Ri-scatti. Per me si va tra la perduta gente, PAC Milano

Foto dal carcere al PAC di Milano

Al PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano, fino al 6 novembre c’è una mostra (tra l’altro è gratuita) imperdibile: Ri-Scatti. Per me si va tra la perduta gente.
Sono fotografie scattate da detenuti e agenti della polizia penitenziaria che hanno partecipato a un percorso di formazione e che documentano in modo efficace, sincero e senza retorica, frammenti della vita nelle carceri.

Consiglio di vederla perché il risultato è davvero forte.
Perché aiuta a immaginare, intuire, provare a comprendere, almeno un poco, cosa sia trascorrere anni in un’istituzione di reclusione, cosa significhi organizzare il tempo, la cura di sé quotidiana, le relazioni con gli altri; cosa sia pensare agli affetti rimasti fuori e lontani. Cosa sia anche vivere da «guardia» dentro, insieme ai detenuti, nella pratica altrettanto quotidiana e minuta del «sorvegliare» che si affianca alla pratica del lavoro che non può essere un lavoro come un altro.

Il progetto è guidato da Ri-Scatti Onlus, l’associazione di volontariato che dal 2014 crea eventi e iniziative di riscatto sociale attraverso la fotografia. 

Come spiega Diego Sileo, curatore al Pac, la mostra «si propone di raccontare le complessità, le difficoltà, ma anche le opportunità della vita negli istituti di reclusione, al di là delle semplificazioni e delle stigmatizzazioni, fornendo ai partecipanti uno strumento formativo e generando anche un confronto costruttivo e una sinergia concreta tra l’amministrazione cittadina, quella penitenziaria e le istituzioni culturali milanesi».

I detenuti e gli agenti che hanno ritratto le carceri dall’interno,, vivono o lavorano in quattro istituti di detenzione milanesi: Casa di Reclusione di Opera, Casa di Reclusione di Bollate, Casa Circondariale F. Di Cataldo, IPM C. Beccaria.

È stato, spiega ancora Sileo, un «percorso mai affrontato prima da nessun altro, con una novità assoluta per i partecipanti che hanno seguito il corso di formazione durato mesi: per i detenuti la possibilità di avere a loro disposizione le macchine fotografiche nei reparti e nelle celle e per gli agenti di polizia la possibilità di disporne durante i loro orari di lavoro. Il risultato è un racconto intenso, veritiero, esplicito, dalle tinte forti ed estremamente duro».  

Alcune delle foto della mostra

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