(specialmente il lettore di un gruppo di lettura)
I diari di lettura ci accompagnano e ci aiutano a rafforzare la nostra partecipazione alla vita, sono l’incarnazione evidente della natura espressiva e rivolta agli altri esseri di qualsiasi considerazione e emozione ci susciti la lettura, anche la più intima e condotta nell’isolamento.

Il Premio Pieve Saverio Tutino 2018 è andato a Luca Pellegrini, autore del memoir “Il mare insegna”. Il Premio è assegnato ogni anno dalla Fondazione Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano (Arezzo), “La città dei diari”.
Chi è passato da questa cittadina toscana e ha visitato il “Piccolo museo del diario”, si è fatta un’idea del lavoro bellissimo fatto dall’Archivio diaristico per raccogliere e valorizzare e rendere visibile e leggibile il patrimonio di scritture personali che vengono raccolte a Pieve. Scritture personali – diari, memorie, lettere – che tutti possono inviare.
Il premio Saverio Tutino (giornalista e scrittore che ha contribuito in modo decisivo alla costituzione dell’Archivio) ogni anno premia le opere giudicate più interessanti e di valore universale, ma ha anche una grande importanza perché facilita l’avvicinamento al patrimonio dell’Archivio e al Museo, quest’ultimo vera porta aperta e di divulgazione di questo patrimonio.
Il vincitore del 2018, Il mare insegna di Luca Pellegrini, viene così descritto dagli amici dell’Archivio e del Piccolo museo di Pieve: “Le avventure per mare che ci ha lasciato Luca Pellegrini sono pervase da uno spirito critico straordinario, unica chiave che, anche nel mondo contemporaneo, possa dirsi valida per indagare il proprio tempo vivendolo da protagonista.” (La motivazione completa della scelta la trovate alla fine di questo articolo nella nota**).
Diario, memorie
Scrivere di sé, della propria vita e di quella dei propri cari, amici o nemici, è una pratica che aiuta a capire e orientarsi nel mondo in modo più consapevole e attivo, a volte consolatorio, altre volte capace di trasformazioni della propria condizione.
Quando si scrive sul proprio diario – o si appuntano memorie, manoscritte o anche dattiloscritte o su un file elettronico – per avere una traccia del passato da leggere nel futuro, è come se ci si preparasse anche a raccontare ad altri – anche se solo virtualmente, anche se in molti casi non permetteremo a nessuno di leggere quel che scarabocchiamo sul nostro quaderno – di sé e della vita che facciamo, delle nostre esperienze importanti; per argomentare le scelte che abbiamo fatto, per rimpiangere o giustificare gli errori; per narrare gli amori abbracciati e gli amori perduti; per raccontare chi siamo stati e chi forse saremo o saremmo stati, in circostanze differenti.
Il diario del lettore
Il lettore che include le proprie letture fra le “esperienze” molto rilevanti della vita, è spesso alle prese con forme specifiche di diario: i diari di lettura, che sono poi le annotazioni su quel che legge, magari messe solo al margine della pagina letta, a volte sui fogli candidi del proprio diario o quaderno privo di date stampate, oppure sul file di un computer.
La pratica intensa della lettura diventa una pratica di scrittura soggettiva, che quasi sempre, specie nelle forme più complesse, intreccia la lettura con il proprio vissuto.
Il che, pensandoci bene, ricorda molto quel che facciamo nei gruppi di lettura, quando condividiamo quel che abbiamo letto.
Note di lettura
Ciò che scrive il lettore a proposito delle proprie letture si colloca in un continuum che va dalla semplice nota a margine del libro fino alla vera e propria analisi strutturata di quel che ha letto, intrecciata al come l’ha letta e soprattutto alle reazioni soggettive. Nel mezzo poi ci sono le trascrizioni di parti del libro o del racconto letto, come promemoria ma anche come partenza per ragionamenti e argomentazioni, racconti di lettura.
Di alcune di queste note di lettura – ha scritto per esempio Luca Ferrieri nel suo fra l’ultimo libro letto e il primo nuovo da aprire (Olschki Editore, 2013), nel capitolo sulle “Tracce di lettura”, l’ultimo del libro. Ferrieri si concentra sulla forma “marginalista”, e quella “estrattiva” (le trascrizioni di parti del testo letto) delle tracce di lettura lasciate dal lettore. Scrive Ferrieri: “Il modo e il luogo della traccia non sono mai neutrali (se no la traccia non sarebbe una traccia) e ciò che la traccia (sia marginalista che estrattiva) fa, non è tanto ricordare i testi, ma la reazione del lettore ai testi.” (I grassetti sono miei).
Questa “reazione del lettore ai testi” è dunque – mi sembra – lo spazio in comune fra il diario del lettore e il gruppo di lettura (qualsiasi configurazione assuma la “condivisione della lettura”). Va da sé che più la nota (traccia) è complessa e ragionata e più si configura come elaborazione del lettore, che nasce già per essere comunicata ad altri. Cosa che, in fondo, come detto, vale per tutti i diari, anche quelli destinati a stare sempre nel cassetto della scrivania di chi li scrive. (Del resto, la storia dell’Archivio di Pieve e la dimensione pubblica che assumono i diari che vi entrano, sembra fatta apposta per togliere l’illusione della natura “in essenza” privata della scrittura diaristica).
Per questo ho qualche dubbio che la nota di lettura, forma di “«lettura scritta» e ibrida” come dice Ferrieri, sia “destinata originariamente a non aver altri lettori che il lettore medesimo”. La mia esperienza personale e alcune conversazioni sulla questione mi fanno invece pensare che la nota di lettura, sia quella al margine, sia quella estrattiva, ma soprattutto la forma più strutturata e complessa, sia sempre anche pensata per qualcun altro che troverà quella traccia, o al quale faremo trovare quella traccia.
Quando lascio una nota al margine penso per esempio a un famigliare o un amico che legga il libro dopo di me (cosa che è in effetti successa più volte ed è stata occasione di dialogo); e quando ne trovo una su un libro che altri hanno letto prima – un amico, un famigliare ma anche un lettore anonimo che ha scritto su un libro della biblioteca – non la leggo mai come un segreto violato, ma come una comunicazione, nata per arrivare ad altri lettori, quindi anche a me.
Se poi pensiamo invece a veri propri appunti di lettura, ai quaderni che li ospitano e che contengono molteplici diari dedicati a vari libri (o anche alla lettura quotidiana dei giornali o di saggi su riviste o sul web), ecco che troviamo già configurati i diari del lettore, che spesso confluiscono o completano diari su altri aspetti della vita, nella quale comunque la lettura entra da protagonista.
In questi diari troviamo l’abbraccio reciproco fra il libro letto e il lettore e la vita del lettore, ma anche fra il lettore e il mondo.
Chiunque ha visto lettori all’opera su questi diari, anche in spazi pubblici come le biblioteche, gli incontri di un gruppo di lettura, ma anche i caffè e gli altri locali dove le persone si fermano a leggere e a osservare il mondo attorno.
Leggiamo per esprimerci
I diari di lettura ci accompagnano e ci aiutano a rafforzare la nostra partecipazione alla vita, sono l’incarnazione evidente della natura espressiva e rivolta agli altri esseri di qualsiasi considerazione e emozione ci susciti la lettura, anche la più intima e condotta nell’isolamento.
Forza, tutti dovrebbero scrivere il proprio diario di lettori, che è un diario ricco come la vita.
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*Nota
Il mare insegna di Luca Pellegrini, vincitore del Premio Pieve Saverio Tutino 2018
Nato nel 1806 in una famiglia agiata, dopo l’improvvisa morte del padre notaio deve rivedere le sue prospettive di vita. Abbandonati gli studi, a 16 anni si imbarca come mozzo su un piccolo veliero. Dal golfo di Trieste arriva a Smirne e a Costantinopoli, naufraga, riparte per l’Africa e il Sud America. Segue in prima persona il progresso tecnico che porta dalle navi a vela a quelle a vapore, e in soli quattordici anni diventa capitano di una delle prime che solca il Mediterraneo.
Da ognuno di questi viaggi riporta racconti eccezionali. Lo sguardo curioso di un uomo libero dai preconcetti del suo tempo è la cifra che contraddistingue questa narrazione rispetto a memorie analoghe dell’Ottocento. Mirabili in particolare le considerazioni e la condanna della schiavitù dei neri nelle grandi piantagioni brasiliane, come le riflessioni sulla religione. Senza dimenticare il piglio antropologico con cui si stupisce davanti agli usi e i costumi delle popolazioni che incontra, dal Marocco alla Grecia passando per il Brasile e il Medio Oriente. Non perde occasione, nelle città in cui sbarca, di notare le bellezze artistiche, ma neppure quelle femminili, regalandoci bellissime pagine romanzesche esaltate da un linguaggio vivace arricchito da parole dal forte gusto ottocentesco.
Le avventure per mare che ci ha lasciato Luca Pellegrini sono pervase da uno spirito critico straordinario, unica chiave che, anche nel mondo contemporaneo, possa dirsi valida per indagare il proprio tempo vivendolo da protagonista.
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