Breve storia di Paolo che ora parte per l’Argentina

Una certa Lina lo ha convinto ad accompagnarla sul lago Cardiel, alla ricerca di Maletta, che fu un’amante di Lina

Una certa Lina lo ha convinto ad accompagnarla sul lago Cardiel, alla ricerca di Maletta, che fu un’amante di Lina

Uno che conosco da molto tempo, Paolo Bandirali, è venuto a dirmi che fra qualche giorno partirà. Andrà in Argentina, in Patagonia, sul lago Cardiel. 

Lì sul lago c’è una piccola colonia emigrata dalla nostra città. Si sono trasferiti – per motivi, idee e desideri diversi, a sentire loro – attorno alla casa di un pittore, un surrealista tardivo, Pertinacci. Di Pertinacci il nostro museo conserva, come è noto, l’opera più famosa, Il ragazzo sulla spiaggia.

Paolo Bandirali mi ha detto che va al lago Cardiel per aiutare una certa Lina a ritrovare la sua migliore amante, Maletta, che si era trasferita laggiù, sulle rive di un lago desolato, con Laura, la sorella di un amico di Paolo Bandirali, Livio. 

Questo Livio era uno scrittore mancato e un giornalista senza fama né successo che a sua volta era partito per il Cardiel alcuni anni dopo gli altri, perché stava lavorando alla storia di un ragazzo che aveva perso la memoria. Si è trasferito laggiù col ragazzo senza memoria e un tale che faceva il tipografo e conosceva bene Pertinacci. La memoria dissolta – per altro a macchie, un po’ sì e un po’ no, e con intere giornate vuote e altre completamente piene – il tipografo, Livio e anche, a suo modo, Pertinacci, avevano tutti a che fare con una partita di calcio. Era la finale di una coppa molto prestigiosa e piena di simboli, giocata alcuni decenni prima dalla squadra della nostra città, sulla quale ho già scritto delle lettere a un certo Leandro, un compagno di avventure che abita lontano e forse mi aiuterà a pubblicare un libro con quelle storie.

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Paolo Bandirali nel 1977 aveva viaggiato su una Fiat 500 dall’Italia fino all’Afghanistan, insieme a due amici. Andarono a zonzo fino a quando finirono i soldi e poi lavorarono in una conceria alle porte di Kabul. C’era agitazione nelle strade, si parlava di rivoluzione; gli anarchici tenevano comizi e recitavano poesie ma soprattutto erano i mujaheddin a parlare di più e i chierici mussulmani stavano ad aspettare il loro momento. Fu allora che i sovietici invasero il paese. 

Paolo Bandirali con uno dei due amici venne imbarcato su un aereo che li riportò in Europa. L’altro amico andò sulle montagne con i mujaheddin grazie all’amore di una donna. Paolo ci disse che questa donna era una importante nella guerriglia. Così l’amico di Paolo divenne uno dei partigiani che combatterono i sovietici. Era un grande amore, disse Paolo, ma finì quattro anni dopo. 

Quando il loro amico tornò in città era malato di consunzione e di melanconia, cominciò a drogarsi con le nostre droghe tristi e un giorno, una mattina presto, gli operai del turno delle sei alla ferriera lo trovarono morto nella sua auto ferma lungo le mura dello stabilimento.

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A lungo Paolo Bandirali soffrì per questa storia, fino a quando, già vecchio, una mistica gli insegnò il segreto per prolungare i sogni che lui trasformò in una pratica di beneficienza dopo aver provato, inutilmente, a ricavarne dei soldi. Fu quando non riuscì più a prolungare i sogni degli altri e capì di essersi smarrito ancora, che decise – “Puoi aiutarmi a trovare Maletta e a convincerla a parlarmi”, gli disse Lina – di partire per l’Argentina.

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Immagine in apertura: Charles Demuth, 1931, Buildings Abstraction, Lancaster – Wikiart.

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