
Ho letto con curiosità l’articolo pubblicato da Maria Popova su Brain Pickings a proposito di Virginia Woolf e della sua idea di come leggere un libro. Già, chi è il buon lettore? La scrittrice lo spiega nel saggio “Come andrebbe letto un libro?” contenuto nella raccolta Il Lettore Comune – Seconda serie. Chi sono coloro che sanno leggere bene un libro, che hanno il giusto approccio e che dunque possono trarre il maggior beneficio dalla meravigliosa attitudine alla lettura? Vediamo se vi ci ritrovate e soprattutto, se siete d’accordo con la Woolf. Io in parte sì.
La scrittrice parte dal concetto di soggettività e indipendenza:
L’unico consiglio che una persona può dare a un’altra sulla lettura è di non ricevere consigli, seguire solo il proprio istinto, usare la propria ragione, arrivare alle proprie conclusioni… L’indipendenza è la più importante qualità in assoluto che un lettore deve possedere.
Ma non basta. Bisogna anche stare molto attenti a non avvicinarsi alla lettura con preconcetti o aspettative specifiche:
Molti chiedono ai libri cosa i libri possono darci. Spesso ci avviciniamo ai testi chiedendoci quanto di un libro di fiction possa essere verità… di una biografia quanto sia la volontà di esaltare la vita del soggetto… Invece, se noi riuscissimo a fare a meno di tutti questi preconcetti partiremmo col piede giusto. Non dettare le parole al tuo autore, cerca di diventare lui. Di essere il suo braccio destro, suo complice.

Insomma, perché privarsi del piacere di ricevere il massimo possibile dalla lettura solo per il fatto di chiudere la mente a messaggi e finezze e curiosità che l’autore potrebbe trasmetterci? E perché farlo per dare ascolto a pregiudizi frutto di un vissuto che prescinde dal libro che stiamo per leggere? Aprire la mente, consiglia Woolf, è fondamentale, senza farsi influenzare dall’autore. Anche quando leggiamo diari o lettere:
Fino a che punto un libro è influenzato dalla vita, dalle simpatie e dalle antipatie del suo scrittore? E fino a che punto dobbiamo cedere a queste evidenze o al contrario starne lontani? Ognuno di noi deve essere libero di scegliere come comportarsi. Ma possiamo anche decidere di approcciare il testo non per capire meglio la letteratura o per familiarizzare con personaggi famosi, ma per dare nuova linfa ed esercitare i nostri poteri creativi.
In ogni caso (e qui arriviamo a una parte del pensiero che mi ha davvero trasportata), il vero regalo che ci viene dato dalla lettura è quel “periodo di incubazione” tra la fine della lettura e il dopo. Quel periodo in cui le singole impressioni diventano un tutt’uno e si realizzano in un’idea profonda.
La fase in cui riceviamo singole impressioni è solo la prima metà del processo della lettura. Se vogliamo ottenere il piacere massimo dobbiamo aggiungere dell’altro… dobbiamo fare delle impressioni molteplici un’unità duratura… Ma dobbiamo aspettare che i dubbi della lettura svaniscano; che le domande e i conflitti generati, vengano meno; camminare, parlare, togliere i petali morti da una rosa, o addormentarsi. Poi a un certo punto, senza volerlo… il libro tornerà, ma in modo diverso e fluttuerà nella nostra mente nel suo complesso.
Ma attenzione, avverte la Woolf, questa seconda parte è ancora più difficile della prima da realizzare. C’è bisogno di fantasia, di intuizione, ed è un lavoro talmente difficile da concepire che è quasi impossibile pensare a una mente abbastanza dotata… Allora, meglio lasciare tutto in mano ai critici? Assolutamente no. Il nostro rapporto con poeti e romanzieri è così intimo che la presenza di un’altra persona risulta intollerabile, ci ricorda la scrittrice.
È il nostro gusto, sono le sensazioni che ci arrivano ad essere illuminanti… si impara attraverso il sentire… e con il passare del tempo magari si riesce a guardare tutta l’opera con maggiore controllo ed equilibrio. E a vederla diversa da come l’avevamo interpretata all’inizio.
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Un’ultima perla: Virginia Woolf, da grande sostenitrice della gioia della lettura, ci dice:
A volte ho sognato che arrivato il giorno del giudizio in cui tutti saranno pronti a ricevere i loro premi, il Signore si girerà verso Pietro e gli dirà (non senza una certa invidia quando ci vedrà entrare con i nostri libri tra le braccia): “Guarda, costoro non hanno bisogno di premi. Non abbiamo nulla per loro. Loro hanno amato leggere”.
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