
Ieri mia figlia mi chiesto cosa fosse esattamente Google Book Search (c’è anche in italiano) e perché fosse considerata così importante la questione della digitalizzazione dei libri.
Aveva visto su qualche sito la pubblicità – pagata da Google – che invita gli autori e i titolari di diritti d’autore ad accordarsi con Google nel quadro della conciliazione raggiunta in ottobre, dopo l’azione legale intentata da autori ed editori per violazione della normativa sul copyright.
Era successo infatti che molti autori e i relativi editori si fossero spaventati e preoccupati che l’attività di digitalizzazione dei libri violasse i loro diritti, permettendo la lettura, la copia e la manipolazione gratuita di opere coperte, appunto, da copyright.
Per capire la faccenda di Google Book Search, per fortuna, sulla New York Review of Books sono usciti in questi mesi due articoli-saggio dello storico Robert Darnton, uno già tradotto anche dalla Rivista dei libri (il secondo credo arriverà presto).
“The Library in the New Age” (pubblicato in giugno 2008; la traduzione italiana, “La nuova era delle biblioteche” è sulla Rivista dei libri di febbraio 2008) si occupa soprattutto del concetto di “stabilità dell’informazione” nella storia: un concetto che consente di capire meglio il ruolo della digitalizzazione dei libri e il suo rapporto con le biblioteche e con la necessità irrinunciabile delle biblioteche.
Per ora però ci interessa di più il secondo articolo: “Google and the Future of Books ” (pubblicato sulla New York Review of Books del 12 febbraio 2009). Darnton – i cui libri di storia della cultura sono pubbicati anche in italiano – ci fa un bel quadro della situazione e delle sue implicazioni.
In pratica:
Google ha digitalizzato circa sette milioni di libri (il dato si riferisce a novembre 2008, ora probabilmente sono di più).
Di questi:
un milione sono di pubblico dominio (quindi senza copyright e liberamente consultabili su Google Book Search);
un milione sono coperti da copyright e tutt’ora in catalogo;
cinque milioni sono coperti da copyright ma fuori catalogo.
Per le ultime due categorie di libri, Google, in accordo con il cosiddetto Book Rights Registry – un’istituzione creata per tutelare gli interessi di autori ed editori – venderà l’accesso alla banca dati dei libri digitalizzati in due forme.
La prima è la cosiddetta “institutional license“: prevede che le biblioteche pubbliche (per ora quelle americane), dietro pagamento di un canone, rendano consultabili ai propri utenti, attraverso un computer (uno solo, avete capito bene), tutte le opere digitalizzate.
La seconda è la “consumer license“: i singoli individui potranno acquistare la licenza per consultare e stampare a casa i libri digitalizzati. Il 37% dei ricavi dalla vendita delle licenze sarà di Google; il 67% verrà diviso fra autori e editori.
Per finire nella banca dati dei libri digitalizzati, un autore deve decidere di entrare.
Potenzialmente, quindi, siamo di fronte a una enorme biblioteca elettronica, che apre grandi possibilità, per esempio per chi fa ricerca. Ma che concentra anche un potere grandioso di controllo dell’accesso alle informazioni nelle mani di un’azienda privata (che tra l’altro già possiede una quantità immensa di informazioni su quel che c’è in Internet, sugli utenti di internet, sulle modalità di navigazione, su quello che cerchiamo…).
Insomma ne abbiamo di pensieri possibili, direi che ci dobbiamo tornare su questa faccenda.
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