
La sigaretta è il punctum di Roland Barthes?
[…] non sono io che vado in cerca di lui […] ma è lui che, partendo dalla scena, come una freccia, mi trafigge. […] Io sono attratto da un “particolare”. Io sento che la sua sola presenza modifica la mia lettura, che quella che sto guardando è una nuova foto, contrassegnata ai miei occhi da un valore superiore. Questo particolare è il punctum (ciò che mi punge). […] Per quanto folgorante sia, il punctum ha, più o meno virtualmente, una forza di espansione. Tale forza è spesso metonimica.
[…]
Così il particolare che mi interessa non è, o per lo meno non è rigorosamente, intenzionale, e probabilmente bisogna che non lo sia; esso si trova nel campo della cosa fotografata come un supplemento che è al tempo stesso inevitabile, non voluto; esso non attesta obbligatoriamente l’arte del fotografo; dice solamente che il fotografo era là,oppure, più poveramente ancora, che non poteva non fotografare al contempo l’oggetto parziale e l’oggetto totale. […]La veggenza del fotografo non consiste tanto nel “vedere” quanto piuttosto nel trovarsi là.
[…]Purtroppo, sotto il mio sguardo, molte foto sono inerti. Ma anche fra quelle che ai miei occhi hanno una qualche esistenza, la maggior parte non suscita in me che un interesse generico, e, se così si può dire, educato: in esse non vi è alcun punctum: esse mi piacciono o non mi piacciono senza pungermi.
Roland Barthes, La camera chiara, Einaudi.
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