Israeliani e palestinesi: farsi carico del dolore di tutti

Israeliani e palestinesi: farsi carico del dolore di tutti

Come leggere il conflitto, un punto di partenza con Luigi Manconi

Ma è possibile scrivere e parlare di libri, di narrazioni di sé, di condivisione della cultura come facciamo sul nostro gruppodilettura.com e non occuparsi dei civili israeliani assassinati nelle loro case dai militanti di Hamas, o dei bombardamenti sulle abitazioni di Gaza, di ospedali distrutti, di evacuazioni forzate, di punizione collettive che si abbattano sui civili solo in quanto appartengono a una comunità o un’altra?

Fra le molte buone analisi e reportage che si possono leggere su queste terribili settimane in Israele, a Gaza e in Cisgiordania mi ha colpito per la chiarezza e la lucidità un fondo di Luigi Manconi su Repubblica del 25 ottobre 2023. Un argomento dal quale forse tutti dovremmo partire. Ci invita ad abbandonare la logica da tifosi.

FARSI CARICO DEL DOLORE DI TUTTI
Scrive Manconi: «Insomma, non ne posso più di questa interpretazione competitiva e tifosa dell’orrore e penso che sia nostro compito — tanto più perché siamo privilegiati e viviamo in una comfort zone dove non arrivano né le bombe né i parapendio — farci carico del dolore di tutti, cercando di porvi rimedio nei limiti delle possibilità e delle responsabilità di ognuno e tentando di disinnescare il dispositivo infernale della vendetta che chiama vendetta.
Voglio dire, molto semplicemente, che, mentre mi auguro con tutta l’anima che Israele interrompa i suoi bombardamenti indiscriminati e l’assedio a Gaza, non voglio dimenticare nemmeno per un attimo gli ebrei sgozzati nei kibbutz e quelle ragazze e quei ragazzi uccisi mentre ballavano.
Solo se pensiamo a loro, ai loro nomi e cognomi, alle aspettative distrutte, alle speranze spazzate via e alla dignità mortificata, solo allora potremo essere all’altezza del dolore altrettanto irreparabile dei loro coetanei palestinesi.
Ciò che davvero conta è “l’autorità dei sofferenti”, di cui scriveva Johann Baptist Metz. Non la sofferenza come astrazione o categoria ideologica, come fattore statistico o contabilità funebre. Ma la sofferenza dei corpi straziati di esseri umani che sono solo ed esclusivamente esseri umani.
Questo non significa ignorare la storia e la geografia e le dinamiche politico-diplomatiche: si tratta piuttosto di constatare che siamo precipitati in una dimensione che eccede tutto questo e che si presenta come dis-umana, dove serve qualcosa di più dei consueti strumenti di analisi e di intervento. E dove tutti dovremmo essere capaci di andare oltre la miseria degli schieramenti convenzionali e della logica marziale, o di qua o di là: quella che sempre impone di sacrificare un pezzo di umanità a vantaggio di un altro pezzo di umanità.»

(Immagine in apertura: Henri Rousseau, 1894)

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