Leggere la fiction contemporanea in un mondo che non capiamo. Come scegliere i libri che ci aiutino a fare le domande giuste al nostro tempo. E perché Lionel Asbo di Martin Amis è sembrato “un libro inutile”

“Non leggerò mai uno scrittore già morto!”
Un giorno un giovane lettore mi disse che non avrebbe mai letto, almeno per i successivi dieci anni (“prima che io diventi un uomo maturo”) uno scrittore che fosse già morto.
Diceva che solo la prossimità fra il tempo della scrittura e il tempo della lettura poteva rendere un romanzo interessante.
Ci ho ripensato in queste settimane. E fra alcuni fili che si sono intrecciati ho trovato annodati il pensiero di questo lettore e la mia attuale difficoltà a dedicarmi alla lettura di un romanzo.
È solo un piccolo ragionamento sul tempo. Sul tempo e la lettura, ovviamente, e il lettore.
Fra il tempo dello scrittore e il tempo del lettore
In particolare la relazione fra il tempo dello scrittore
– quando ha scritto il libro? – quale il tempo dentro il romanzo?
– e il nostro tempo di lettori, in particolare, chi siamo noi quando lo leggiamo, in che mondo siamo immersi.
Ed è qui che arriva quel che è enunciato nel titolo: Quanto è difficile leggere un romanzo! Perché il mondo gira intorno a noi, si trasforma, si manifesta estremo.
Difficile leggere per esempio Martin Amis, Lionel Asbo, come hanno fatto alcuni di noi nel gruppo di lettura di Cologno Monzese, nei giorni in cui l’estremismo uccide chi usa la satira per comunicare delle idee, oppure nei giorni nei quali ci arrivano confusi i segnali di una carneficina continua perpetrata da Boko Haram in Nigeria, oppure vediamo il flusso continuo di disperati verso l’Europa che fuggono fame e guerre e umiliazioni. E ancora sappiamo che in Siria e Iraq si continua a morire o che in Messico violenza e omicidi governano intere parti della società. E molto altro.
Letture più “urgenti” di un romanzo
Sì insomma ha senso leggere un romanzo? E se ha senso – perché sappiamo che l’ha – come riuscire a dedicargli il nostro tempo quando c’è così tanto di più urgente da leggere del mondo? Perché è il mondo che vogliamo conoscere e capire quando leggiamo, giusto?
Non è solo una questione di qualità del romanzo (lo dico perché, per stare all’esempio di prima, parecchi del gruppo non hanno apprezzato il libro di Amis e probabilmente lo definirebbero una “perdita di tempo”, se messi alle strette.)
Letture “fuori dal nostro tempo”
No, se anche il romanzo fosse di grandissima forza e qualità, capace di generare insieme piacere e gratificazione intellettuale e di conoscenza, non avremmo lo stesso questa difficoltà nell’affrontare una lettura che ci sembra “fuori dal nostro tempo”?
Non ci resta comunque la sensazione che occuparsi del mondo là fuori, di come è oggi, sia più urgente? Non ci costringe tale sensazione a divorare giornali e riviste, pezzi lunghi e articolati di analisti su siti web stranieri, per provare ad afferrare quel che il mondo genera oggi, qui e ora, per cercare di dare ordine a un caos che sembra incomprensibile?
La risposta più tranquillizzante è alla nostra portata: il romanzo – un grande romanzo – è proprio una delle forme più complesse per comprendere il mondo; anzi per comprenderlo in anticipo, perché ci mostra condizioni e strutture “universali” della condizione umana. Quindi la lettura si giustifica, almeno in linea di principio. Tuttavia così non abbiamo risposto alle domande.
Il tempo dello scrittore
Possiamo articolare un po’ il pensiero ragionando sul fatto che forse leggere gli scrittori contemporanei ci aiuterebbe di più nel nostro sforzo di comprensione.
Insomma se lo scrittore è nostro contemporaneo è più probabile che ci aiuti a decifrare il mondo contemporaneo, almeno a coglierne le questioni di fondo, a mostrarcele (magari sì, in anticipo).
Condizione di incertezza
Tim Parks sostiene che la lettura degli scrittori contemporanei ci mette in una condizione di incertezza sia per la forma che ci propone, sia per i temi: ci chiede di cambiare la nostra lettura del mondo, cambiare i nostri gusti di lettori, di mettere in discussione le nostre conoscenze.
E che questa incertezza, quando siamo costretti a cambiare percezione, è parte del piacere della lettura e del piacere di conoscere il mondo nel quale viviamo:
“Il mondo cambia e le persone cambiano ed è per il modo in cui l’autore è sensibile alle cose del mondo, come sono ora, che ci attira la letteratura contemporanea.”
Ci costringono a fare domande che fino a oggi non ci siamo fatti
Parks cita Virginia Woolf che invitava i suoi contemporanei a leggere gli scrittori ancora vivi, perché ci fanno domande e ci costringono a fare domande che fino a oggi non siamo riusciti a porci, semplicemente perché gli scrittori del passato vivevano in un mondo diverso da quello nel quale viviamo noi.
Il che forse spiega anche cosa succede quando questi stessi scrittori contemporanei ci deludono. Ci deludono quando, ancora prima del giudizio di gradimento – per il quale è importante anche una certa componente personale, idiosincratica -, manca nella loro scrittura la capacità di sorprendere la nostra percezione del mondo. Non riescono a mostrarci i lati oscuri, nascosti; non ci aiutano a cogliere il contesto; non ci permettono di porci domande nuove.
Testimoni riferiscono che in una lezione ad aspiranti scrittori, tenuta poco prima di morire, W.G. Sebald abbia, tra l’altro, suggerito:
– La scrittura ha a che fare con la scoperta di qualcosa fino a quel momento non visto. Altrimenti l’attività è priva di senso.
Amis, una lettura “inutile”
Sensazione di lettura priva di senso è un po’ quella avvertita nel gruppo di lettura su Amis. Perché tutti, anche chi non ha giudicato “inutile” la lettura, anche chi ha scorto dei momenti interessanti e piacevoli nella lettura, anche costoro insomma, hanno trovato in Lionel Asbo più una proiezione di fissazioni, preconcetti, idee rimasticate da una carriera di scrittore dall’ego gonfiato che un’idea e delle domande sull’Inghilterra – e l’intero mondo occidentale – di oggi.
Dobbiamo essere indulgenti con gli scrittori contemporanei
Però dobbiamo essere indulgenti con gli scrittori contemporanei, almeno quando ci aiutano a farci domande nuove. Fanno un lavoro prezioso.
Ci sfidano anche nei giudizi estetici: sappiamo, grosso modo, cosa aspettarci da un romanzo di 50 anni fa, l’hanno letto in tanti, in tanti l’hanno giudicato, molte domande ci vengono suggerite dagli altri lettori, dai lettori che ci hanno preceduti. E se anche siamo convinti della suprema necessità di indipendenza nella lettura, sappiamo anche che è impossibile leggere un romanzo senza tener conto delle letture che generazioni di lettori prima di noi hanno fatto.
Un autore contemporaneo invece viene letto da tutti i contemporanei, insieme. Non ci sono generazioni ad aiutarci e a spiegarci; a fare le domande prima di noi. Quindi l’indulgenza è giusta; perché forse semplicemente non sappiamo leggerli i contemporanei, o li sappiamo leggere parzialmente e dobbiamo conceder loro che possono anche sbagliare nella lettura del mondo contemporaneo.
Gli scrittori che ci aiutano, con le domande giuste
Però se questi scrittori invece si ripetono, ripetono se stessi, riprendono con maniera il passato, come se appartenessero anche essi al passato. Non ci aiutano a farci domande. Ecco in questo caso non servono a nulla.
Che è poi il giudizio che alcuni hanno dato del libro di Martin Amis, “un libro inutile”.
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