
Quanto è narrativa una fotografia? Quanto è importante la sequenza di immagini scattate prima e dopo una foto scelta come la foto da pubblicare?
Poche fotografie hanno per me la stessa forza di racconto di The Falling Soldier – in origine Death of a Loyalist Militiaman, Cerro Muriano (Cordoba front) – famosissima, quasi l’emblema della lotta dei repubblicani spagnoli, scattata il 5 settembre 1936 da Robert Capa: è una di quelle immagini che insinuano in chi la osserva il desiderio di ricavarne una storia, una narrazione.
Chi era il miliziano? che razza di berretto aveva addosso? come arrivò su quella collina? in che posizione stava rispetto ai suoi compagni…?
Quella foto è rimasta un poco avvolta nel mistero per anni, era una messa in scena? Fu scattata in battaglia? Oppure in un trasferimento vennero raggiunti da una raffica franchista inaspettata?

Ecco, le due mostre in corso al Forma di Milano (inaugurate il 28 marzo, continueranno fino al 21 giugno 2009) offrono un po’ di risposte a queste domande e bellissimi esempi di quanto possa essere narrativa la fotografia: sono “Gerda Taro” e “Questa è la guerra, Robert Capa al lavoro” (fanno parte delle mostre dell’International Center of Photography di New York City).
Gerda Taro era la compagna e collega di Capa, erano insieme il giorno degli scatti che portarono a The Falling Soldier: quel giorno Gerda usava una Rolleiflex a negativo quadrato, Capa la Leica 35mm.
Fra le immagini dell’esposizione di Gerda Taro, una ritrae i miliziani che salgono sulla collina, sulla sinistra si vede quello che verrà ucciso pochi istanti (e pochi scatti) dopo: vedere questa foto mi ha messo i brividi, emozione che da quel momento, vi assicuro, non mi ha più abbandonato fino all’uscita, in una di queste fredde e piovose mattine d’aprile.

Le foto di Gerda, concepite per narrare la guerra, dalla parte giusta, dalla parte dei repubblicani, hanno tutta la grande forza di chi scatta stando vicino fisicamente ed emotivamente ai propri soggetti.
Gerda Taro morì in Spagna nel 1937 mentre fotografava la battaglia di Brunete, travolta da un carro armato che sbandando finì contro l’auto di un giornalista: lei era in piedi sul predellino laterale e non ebbe scampo. Aveva 27 anni.
La mostra su Capa (“This is war“) ci offre oltre alle immagini note, molte poco conosciute scattate prima e dopo, in sequenza; i manoscritti delle didascalie che passava ai redattori che dovevano pubblicare le sue storie, le pagine originali delle riviste relative a sei dei suoi incredibili reportage di guerra: The Falling Soldier, 1936; The Battle of Rio Segre, 1938; and Refugees from Barcelona, 1939, dalla guerra di Spagna. China, 1938, dalla guerra scatenata dai Giapponesi contro la Cina. D-Day, 1944, and the Liberation of Leipzig, 1945.
La sequenza completa degli scatti del Falling Soldier è anche il frutto del ritrovamento di una valigia con decine di negativi alla fine del 2007.
Dal punto di vista “narrativo” la mostra merita anche per vedere come le redazioni, in particolare quella di Life, usassero le foto per raccontare la guerra: per esempio le pagine sullo sbarco in Normandia (oltre alla storia nella storia delle foto “leggermente fuori fuoco “) si aprono con una foto a doppia pagina fra “le meno drammatiche” della sequenza di Omaha Beach: la redazione di Life voleva che il lettore avesse prima di tutto uno sguardo d’insieme sul luogo, si rendesse conto degli spazi e dei protagonisti che li occupavano.
Poi, nelle due pagine successive, le immagini incredibili che Capa scattò, dentro il mare.

Infine, le foto dell’appartamento di Lipsia dove Capa assiste alla morte di un soldato americano colpito da un cecchino… Ecco non ci sono parole. Dovete vedere l’intera sequenza: tra l’altro, Capa scattò sia con la Leica 35mm che con la Rolleiflex 6×6, proprio come avevano fatto, lui e Gerda quel giorno a Cerro Muriano.
Qui una serie di foto da altri reportage di Capa con accompagnamento dei Radiohead
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