Il poliziotto che ride, Maj Sjöwall e Per Wahlöö

Per Wahlöö e Maj Sjöwall
Per Wahlöö e Maj Sjöwall

Il libro è del 1968, ma sembra scritto oggi, anche se poi uno si ferma e riflettere, e di computer, cellulari, Internet, analisi del DNA non ne trova. Quarto capitolo _pubblicato come gli altri da Sellerio_ del decalogo dei *Romanzi del crimine _per la cronologia originale consultate Wikipedia_, sottotitolo che accomuna i titoli dei 10 volumi usciti dal 1965 al 1975 dalle mani congiunte di Per Wahlöö e Maj Sjöwall.

Per inciso, la storia dei due scrittori è interessante e tenera: lui membro del Partito Comunista, ex cronista di cronaca nera, deportato dalla Spagna di Franco, giornalista politico; lei di 9 anni più giovane, anche lei giornalista, di famiglia borghese, figlia di un manager di una catena di alberghi, viveva all’ultimo piano di un hotel di Stoccolma. Entrambi sposati, con figli. Si conobbero per lavoro e si incontravano nei pub, luogo di ritrovo dei giornalisti:

Wahlöö era impegnato nella scrittura di un libro, ogni giorno le lasciava una busta con le nuove bozze, e un appunto. Lasciava delle parti in bianco, di proposito. Perché non lo completi tu, suggeriva nella lettera. Le assegnò la scrittura di un personaggio femminile. Suona incredibilmente intimo e clandestino. Si stavano innamorando. Non riuscivano a incontrarsi con facilità, quindi fecero ciò che sapevano fare: scrivevano l’uno per l’altra. Era una storia d’amore fatta di parole su una pagina, un corteggiamento di frasi. Nel giro di un anno Per aveva lasciato la moglie, aveva raccattato un po’ di tshirt in una valigia e si era trasferito da Sjöwall e da sua figlia Lena. Il loro primo figlio, Tetz, nacque nove mesi dopo. [tratto dall’intervista del Guardian online, tradotta in due puntate, la prima a questo link e la seconda a quest’altro su Angolonero.blogosfere]

Va tanto di moda il giallo scandinavo, e dovunque si legge che Maj Sjöwall e Per Wahlöö ne sono stati i genitori. Con il loro realismo nella narrazione, nella descrizione passo per passo dell’indagine, con i suoi tempi morti, i dialoghi, anche avulsi dall’indagine, i passi avanti e indietro, le vite dentro e fuori il commissariato dei poliziotti, ma anche realismo inteso come occhio attento su tutto ciò che li circondano, come capacità di mettere a nudo i problemi della società _ovviamente svedese_, come dovere di denuncia e di critica sociale, senza sconti per nessuno:

La società dei consumi e i suoi cittadini stressati avevano altro a cui pensare. Certo, mancava ancora più di un mese a Natale, ma le orgie pubblicitarie erano iniziate e l’isteria dell’acquisto si diffondeva lungo le strade addobbate, rapida e inesorabile come la peste. L’epidemia era inarrestabile, e non c’era un posto dove scappare. Penetrava nelle case e negli appartamenti, avvelenando e sopraffacendo chiunque incontrasse sul proprio cammino. I bambini già piangevano dalla spossatezza, i padri di famiglia erano pieni di debiti fino alle ferie successive. La truffa legalizzata imperversava alla grande. Gli ospedali si riempivano a causa di infarti, crisi di nervi e ulcere perforate.
Le stazioni di polizia del centro venivano spesso visitate dai battistrada della grande festa della famiglia sotto forma di Babbi Natale ubriachi fradici che venivano trascinati fuori dagli androni e dai bagni pubblici.

*giuliaduepuntozero

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2 risposte a “Il poliziotto che ride, Maj Sjöwall e Per Wahlöö”

  1. ciao giuliaduepuntozero,
    in effetti i gialli di Maj Sjöwall e Per Wahlöö sono gli unici scandinavi dai quali mi sono fatto tentare in questi anni nei quali spuntano ogni settimana nuovi nomi dal nord; ne ho letti quattro dei loro dieci e devo dire che mi sono piaciuti tutti. Si leggono con piacere e trasporto: soprattutto l’evocazione della società svedese della fine dei Sessanta e dei primi Settanta è notevole.
    Mi piacciono anche perché a me, che ho letto solo loro e non gli epigoni di questi anni, la loro scrittura mi sembra invece così datata, così affondata in quegli anni. E questo, sottolineo, mi sembra un grande pregio: dei gialli mi rimane sempre soprattutto il tono e il sapore del tempo in cui sono scritti e deve essere così, non voglio che siano oltre i tempi…

    abbracci

    ciao ciao

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  2. Mi piace che: dei gialli mi rimane sempre soprattutto il tono e il sapore del tempo in cui sono scritti e deve essere così, non voglio che sia oltre i tempi.
    Un abbraccio
    *giuliaduepuntozero

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