No non temete: non è un post nostalgico sul bel tempo andato delle librerie.
Tutt’altro: vorrei invece capire cosa dovrebbe essere (o avere) una libreria per piacere davvero a un lettore. E per avere un futuro.
«Piacere», vale a dire: comprare dei libri, tornarci spesso, consigliarla ad amici e ad altri lettori.

Perché, anche se non sempre a noi lettori piace ammetterlo, il mondo del libro è, ovviamente anche un business, un’attività che deve far quadrare i conti, altrimenti si estingue. Come purtroppo sanno moltissimi proprietari di librerie costretti a chiudere. E come ci ricordiamo anche noi lettori ogni volta che vediamo una rivendita di sigarette elettroniche o un beauty center al posto di una libreria.
Perché le librerie sono la trincea di questo ecosistema del libro in grave difficoltà economica.
In verità questo post vorrebbe essere una riflessione per capire come il modello di business (come lo chiamano gli esperti di economia) delle librerie potrebbe cambiare per poter sopravvivere. MI piacerebbe capire che idee ci sono in giro in proposito.
Intanto ecco i miei criteri di scelta:
1) Una libreria deve scegliere cosa propormi e conquistarmi soprattutto per questa scelta.
2) Una libreria mi deve aiutare a scorpire cose che non so (libri, autori, editori).
3) Una libreria deve avere una copia consultabile di tutti i libri che propone [cfr. 1) dei doveri degli editori]
4) Una libreria non deve piacere a tutti i lettori.
5) Una libreria deve parlarmi.
6) Una libreria deve animare il quartiere.
7) Una libreria deve avere un “catalogo” di libri usati.
Io in cambio prometto che i libri li comprerò sempre lì:
a) anche se dovrò aspettare qualche giorno prima di averli
b) anche se su Amazon o Bookdepository costano meno
Editori e distributori
1) Gli editori dovrebbero regalare alla libreria una copia dei libri che la libreria decide di proporre ai suoi lettori, come avviene con le copie date per le recensioni ai critici.
In questo modo le librerie proporrebbero la copia in consultazione [cfr. 1) dei doveri della libreria] ai propri lettori: quelli che decidono di acquistare aspetteranno [cfr. a) delle mie promesse] che arrivi la loro copia direttamente a casa, dopo l’ordine fatto dal libraio al distributore.
(Questa idea mi è sembrata una buon compromesso e l’ho trovata espressa da Virginia Postrel su Bloomberg.com, quindi un’idea proposta da gente che ne capisce di economia).
Certo servirebbe un compromesso per le copie dei libri “di catalogo” – quelli che non sono novità ma che sono spesso richieste dai lettori e che, il più delle volte, nemmeno serve consultare. In questo caso si potrebbe scommettere sull’ordine da un catalogo elettronico e il lettore dovrebbe aspettare qualche ora o giorno per avere il suo libro (lo stesso tempo che aspetterebbe se lo ordinasse da inMondadori o Bookdepository o Amazon)
2) Gli editori e i distributori dovrebbero praticare politiche di prezzo e sconti non discriminatorie per le librerie: le librerie sono il principale agente di socializzazione e diffusione dei loro libri, non solo in senso di spostamento fisico dei volumi, ma soprattutto in fatto di “vendita” delle idee e delle suggestioni/emozioni del loro prodotto.
Perché librerie rispetto agli store on line hanno il vantaggio fondamentale di servire da luogo di scoperta: su Amazon o Ibs vai a cercare quello che sai di volere; nelle librerie vai soprattutto a scoprire cosa c’è di pubblicato che riesce a interessarmi. Insomma, agli editori (e agli autori) le librerie servono come il pane, perché non dovrebbero fare uno sforzo per aiutarle a vivere in salute?
Come la vedete?
Rispondi