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L’argomento “ristoranti” merita un articolo a parte. Fabio (Jean-Claude) è un amante della buona cucina e cita numerosi locali nei libri della trilogia (così come i bar che ho già ricordato man mano).
A proposito della cucina marsigliese, in *Aglio, menta e basilico* dice:
Marsiglia non è provenzale, non lo è mai stata. Nella maggior parte dei ristoranti, quindi, si mangiano cose semplici e a prezzi onesti, piatti senza artifici legati non a una tradizione ma a una tenace fedeltà alle origini. Qualcuno l’ha già detto: la cucina qui non si innova, non “si mescola”, perpetua. Mangiare ti riporta al tuo paese. Mettersi a tavola, in casa come al ristorante, in famiglia, tra amici, vuol dire far rivivere la memoria, i ricordi. (Aglio, menta e basilico, p. 46)
In questo stesso capitolo (“Mi piace sentire Marsiglia vibrarmi sotto la lingua”) si dilunga anche in ricette e piatti tipici che si possono gustare a Marsiglia.
Dove?
Innanzitutto da Paul, in rue Saint-Saens, al Vieux Port.
Ci eravamo visti tre o quattro volte, per chiacchierare, davanti a un piatto di spigola e finocchi alla griglia, da Paul in rue Saint-Saens. Uno dei pochi ristoranti del porto, insieme all’Oursin, dove non ti trattano da turista. (Solea, p. 23)
A me, quando mangio, mi piace sentire Marsiglia vibrarmi sotto la lingua. Selvaggia e volgare, come possono essere una spigola, un sarago o delle triglie con finocchi alla griglia condite solo con un filo d’olio d’oliva, come da Paul o all’Oursine. (Aglio, menta e basilico, p. 47)
Da Paul ci siamo andati, lo consiglio (cucina kasher, cameriere italo-algerino simpaticissimo), l’Oursin non l’abbiamo trovato.
Riuscii a convincere Loubet ad andare a L’Oursin al Vieux-Port. Uno dei migliori locali per mangiare ostriche, vongole, ricci e uova di mare. E questo ordinai, insieme a una bottiglia di Cassis. Il bianco di Fontcreuse. (Chourmo, p. 209)
Vicino a Paul c’è anche Mario, in place de Thiers, che però abbiamo saltato, essendo italiano.
Avevo preso Marie-Lou per un braccio, e l’avevo portata dall’altra parte di cours Jean-Ballard, in place Thiers. Da Mario. Un piatto di mozzarella e pomodori, con capperi, acciughe e olive nere. Spaghetti alle vongole. Tiramisù. Il tutto accompagnato da un Bandol del domaine di Pibarnon. (Casino Totale, p. 74)
O ancora, per rimanere sulla cucina italiana, Chez Etienne in rue Lorette al Panier.
Le saracinesche erano abbassate. Le strade deserte. I ristoranti vuoti, o quasi. Tranne Chez Etienne, in rue Lorette. Ma erano ventitrè anni che era lì, Etienne Cassaro. E faceva la miglior pizza di Marsiglia. “Conto e chiusura secondo l’umore” avevo letto su un articolo di Geo su Marsiglia. L’umore di Etienne ci aveva spesso nutrito gratis. (Casino Totale, p. 116)
L’itinerario continua nei prossimi giorni /settimane con le altre tappe
*giuliaduepuntozero
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