Per i lettori accaniti è un fatto noto, anche se non se ne parla quasi mai, forse per pudore. Mi riferisco al fatto che la lettura sia una esperienza di vita, vera. Non (solo) vicaria, non voyeuristica. Esperienza di grande qualità, valida in sé, non tanto e non solo in quanto “intrattenimento”.

Il lettore non prende nemmeno in considerazione il presunto dualismo fra vivere e leggere (quello del «Leggere? No, preferisco vivere».) È banale, dunque, ma ci tocca ricordarlo a volte: leggere è vivere, e vivere di grande qualità. Ci tocca ricordarlo perché troppo spesso abbiamo davanti persone che se lo dimenticano.
Ce lo ha ricordato qualche settimana fa anche Paolo Di Paolo sul domenicale del Sole 24 Ore (24 febbraio 2013): ci porta come esempio grandi narratori “puri” che negli ultimi loro romanzi inseriscono personaggi che leggono grande letteratura: «è la volontà», nota Di Paolo, «di dimostrare che Orgoglio e pregiudizio, Cime tempestose o Grandi speranze, possono, ancorati al vissuto dei personaggi, diventare a tutti gli effetti “azioni narrative”».[…] «Eugenides, Irving, McEwan ci parlano di una letteratura che produce esperienza, che la determina».
Scrive ancora Di Paolo:
È impossibile non notare – nell’insistenza di questo parlare di romanzi nei romanzi – una implicita riflessione saggistica: l’idea, sempre meno contemplata, che leggere possa essere qualcosa di più che puro e deperibile intrattenimento. […] Parlando di certi romanzi nei loro romanzi, questi scrittori si richiamano a una possibilità, a uno spazio in cui le storie non sono tutte uguali; e se diventano esperienza, se diventano «sangue in noi, sguardo e gesto», lo fanno per via di un rapporto tra la realtà e il linguaggio, tra la realtà e l’intelligenza, l’immaginazione, tra la realtà e la cultura, che non è sostituibile, ma unico, ovvero creativo, insieme etico ed estetico. Memorabile appunto.
Noi comunque ne abbiamo parlato più volte, con sfumature differenti, per esempio a proposito dello status della condivisione della lettura nei Gruppi di lettura. In quali ambiti della realtà si esercitano i giochi linguistici dentro i Gdl?
Si è notato più volte che lo spazio pubblico del Gdl (microcosmo delle tante possibilità che si trova davanti il lettore) diventa uno spazio autonomo nel quale si condivide sia l’esperienza vicaria vissuta dai protagonisti e dalle idee dei romanzi, sia l’esperienza propria dell’atto del leggere. Questo in un intreccio spesso arduo da dipanare e che ha molti degli aspetti del narrare ad alta voce: gli strati del discorso, gli ingressi e le uscite e i passaggi da un dominio all’altro (lettura – vita), le vie di fuga, le porte aperte e chiuse, i giudizi alternati ma anche annodati, frutto delle due esperienze.
Si diceva:
Come dimostra il fatto, per esempio, che giudizi e analisi [nelle discussioni dei Gruppi di lettura] siano senza sorpresa dedicati, come se si vivesse dentro il romanzo, alla statura morale o anche all’antipatia di un personaggio, trattato come se fosse una persona che si incontra ogni mattina sotto casa; e che queste analisi coesistano con naturalezza nello stesso lettore con analisi, appunto, da lettore, quindi esterne al romanzo.
Del resto, ce lo ha ricordato recentemente anche Oliver Sacks, quando ci ha spiegato che la nostra memoria mischia esperienze dirette, racconti fatti da altri, conoscenze acquisite, letture, e ci porta spesso a dimenticare le “fonti” che hanno prodotto questi ricordi. Ci porta, in molti casi, a non distinguere se quel che ricordiamo è avvenuto o ci è stato raccontato o l’abbiamo letto. E questa incertezza è fonte di creatività.
Il disinteresse per la fonte ci permette di assimilare quello che leggiamo, quello che ci viene raccontato, quello che gli altri hanno detto, pensato, scritto o dipinto, con la stessa intensità e ricchezza di particolari delle nostre esperienze dirette. Ci consente anche di vedere e di sentire con gli occhi e le orecchie degli altri, di entrare nella loro mente, di assimilare l’arte, la scienza, la religione, di un’intera cultura, di entrare in quella mente comune che è la conoscenza generale e dare il nostro contributo. (Oliver Sacks, “Speak memory”, The New York Review of Books)
– Paolo Di Paolo, “Narrare a colpi di citazioni”, Il Sole 24 Ore, 24 febbraio 2013
– Oliver Sacks, “Speak memory“, The New York Review of Books, February 21, 2013 (l’articolo di Sacks è stato tradotto da Internazionale e pubblicato sul n. 989, 1/7 marzo 2013)
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