
Il giallo di via Tadino, di Dario Crapanzano, edito da Fratelli Frilli Editori: un giallo che si lascia leggere volentieri, forse più apprezzabile per i milanesi.
E’ ambientato negli anni 50; la scrittura è volutamente semplice, un po’ naif e in alcuni punti quasi pedante, ma richiama nello stile quegli anni.
Il protagonista è il commissario Mario Arrigoni, commissario capo del commissariato di Porta Venezia.
Il caso su cui investiga è il presunto suicidio di una donna, moglie e madre di famiglia, che cade dal terzo piano di una casa di ringhiera di via Tadino. Agli occhi di tutti è un semplice caso di suicidio, ma l’intuito del commissario lo porta a dubitare della soluzione più semplice. Scavando nella sua vita, nel suo carattere, nei suoi rapporti con la famiglia e i vicini di casa, il commissario riuscirà a scoprire la verità.
Il tutto con precise descrizioni della Milano anni 50 (in particolare della zona di Porta Venezia), della vita del dopoguerra, dai programmi in radio, ai sanguis (italianizzazione di sandwich) nei bar della città (anzi, caffè, il termine bar ancora non esisteva), dai menu dei pranzi della domenica (risotto giallo alla milanese e arrosto), ai liquori di cedro fatti in casa.
La gente stava consumando il pasto della sera o, nella maggior parte dei casi, lo aveva già terminato. Lì si mangiava presto, sia per una tradizione dura a morire che veniva dalle origini contadine dei più, sia perché la mattina tutti andavano a lavorare di buon’ora. Operai, artigiani o negozianti, finito il pasto, si coricavano subito dopo un po’ di radio o una lettura più approfondita della Gazzetta dello Sport. La mattina, fra le sei e le sei e mezzo, suonavano le sveglie. E dopo un caffè p un caffellatte, via verso il lavoro in tram, in bicicletta o in moto, per quei pochi che la possedevano, portando con sé l’immancabile schiscèta, il classico contenitore in alluminio con dentro già pronto il pasto di mezzogiorno, solitamente una frittata, un po’ di minestra, o semplicemente pane, salame o formaggio. A casa rimanevano solo le donne che, dopo aver preparato i figli per la scuola, si dedicavano alle faccende domestiche. Poche, infatti, avevano un lavoro fisso che le impegnava per tutta la giornata.
*giuliaduepuntozero
Rispondi