
*Questa storia* di Baricco? Vi domanderete. Come mai la recensione di un libro pubblicato 4 anni fa (da Fandango, e poi riedito da Feltrinelli), quando è appena uscito un libro nuovo dello stesso autore?
Adesso vi spiego.
Innanzitutto, che un buon 80% dei miei acquisti di libri è compulsivo, che poi rimane a meditare nella mia libreria fino a quando non è il momento giusto, e il libro mi chiama. Ma anche che sono più che influenzabile, e con l’uscita di *Emmaus* (sempre Feltrinelli) non sento che parlare del buon Baricco. E infine che di libri ne sto comprando tanti, e mi volevo dare un freno.
Così, quando i giornali iniziano tutti a recensire il nuovo titolo, supporto la mia decisione dicendomi: ma sì, chi ne ha voglia dell’ennesimo Baricco, sarà il solito libro super-ricercato, che ti fa sentire un poveretto anche solo confrontando la lista della spesa con quella che scrive lui.
Comunque Baricco va una sera da Fazio a *Che tempo che fa*, e nel giro di 5 minuti avevo già cambiato idea sul fatto di comprare il libro e rivisto la mia opinione su di lui, per tornare a promettergli amore e devozione incondizionati _come del resto mi è sempre successo leggendo tutti i suoi libri.
*Emmaus* non l’ho ancora preso, mi butto però, come una drogata in crisi d’astinenza, su *Questa storia*, che avevo in casa senza averlo mai letto.
Cavolo. Grandioso.
Poco fa, il mio ragazzo mi raccontava di una recensione della Bignardi su *Emmaus*. Diceva che per lei Baricco è un gran pensatore, molto divulgativo, abilissimo nello scrivere saggi (vedi *I barbari*), ma come romanziere se la tira troppo. E’ vero, dice il mio ragazzo, e punto. E’ vero, dico io, però… però leggete *Questa storia*, e poi ditemi.
Faccio un altro passo indietro. Qualche settimana fa, in un filone di letture italiane (strano, per me) leggo anche il penultimo di De Carlo, e sempre col mio ragazzo nasce una discussione sugli autori italiani. De Carlo è sempre De Carlo, è l’autore con cui siamo cresciuti, il mio autore generazionale, l’autore con i cui personaggi ci siamo identificati, lo leggi e lo riconosci fra mille, con quello stile tutto suo, nel suo essere ricercato nell’essere così particolare, dal diventare poco spontaneo e troppo costruito, volendo invece essere naturale. Pur rimanendo comunque un grande. Baricco, invece, dico io… così perfetto, ma in maniera naturale, spontanea. Penso al saper scrivere, e penso a lui.
Prendiamo l’incipit di *Questa storia*:
Tiepida la notte di maggio a Parigi, mille novecento tre.
Cosa c’è di più perfetto? Sembra una poesia. La sua caratteristica è di rendere un romanzo una poesia. Nello stile, ma anche nelle immagini. Quando racconta dell’infanzia di Ultimo Parri, il bambino con l’ombra d’oro e un padre appassionato di corse e di auto; della guerra e della disfatta di Caporetto, con gli occhi di un reduce; degli anni in giro per le strade americane ad accordare pianoforti con Elizaveta, cattiva ragazza russa corruttrice del prossimo; del sogno di Ultimo e del suo fratellastro ritardato per le strade e le piste da corsa; della Mille Miglia e delle gare automobilistiche; dell’impegno di un’ormai adulta Elizaveta per trovare il sogno di Ultimo.
Ogni pagina è una poesia, ne scelgo una a caso (Ultimo bambino è andato a Torino col padre, che dopo una cena annaffiata da buon vino e preso dalle sue riflessioni, all’uscita dal ristorante in mezzo a una fitta nebbia si incamminata verso l’albergo perdendosi, o meglio continuando a girare in circolo per le stesse strade):
Forse era la nebbia, o le storie di suo padre, ma gli venne da pensare che se avessero proseguito così, per ore, alla fine sarebbero scomparsi. Sarebbero stati deglutiti dai loro passi. Perché di solito camminare è sommare dei passi, ma quello che loro due stavano facendo, lì, era sottrarli, in un calcolo esatto che periodicamente riportava allo zero. Pensò alla purezza, indiscutibile, di quel cammino alla rovescia. E per la prima volta, seppur in modo confuso, intuì che ogni movimento tende all’immobilità, e che bello è solo l’andare che conduce a se stesso.
Ora chiudo. Segnalo solo l’ultima delle note del libro: Baricco parla dell’Associazione Casa di Oz, che si occupa di bambini con malattie gravi o incurabili e delle loro famiglie. Ecco il link, vale la pena darci un’occhiata.
*giuliaduepuntozero
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