
Sì, avete letto bene: Steve Martin. Sì, è proprio lui, l’attore, quello di Il padre della sposa. No, no sono impazzita a parlare di lui qui, è che, oltre a essere un attore, ho scoperto che è anche un romanziere. E l’ho scoperto per caso. Qualche settimana fa, infatti, sono andata alla sede della casa editrice ISBN (a Milano, in via Sirtori), aperta al pubblico per un sabato pomeriggio di incontri con i lettori, aperitivo, vendita di libri con sconti. Abbiamo fatto grandi acquisti, e mentre giravo fra gli scaffali, mi ha attirata la copertina di questo Oggetti di bellezza.
Mi avvicino, e vedo una fascetta rossa, che recita: La storia di un grande amore destinato al fallimento e al tempo stesso un saggio di storia dell’arte americana del XX secolo. Un romanzo originale che catturerà tutta la vostra attenzione dalla prima all’ultima pagina – Joyce Carol Oates.
Joyce Carol Oates!! E’ mio, sono già alla cassa a comprarlo. E ne è valsa la pena, di sicuro il libro che mi è piaciuto di più fra quelli che ho letto in questi ultimi mesi. Addirittura, ho interrotto la lettura per qualche giorno perché non volevo che finisse, dopo notti in cui spegnevo la luce a ore folle perché non riuscivo a smettere di leggere.
E’ ambientato a New York, nel mondo dell’arte: prima Sotheby’s, poi le gallerie dell’Upper East Side e poi di Chelsea. Lacey, infatti, l’affascinante, spregiudicata, arrivista e ambiziosa protagonista, inizia la sua carriera proprio alla casa d’aste, nei magazzini, fino a quando riesce a farsi notare e salire ai piani nobili. Una vicenda un po’ dubbia e misteriosa, che scopriremo solo qualche pagina più avanti, quando Lacey, sotto effetto di qualche pasticca, si deciderà a raccontarla a Daniel, suo amico e narratore del romanzo, la costringe ad allontanarsi da Sotheby’s, e a rifugiarsi in una galleria privata.
Lacey è sveglia, è ambiziosa, e decide di fare il grande passo, e aprire una galleria sua, a Chelsea. Il tutto, negli anni d’oro del mondo del collezionismo d’arte moderna, fino ad arrivare alla crisi con l’11 settembre prima e la crisi finanziaria poi.
Si capisce subito che Steve Martin ce ne capisce, perché la scrittura è quello di un grande conoscitore, uno che è dentro all’ambiente; e infatti è un collezionista e un mecenate. Addirittura, sono stampati all’interno del libro alcuni dei quadri e delle opere citate. E scrive bene, i personaggi sono ben rappresentati, New York è New York. Lo consiglio vivamente, e cercherò gli altri libri che ha scritto Steve Martin.
Aveva imparato a distinguere i quadri validi da quelli scarsi, ma dato che in genere i prezzi seguivano la qualità, stava imparando anche la differenza fra quadri validi e quadri desiderabili. Ciò che elevava un dipinto alla classe dei desiderabili era un’oscura ma tutto sommato analizzabile combinazione di fattori. I dipinti non venivano collezionati perché erano carini, ma sulla base di un percorso tortuoso che conduceva il collezionista alla sua preda. Provenienza, soggetto, rarità e perfezione facevano di un dipinto qualcosa più di un dipinto: un premio. Lacey aveva visto gli sguardi dei collezionisti mentre esaminavano i quadri. Quegli oggetti, reinterpretati dalla mente dei collezionisti, erano capaci di trasformarsi in in talismani curativi. I collezionisti erano sicuri che quel singolo quadro avrebbe risolto tutto, avrebbe completato il puzzle delle loro vite, li avrebbe soddisfatti in eterno. Lacey capì che l’atteggiamento con cui i collezionisti corteggiavano i quadri era romantico solo in apparenza: alla base di tutto non c’era che pura e semplice lussuria.
Leggetelo, e mi direte.
*giuliaduepuntozero
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