I lettori di Carver, il suo editor e l’identità dei protagonisti

“L.D. si rimise la borsetta sotto il braccio e raccolse la valigia. Disse: “Voglio solo dirvi un’altra cosa”. Ma poi non riuscì a pensare quale potesse essere”. Questa è la fine di un racconto di Carver, Ancora un’altra cosa, contenuto nel libro Di cosa parliamo quando parliamo d’amore. Anzi, questa sarebbe la fine di questo…

“L.D. si rimise la borsetta sotto il braccio e raccolse la valigia. Disse: “Voglio solo dirvi un’altra cosa”. Ma poi non riuscì a pensare quale potesse essere”.

Questa è la fine di un racconto di Carver, Ancora un’altra cosa, contenuto nel libro Di cosa parliamo quando parliamo d’amore. Anzi, questa sarebbe la fine di questo racconto di Carver, se lui l’avesse scritta così.

Il finale originale, in realtà, è molto diverso, più lungo e articolato. Questa ellissi strepitosa, che dà ritmo e senso a tutto il racconto, è invece di Gordon Lish, editor della casa editrice Knopf di New York presso cui Carver pubblicava.

Questo ci racconta un articolo del Guardian di qualche giorno fa. Queste voci su Carver, a dire il vero, circolano da parecchio ma la cosa curiosa è che qui si citano una serie di manipolazioni letterarie per cui il simbolo del minimalismo sarebbe in buona compagnia con James Joyce, William Faulkner, Scott Fitzgerald e chissà quanti altri – e in quante altre case editrici – saranno stati sacrificati sull’altare ora della concinnitas ora di un intreccio più accattivante o di uno stile più scorrevole e via così.

Comunque sia andata la storia, il fatto è che ogni personaggio di un libro ha un’identità precisa per i suoi lettori perché ci vive attraverso.

L.D. potrebbe adesso attaccar bottone invece di varcare la soglia? Jay Gatsby potrebbe dimenticare Daisy partecipando finalmente a uno dei suoi party? E Anna Karenina potrebbe salire sul treno, abbandonando il marito e Vronskji invece del mondo? Goriot sarebbe capace di diseredare le sue figlie e non morire di crepacuore? Edmond Dantès riuscirebbe a perdonare i suoi nemici vincendo il suo rancore?

No, nessuna di queste scelte è possibile. Perché loro siamo noi. Ci siamo identificati, abbiamo sofferto, gioito, sperato, vinto e perso con loro. E quando Flaubert diceva: “madame Bovary c’est moi” non parlava di sé, ma di noi, i protagonisti della storia, i lettori.

Commenti

4 risposte a “I lettori di Carver, il suo editor e l’identità dei protagonisti”

  1. Avatar Mark
    Mark

    Giusto.
    e K? Joseph K. potrebbe svegliarsi dall’incubo? e se non è un incubo, potrebbe abbandonare la città, sfuggire al tribunale, scappare? Se lo facesse non sarebbe più Joseph K. E una delle più belle storie mai scritte si trasformerebbe in un racconto di serie B.
    Immaginate K che aiutato da una donna riesce a fuggire dal tribunale, e sulla via di fuga capisce anche chi è stato a volerlo colpire, chi li sta dando la caccia e perché. Saremmo all’improvviso nel mondo dove tutto ha una spiegazione: il mondo di Hollywood e d’intorni.

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  2. Avatar in_arte_mogol
    in_arte_mogol

    per la cronaca, qui c’è il testo dell’articolo che, sul tema carver-lish, baricco scrisse per la repubblica

    Alessandro Baricco
    Data di pubblicazione: 27/04/99

    BLOOMINGTON (Indiana) – Tutto è iniziato qualche mese fa, ad agosto. Compro il New York Times e ci trovo il Magazine con in copertina un bellissimo ritratto fotografico di Raymond Carver. Occhi fissi nell’ obbiettivo ed espressione impenetrabile, esattamente come i suoi racconti. Apro la rivista e trovo un lungo articolo firmato D.T. Max. Diceva cose curiose.

    prosegue qui

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  3. Avatar theleeshore
    theleeshore

    Tanto amo il Baricco divulgatore e critico quanto poco lo amo come scrittore. Bell’articolo, per chiunque abbia voglia di leggerlo, è davvero interessante. Grazie di averlo scovato, quindi.

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  4. Avatar in_arte_mogol
    in_arte_mogol

    condivido
    imho, tanto è stucchevole la sua prosa, quanto coinvolgenti le sue retrospettive con vacis e volli sul teatro o la musica

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