di Luca Ferrieri | Antonio Tombolini, uno dei protagonisti dell’ebook italiano, sul suo blog, e su quello di Virginia Gentilini, ha avanzato una serie di proposte sul rapporto ebook-biblioteche. Siccome Tombolini è piuttosto fantasioso, di proposte ne sta facendo tante, comprese alcune che si escludono tra loro 😉 ma io mi limiterò a discuterne un paio. Il dibattito prende le mosse dall’accordo BL-MLOL di cui si è già parlato in questo blog, e riguarda il “modello economico” del prestito dell’ebook in biblioteca. In sostanza chi deve pagare, e in che proporzione, per avviare questo servizio di lettura digitale.
Intanto, una premessa: la questione può apparire ostica, tecnica, roba da addetti ai lavori. È vero che gli addetti ai lavori spesso danno per scontate un sacco di cose che non lo sono, ma questa discussione, secondo me, è di vitale importanza soprattutto per i lettori, perché da essa dipende quello che saranno, e se ci saranno, le biblioteche di domani. Perciò abbiamo pensato, con il coordinatore e alcuni collaboratori del blog, di fare un lavoro di “traduzione” dal tecnichese bibliotechese in uno dei prossimi post che si potrà intitolare magari così: Il mondo dell’ebook spiegato a chi legge. Per ora chiedo scusa per qualche residua oscurità di cui farò eventuale ammenda con successivi chiarimenti.
E adesso veniamo al punto. Tombolini dice (l’intervento integrale):
– sono TOTALMENTE CONTRARIO al prestito bibliotecario a distanza […]
– le biblioteche civiche devono trasformarsi da “luogo dei libri” (che non serve più) a “luogo delle persone che leggono libri”, radicando ancora di più le proprie attività al territorio in cui insistono […]
– le biblioteche consentono la lettura gratuita degli ebook esclusivamente all’interno delle proprie strutture, micro-compensando se del caso (ma in realtà sono convinto che con questa formula molti editori rinuncerebbero a qualsiasi compenso) editori ed autori letti, e “servendo” gli ebook ricorrendo al deposito della biblioteca digitale di cui sopra, senza necessità di alcun intermediario.
Dico subito che alla prima lettura ho fatto un salto sulla sedia. Ma come: stiamo ragionando intorno all’obiettivo di preservare la funzione delle biblioteche (e delle librerie) in un processo che potrebbe anche portare alla loro disintermediazione, e Tombolini propone addirittura di escludere le biblioteche dal prestito digitale (altro che modello di digital lending: qui il modello è il grado zero)! Per risolvere il problema del modello economico del digital lending si propone di staccare la spina alle biblioteche? O di ritornare alle museali biblioteche di un tempo, in cui non esisteva neanche il prestito e i libri si consultavano in sede, magari incatenati ai plutei (i libri, non i lettori)? L’idea sembra cozzare con la storia e lo sviluppo della biblioteca pubblica.
Quando sono ricaduto sulla sedia avevo già capito che la proposta meritava un surplus di riflessione. Perché spariglia le carte e tenta la mossa del cavallo. Provo ad articolare alcune mie impressioni e opinioni:
1) Che la biblioteca debba passare da luogo dei libri a luogo dei lettori e, aggiungo io, a casa della lettura, è una considerazione giustissima, che in molti stiamo facendo da anni. Non è un caso se nelle nostre biblioteche, da molto tempo, si offrono non più solo libri, ma documenti di ogni tipo e supporto, oltre a svariati servizi (formativi, informativi, partecipativi) che riguardano i lettori. Non è un caso che molte biblioteche organizzino o ospitino i gruppi di lettura. Non è un caso che si discuta delle biblioteche come piazze del sapere. Il problema però è: quali servizi per quali lettori dopo la rivoluzione digitale?
2) E qui Tombolini gioca l’asso. Una biblioteca in cui tutti possono leggere gratis tutti gli ebook , sui loro supporti o su quelli forniti dalla biblioteca, ma solo all’interno della biblioteca. Non più prestito di ebook, che si portano a casa, o si scaricano da casa, si leggono e poi scompaiono dopo 15 giorni, che hanno i DRM, che comunque possono essere piratati, ecc. Ma una forma di prestito-consultazione. La lettura si consuma in biblioteca: che deve quindi mettere a disposizione spazi adeguati e deve essere aperta ventiquattrore su ventiquattro (è realistico? perché senza questa condizione la proposta è truccata).
3) Mi sembra interessante: l’idea di una riterritorializzazione del digitale che passa per le biblioteche. Sappiamo tutti che il digitale globalizza, miniaturizza, virtualizza, abbatte le distanze geografiche, fa viaggiare in un bit le idee e le differenze. E con l’ebook si parla di biblioteche leggere, tascabili, mobili. Ma poi c’è un bisogno di prossimità, che il digitale non ha soppresso, anzi continuamente alimenta. Non mi dispiace che esso transiti di nuovo per le biblioteche. Questa idea non disintermedia, crea nuove mediazioni per nuovi media.
4) Mi sembra interessante: che un lettore vada in biblioteca, e possa accedere istantaneamente, senza vincoli di sorta (né la tagliola dei DRM né quella dell’one-user-one-copy) a tutti i libri digitali del mondo. Il mondo in ogni comune, in ogni quartiere. La biblioteca come cittadella digitale, zona franca. Ripeto, la proposta ha senso se le biblioteche si potranno attrezzare: non solo con i device ma con le chaise longue, ossia creando ambienti ed ecosistemi per la lettura piacevole. Neanche da questo punto di vista dunque l’idea di Tombolini disintermedierebbe le biblioteche, le spingerebbe invece a ripensarsi e riqualificarsi. E potrebbe sviluppare la lettura digitale, e perfino diminuire il reading-divide (la distanza culturale e antropologica tra chi legge e chi non legge).
5) Mi sembra utopico: che tutti gli editori accettino di dare in consultazione gratuita i loro libri alle biblioteche. Ma è un’utopia per cui vale la pena battersi. E inoltre essa può far leva su in incentivo non indifferente per gli editori: il fantasma della pirateria alimentata dal digital lending sarebbe allontanato, perché all’interno delle mura della biblioteca è molto più facile realizzare un controllo su ogni duplicazione non autorizzata.
6) Mi sembra discutibile e forse pericoloso: si creerebbero due “mercati”, uno di prestito/consultazione gratuita in biblioteca e uno di acquisto/download attraverso le librerie digitali o attraverso gli editori stessi. Questi due canali potrebbero entrare in concorrenza tra di loro, cosa che nel cartaceo non accade quasi mai, perché prestito e acquisto, come è stato dimostrato, coprono domande diverse, e c’è chi acquista il libro dopo averlo preso in prestito in biblioteca (e quindi non c’è concorrenza) oppure chi non lo acquista, per svariati motivi, anche se non lo trova in prestito (e quindi non c’è concorrenza lo stesso). Ma questo sarebbe ancora vero con il prestito digitale gratuito di tutto per tutti in ogni biblioteca? Vedo che Gino Roncaglia, intervenendo nel dibattito, risponde decisamente di no: “per un utente l’accesso diviene un modo gratuito per assicurarsi il possesso” e quindi, insomma succederà in molti casi che il prestito sarà sostitutivo dell’acquisto.
7) Mi sembra molto pericoloso: si rischierebbe una nuova frattura con i lettori forti, in particolare con quelli che più che legittimamente considerano la lettura un’attività privata, individuale, solitaria da svolgere nella propria stanza e nel proprio letto. Che già fanno fatica a prendere in prestito un libro di proprietà pubblica e con una data di scadenza stampigliata sopra. Non credo che questi lettori verrebbero in biblioteca per leggere, fosse anche sulla chaise longue di Le Corbusier. E poi col tempo e le distanze come la mettiamo? Non tutti hanno una biblioteca sotto casa e la possibilità di passare così tanto tempo in biblioteca. Questi lettori , per leggere digitalmente, sarebbero costretti all’acquisto; e se non hanno soldi per acquistare, non leggeranno.
8) Mi sembra provocatorio (in senso positivo e negativo): mentre il mondo delle biblioteche si muove disordinatamente per inseguire il digitale e le ritrosie degli editori e la giungla dei formati e dei modelli, la proposta è di sedersi e aspettare. Non è solo di Tombolini, e infatti lui ci rimanda qui. Forse il digital lending non è importante? No, forse è più importante difendere il ruolo delle biblioteche, i diritti dei lettori e il denaro pubblico. Però l’invito a una pausa (ma una pausa da cosa, visto che non siamo mai davvero partiti?) assomiglia troppo allo stop and go e poi ancora stop che viene dal mondo editoriale. Agli editori il digital lending non interessa (l’ultimo a ribadirlo è Nourry di Hachette). E a noi?
9) Mi sembra opportuno: il prestito “intra moenia” potrebbe convivere con altre forme di prestito digitale, oltre che di acquisto, e quindi portare a un’offerta variegata in cui alcune biblioteche offrono il digital lending, altre il prestito/consultazione in sede, altre tutti e due. Questa forse è la prospettiva migliore perché non solo alimenterebbe una positiva e leale concorrenza tra modelli diversi e biblioteche che adottano modelli diversi, ma consentirebbe teoricamente di soddisfare il più ampio spettro di bisogni.
Ma i lettori sarebbero disposti a venire a leggere ebook in biblioteca? Questa resta la domanda decisiva.
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