AIUTA A LIBERARCI DAI BRUTTI LIBRI E DAI GIUDIZI SUPERFICIALI. E DALL’IDEA CHE CONTI SOLO LEGGERE: INVECE CONTA ANCHE COME LEGGIAMO

La “lettura ravvicinata” (traduzione un po’ forzata di “close reading” e inteso qui in modo un po’ generico e non maniacale, ovviamente) può aiutare molto la lettura dentro i Gdl.
In almeno tre modi diversi.
- Il primo: concentra l’attenzione sulla scrittura dell’autore, che viene messa davvero al centro della lettura, contro le derive, diciamo così, soggettiviste.
- Il secondo: familiarizza il gruppo a discorsi pertinenti, per evitare il “vale tutto” quando si parla del libro.
- Il terzo: avvicina tra loro i lettori; permette di andare al cuore delle pagine, dei racconti e dei romanzi, agevolando la riflessione sui personaggi, le situazioni, le sfumature morali. Aumenta dunque la partecipazione emotiva.
Il close reading mette da parte la lettura pigra e superficiale. E, dentro il Gdl, i giudizi superficiali.
Perché in fondo, a parte le numerose definizioni tecniche di “close reading” che si sono accumulate in decenni, quel che ci interessa qui è la lettura attenta, molto attenta e necessariamente lenta e probabilmente ripetuta.
Fra le giustificazioni della diffidenza di lettura analitica e ravvicinata viene a volte detto che la lettura così attenta finirebbe con il cancellarne il piacere. Oppure che ingabbierebbe lettura e interpretazioni del romanzo o del racconto in griglie teoriche e ideologiche simili a quelle evocate dal “decostruzionismo” o dalle letture politiche che hanno in passato “orientato” interpretazioni e distorsioni.
PAROLA PER PAROLA
Invece, la lettura attenta, lenta e ravvicinata che traduce questa interpretazione del “close reading” è esattamente l’opposto di una gabbia.
Restituisce completamente lo scritto dell’autore al lettore e permette a quest’ultimo di apprezzarlo, con attenzione, “parola per parola”.
Perché è proprio questo che si intende: leggere – per parafrasare Francine Prose e il titolo del suo libro, Reading Like a Writer – come leggerebbe uno scrittore che vuole imparare da scrittori molto molto bravi.
Prendendo a prestito sempre il libro di Francine Prose (in italiano: Leggere da scrittore, Audino, 2014), possiamo articolare l’esperimento di una “lettura ravvicinata” di un breve racconto di un grande scrittore, prestando attenzione a tutti o ad alcune di questi fatti:
1) l’uso delle singole parole;
2) la costruzione e la lunghezza delle frasi;
3) il ritmo dato dai paragrafi. Cosa sta dentro un paragrafo e cosa entra invece nel successivo, gli effetti di queste scelte sulla lettura, sull’effetto del racconto;
4) chi narra la storia? Che voce usa? Che cosa sa veramente? E perché lo sa? Quanto ci dice di quello che sa?
5) I personaggi come vengono presentati: quali e quante sfumature di carattere, personalità, morali, quali ambivalenze, ambiguità afferriamo, intuiamo, sospettiamo? Cosa usa l’autore per metterceli davanti, delinearne il profilo: i pensieri, le azioni, i sentimenti, i gesti, le parole? o Tutto insieme?
6) I dialoghi. Prose, per esempio, sostiene che un grande dialogo in un racconto o romanzo non deve mai limitarsi a essere uno strumento per trasmetterci solo informazioni per far avanzare la trama. Deve – come molti dei dialoghi nel mondo reale – avere più di un’intenzione, scopo. Quindi avremo il testo e alcuni sottotesti che riveleranno – se letti con attenzione – ambizioni, obiettivi, desideri dei parlanti, non espressi esplicitamente.
7) I dettagli. Come sono usati per dare quell’illusione di vero che ha la migliore scrittura narrativa? Quel dettaglio che, inconsapevolmente il più delle volte, ci porta dentro la storia sospendendo ogni scettica incredulità?
8) Gesti. Prose intende con gesture “piccole azioni fisiche, spesso inconsce o semi-riflessive, quel linguaggio del corpo che ci caratterizza ma al quale il più delle volte non pensiamo. Ecco, dice, la cattiva narrativa rende questi gesti come se fossero azioni decisive, molto importanti anche quando sono familiari, scontate. Dire che il cuore ha cominciato a battere forte quando un personaggio ha saputo che hanno scoperto il cadavere che ha occultato è inutile, è ovvio, lo immaginiamo da soli. Anzi è implicito, lo diamo per avvenuto. Dice ancora Prose: se ci viene detto che un personaggio accende una sigaretta, allora è un gesto che dovrebbe significare qualcosa, non semplicemente riempire la scena.
Oltre a questi, suggeriti da Francine Prose, potremmo aggiungere e inventare altri criteri di lettura “ravvicinata”. Quel che conta però, per noi, è il risultato. Letture consapevoli, insomma.
Insomma: non intendo dire che questa idea del “close reading” dovrebbe invadere i gruppi di lettura; solo che potrebbe essere una pratica, che, ogni tanto, ci aiuta a leggere meglio e con più soddisfazioni.
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