La scorsa settimana La Repubblica (Bartezzaghi-Assante, attingendo a piene mani a un articolo di Steven Johnson, “How the e-book will change the way we read and write“, sul Wall Street Journal del 20 aprile) ha deciso di spiegarci che i libri elettronici – ora che è arrivato un aggeggio come il Kindle di Amazon e che i libri si possono leggere sull’Iphone – e la digitalizzazione dei libri da parte di Google trasformeranno il rapporto fra gli umani e la lettura.
Il che apparentemente sembra un ragionamento sensato.
Solo che, se ci pensiamo bene, questo prepotente ingresso dell’elettronica nel mondo dei libri non cambierà la lettura.
Ci farà fare con più frequenza, varietà e intensità, alcune operazioni attorno, prima e dopo la lettura; operazioni che per altro già facciamo, anche se in modo moderato.
Per esempio, il fatto che dentro il Kindle ci stiano tanti libri, ci dovrebbe aiutare ad avere nelle mani, quando siamo in viaggio, o al parco a leggere, decine e decine di libri fra cui scegliere. Ecco, sarà anche una bella idea, ma questo non farà che amplificare quel che già molti lettori fanno, portarsi appresso più di un libro: io per esempio ne ho sempre almeno due nello zaino, i due che ho in letturacontemporanea quasi sempre (un saggio e uno di narrativa).
Ma questa è solo una concessione a un mania dei lettori, una possibilità di intensificarla.
Che però non influenza il modo di leggere: quando sei dentro il romanzo, lo leggi e basta, non ti importa di avere nello zaino anche il saggio. E viceversa. Salvo arrivare al momento in cui decidi di passare all’altro.
Ma due son più che sufficienti, se leggi veramente. Se invece pensi di transitare continuamente da un libro all’altro fra le decine che hai nel tuo Kindle, o di acquistarne uno nuovo ogni mezz’ora su Amazon, ecco quello non è leggere, è un bel passatempo, come girare fra i banchi di una libreria, è qualcosa che fai a proposito dei libri, ma non è leggere.
E se ci pensi, sono cose che si fanno spesso anche a casa, fra i libri dei tuoi scaffali. Ora potrai farlo in treno o in spiaggia, tutta qui la differenza.
Quando leggi un libro sul Kindle, a parte il possibile disagio dato dal mancato contatto con la carta, fai esattamente quel che fai quando leggi un libro di carta: leggi riga dopo riga, pagina dopo pagina; oppure salti delle pagine.
Se lo leggi veramente, il fatto che quando incontri una nota che cita un altro libro tu sia indotto a comprartelo all’istante daAmazon , non fa che aumentare la tua dotazione di libri. Ma il libro continui a leggertelo esattamente come prima, se ti interessa, oppure lo interrompi, esattamente come prima, con la carta. Se sei appassionato di gialli e noir, quando sei dentro Larsson, per esempio, se ti piace te lo leggi e basta, qualunque sia il supporto.
Quanto alla possibilità di cercare con Google fra milioni di libri digitalizzati (da non dimenticare comunque le limitazioni del copyright ) è sicuramente una cosa interessante e capace di aprire prospettive inedite: ma è una pratica che interesserà più chi ricerca che chi si limita semplicemente a leggere.
E d’altra parte, per poter ricercare, per esempio, il modo in cui Shakespeare ha usato la parola fury, per poter capire come e perché, è necessario averle lette le opere: insomma la ricerca ci aiuterà a trovare tutte le concordanze, a isolare i paradigmi delle scritture; ma sarà sempre un’attività successiva alla lettura lineare.
E lo stesso si può dire per l’intertestualità, questione interessante da affrontare dopo che si è già fatta la lettura, non prima. Esattamente come intuiamo o sappiamo da decenni. Ora sarà più veloce percorrere le strade che vanno da un testo all’altro – per esempio dal Macbeth a L’urlo e il furore di Faulkner (a proposito di fury) ma la natura dell’operazione non cambierà.
Se invece si pensa che questi percorsi esauriranno la nostra attività attorno ai libri, allora, non si tratta più di lettura, ma di altro, qualcosa di simile al browsing sul web.
Più interessante infine quel che dice Steven Johnson a proposito del dibattito attorno ai libri che la digitalizzazione potrebbe favorire, arrivando a una sorta di gruppo di lettura globale (uso di una lingua comune permettendo, un ragionamento che ha molto più senso e peso se fatto dal punto di vista di chi usa l’inglese, rispetto a un lettore che usa l’italiano o il tedesco).
Anche in questo caso, la condivisione delle pagine di un libro che centinaia o migliaia di persone leggono nello stesso tempo e che potrebbero annotare e discutere, pagina per pagina (un’idea che sta anche in Anobii ma che funziona poco, forse proprio perché ancora i libri non sono digitalizzati, quindi non sono disponibili i testi in rete, in formato elettronico e riproducibile e annotabile).
Ma ecco, anche in questo caso non si tratta di lettura, ma di attività attorno alla lettura.
Insomma, tranquilli. Continueremo a leggere, come facciamo adesso.
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