione di Nabokov allegata all’edizione:
“Ciò che vediamo in tutti i racconti di Cechov è un continuo incespicare, ma è l’incespicare di uno che incespica perché sta guardando le stelle. E’ infelice quest’uomo e rende infelice gli altri”.
Ancora un esempio: nella quarta di Splendori e miserie delle cortigiane di Balzac nell’edizione Einaudi si cita Dostoevskij (“Balzac è grande, i suoi personaggi sono la creazione di un genio universale”) e fin qui ci siamo. Ma poi, nella descrizione della trama, ne esce il profilo di un “giallo incalzante”. E’ orribile, ma soprattutto è falso. Io avrei messo l’opinione del giudice su Lucien de Rubempré:
«Cosa diavolo ha di speciale quello per essere amato così» pensò, come tutti gli uomini che non hanno il dono di piacere alle donne”.
Infine la quarta Di cosa parliamo quando parliamo d’amore di Carver edizioni minimum fax è una citazione di David Foster Wallace: “Carver non era un minimalista: era un artista” . Irritante, veramente irritante. Io avrei messo la fine di Meccanica per tutti:
“Ma anche lui non voleva mollarlo. Sentì il bambino scivolargli dalle mani e tirò anche lui con molta forza. In questo modo, la questione fu risolta”.
Ora, va da sé che esistono tante quarte di copertina quanti lettori. In sintesi, la mia idea è questa: un brano del libro, brevi cenni biografici e una, ma solo una citazione di uno scrittore/opinionista/critico (meglio se riposa nella tomba, anche se purtroppo per i contemporanei non si può fare). Qual è la vostra?
Agli editori (e ai loro uffici marketing) solo un’avvertenza. Andateci piano con i superlativi. E anche con i consigli, soprattutto se sono consigli di lettura, perché, come dice Athos nei Tre Moschettieri:
“Generalmente non si chiedono consigli che per non seguirli, o, dopo averli seguiti, per avere qualcuno al quale rimproverare di averli dati”.
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