Sono tre, per ora. Hanno tra gli 11 e i 15 anni. Si sono conosciuti in biblioteca e lì si ritrovano più o meno una volta al mese per parlare, tra l’altro, di libri.
Hanno chiesto di poter estendere le loro impressioni di lettura a qualcuno in più attraverso il blog. Ed eccoli qui: Giulia, Giulio e Pietro, il nuovo gruppo di lettura ragazzi della biblioteca di Cologno Monzese.
Hanno letto Il rubino di Fumo di Philip Pullman, pubblicato da Salani, e qui di seguito trovate il loro commento, inviatomi qualche settimana fa e che io pubblico senza cambiarne neanche una virgola. Leggete e stupitevi, buona lettura.
Caro lettore,
nell’ultimo incontro del mese di maggio abbiamo letto e approfondito Il rubino di fumo, libro di Philip Pullman, ricco di intrighi ed emozioni, in cui appare come protagonista una ragazza decisa, sveglia e molto abile nel fare sempre la scelta giusta. Con questa sua personalità originale e determinata la giovane abbandona la casa e tutto ciò che possiede, per percorre i bassifondi di una Londra Vittoriana, pedinata e inseguita sempre da assassini e ladri, che non esiterebbero un solo istante nell’ucciderla.
È la ricerca di verità, di un’origine sua andata col tempo perduta che la muove ad un’impresa tanto ardua. È la ricostruzione di un passato offuscato dal tempo che la spinge ad andare avanti, a sacrificarsi, e di questo passato è rimasto solo l’urlo di terrore e la paura di un sogno che rende ogni notte una valle di lacrime il viso della giovane Sally.
Ciò che a noi è rimasto, ci ha colpiti di questo racconto, è l’emergere del disperato bisogno di verità che affligge ma al contempo che muove l’uomo ad una ricerca infinita di risposte e di desideri.
Questo libro è il quadro di una vita spesa per la verità e la ricerca, che però non si conclude con la fine del romanzo, infatti il cuore della giovane Sally non è sazio, ma ella continua nel suo viaggio verso l’ignoto, spinta sempre da un desiderio di sapere e di conoscenza della sua origine.
Abbiamo trovato però, in un altro libro, un forte contrasto tra la vita di Sally e quella raccontata da Edgar Lee Masters in un epitaffio che narra la vita di una persona che in nulla ha sperato e che rintanata in sé non ha potuto gustare della bellezza della vita, ciò che invece fa la giovane Sally, lasciandosi trasportare dalle sue domande e dai suoi desideri. L’epitaffio in questo caso è una poesia in lingua inglese scritta da Masters che si immedesima in George Gray, parlando in prima persona.
George Gray
I have studied many times
The marble which was chiseled for me
A boat with a furled sail at rest in a harbor.
In truth it pictures not my destination
But my life.
For love was offered me and I shrank from its disillusionment;
Sorrow knocked at my door, but I was afraid;
Ambition called to me, but I dreaded the chances.
Yet all the while I hungered for meaning in my life.
And now I know that we must lift the sail
And catch the winds of destiny
Wherever they drive the boat.
To put meaning in one’s life may end in madness,
But life without meaning is the torture
Of restlessness and vague desire
It is a boat longing for the sea and yet afraid.Edgar Lee Masters
Il poeta nelle prime righe descrive l’immagine di una barca ammainata al porto, paragonandola non come ci si può aspettare alla sua morte ma alla sua vita. Questa è l’introduzione dalla quale si può intuire il tema dell’epitaffio, anche se il messaggio è ancora nascosto e solo nelle ultime righe verrà svelato.
Successivamente Edgar Lee Masters spiega lo strano paragone, citando diverse personificazioni come “for love was offered me and I shrank from its disillusionment…” l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno, oppure “ambition called to me, but I dreaded the chances” l’ambizione mi chiamò, e io temetti gli imprevisti.
George Gray ha vissuto una vita superficiale, chiuso in se, senza aprirsi all’amore, all’ambizione, senza avere il coraggio di affrontare il dolore, la paura, e così come più avanti viene detto è morto senza aver cercato un significato per la sua esistenza. Egli però in vita malgrado tutto aveva fame di un significato che non ha avuto il coraggio di cercare.
E ora il messaggio che il poeta vuole far penetrare nei nostri cuori è il non restare indifferenti difronte alla realtà, ma il lasciarsi toccare, provocare da essa, e ammainare le vele, prendere i venti del destino, dovunque spinga la barca, perché anche se dare un senso alla vita piò portare alla pazzia, una vita senza senso è una tortura.
Questa domanda di significato e verità che arde nel cuore di Sally e in quello di George Grey, è la stessa che affligge ogni uomo, ogni persona, e il grande poeta Giacomo Leopardi si pone anch’egli delle domande di senso e appartenenza che emergono nettamente in Canto notturno di un pastore errante dell’Asia.
Il poeta in questa poesia si pone numerose domande “a che tante facelle, che fa l’aria infinita e quel profondo infinito seren, ed io che sono?” alle quali però non trova risposta. Nella seconda strofa della poesia, Leopardi descrive la vita di un uomo afflitto da un’esistenza che cerca disperata un significato, e che “corre via, corre, anela, varca torrenti e stagni, cade, risorge, e più e più s’affretta, senza posa o ristoro, lacero, sanguinoso, infin c’arriva colà dove la via e dove il tanto affaticar fu volto, abisso orrido, immenso ov’ei precipitando il tutto oblia, vergine luna, tale è la vita mortale.”
Queste parole rappresentano l’itinerario di una vita, che alla fine cade in un abisso senza uscita, ma allora, che senso ha avuto la ricerca di Sally?
A questo punto sembra sia George Gray ad aver ragione, che senso ha cercare un significato di esistenza se poi questa stessa esistenza svanisce nel nulla, in un oblio senza uscita?
Una domanda importante, come quella di Leopardi, nasce sempre da un bisogno, è come se ci si trovasse in un deserto, e si avesse ad un certo punto bisogno di acqua, la si cerca, la si domanda disperatamente, ma non c’è, qui la domanda nasce dal bisogno umano della sete. Perché l’uomo abbia bisogno di qualcosa, come l’acqua, è inevitabile che l’oggetto del bisogno esista, se no la domanda non potrebbe sorgere, perché come si può sentire il bisogno di una cosa inesistente?
Una cosa che non esiste non si potrebbe percepire in nessun senso. La parola bisogno si può allora sostituire a nostalgia, la nostalgia di qualcosa che non è più qui con me, ma che prima c’era, e che ora è lontana e desiderata.
Ecco, le domande di Leopardi, di ciascun uomo, hanno una risposta, non formulabile da una persona, dato che tutti non smettiamo di domandare e cercare. Ora sta alla ragione, alla coscienza e alla libertà di ogni uomo il scegliere in che cosa riporre le proprie domande, in che cosa credere o sperare, in che cosa affidarsi, che cosa attendere.
“Dare un senso alla vita può condurre alla follia, ma una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine e del vano desiderio”.
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