Mario Vargas Llosa, Il paradiso è altrove

Flora Tristan
Flora Tristan
Il sottotitolo di Il paradiso è altrove di Mario Vargas Llosa (Einaudi)  recita “La storia incrociata di Flora Tristan e di Paul Gauguin.

Tutti noi conosciamo le splendide immagini tahitiane dei quadri di Gauguin, ma, accetto scommesse, che siano pochissimi a sapere chi è Flora Tristan: questo libro, direi non molto noto tra i trenta pubblicati dal premio Nobel 2010, è, dunque, una piacevole scoperta.

Paul è il nipote di Flora, una protofemminista, una delle prime anarchiche, che nella sua breve vita  si è battuta per i suoi ideali di giustizia e uguaglianza sociale con particolare riferimento alle donne.

Il libro, che forse non è giusto definire romanzo, si articola in 22 capitoli: 11 dedicati a Paul, 11 alla nonna. Il racconto degli ultimi dieci anni di vita  del pittore  (1892- 1903) e  degli ultimi otto mesi  (aprile- novembre 1844 ) di Flora è un susseguirsi di flash  back, che ci trasportano nel tempo e nello spazio della vita avventurosa di questi personaggi. È facile capire come mai Vargas Llosa si sia occupato di loro: è nato nel 1936 ad Arequipa, dove Paul ha trascorso alcuni anni della sua infanzia e dove Flora è vissuta per dieci mesi nel tentativo di recuperare un’eredità, essendo, orfana a quattro anni. figlia illegittima di un colonnello peruviano.

Nel conferimento del Nobel si dice che  è stato attribuito a Vargas Llosa ” per la cartografia delle strutture del potere e la sua tagliente immagine della rivolta, della resistenza e della sconfitta dell’individuo”. Tutto questo si riscontra benissimo anche nei due personaggi  di questo libro, che con il loro anticonformismo e idealismo  hanno sfidato il loro tempo, aspirando a qualcosa  di assoluto. La storia raccontata è vera, forse per certi particolari solo verosimile, ma comunque attendibile.

Flora, nata a Parigi nel 1803, dopo un’infanzia difficile sposa un litografo “frequentatore di taverne, giocatore e bevitore”, che poi,  madre di tre bambini,  abbandonerà. Proprio per questo nel contesto dell’800 si configura come “perduta e rea,” pronta tuttavia a  battersi per difendere la sua indipendenza e quella di tutte le donne e di tutti coloro che sono senza diritti. Dal 1844 viaggia attraverso la Francia e non solo,  per reclutare operai, creare l’Unione Operaia a difesa del diritto al lavoro, all’istruzione,  alla salute.

E una donna sconosciuta ai più (ma si sa che le storie di donne sono spesso occultate!!! ) ebbe un ruolo non indifferente in tempi i cui si cominciavano a cercare soluzioni per  modificare  la terribile condizione operaia e per questo eccola incontrare personaggi come Fourier, Owen  e persino Marx, oltre che apprezzare nel suo viaggio in Inghilterra il movimento cartista che reclamava il suffragio universale.

Questo l’incipit del primo capitolo” Oggi inizi a cambiare il mondo Florita” Non era intimorita dalla prospettiva di mettere in moto la macchina che in qualche modo avrebbe trasformato l’umanità, facendo scomparire l’ingiustizia …la donna-messia sarai tu“  Per raccontare le due storie di Paul e Florita c’è un narratore onnisciente che ogni tanto lascia la parola a qualcun altro che si rivolge con il tu ai protagonisti.

Senza la morte del padre “ non avresti preso coscienza della schiavitù delle donne … saresti un bel parassita, incistatosi nel tuo bel matrimonio … una macchina di riproduzione, schiava felice.” Invece  il matrimonio fallito la porta  a vedere”il sesso come uno degli strumenti primordiali dello sfruttamento e del dominio sulla donna, … l’amore come menzogna… il matrimonio come la peggiore schiavitù e quindi a sognare la liberazione delle donne da qualunque forma di discriminazione e soprattutto dai mariti padroni. L’unica esperienza erotica sarà la  relazione  di due anni con Olympia Maleszewska, che poi troncherà  per non distrarsi dal suo impegno sociale. Da autodidatta si costruisce attraverso le letture un bagaglio culturale, che la porterà anche a scrivere libri, magari con errori di ortografia, ma efficaci nel contenuto.

In parallelo è la vita di Paul Gauguin , che fin oltre i trenta anni vive una tranquilla vita borghese  da agente di borsa con moglie e cinque figli, finché non si scopre pittore e con la pittura “vizio tardivo” inizia la sua vita sregolata, che lo porterà  con un carico di illusioni nel 1891 a 43 anni a Tahiti nella Polinesia francese, deciso a chiudere per sempre con l’Europa e Parigi. Paul diventa Koke, come lo ribattezza la prima moglie tredicenne, quando arriva nell’isola già malato di sifilide e incurante di trasmettere il male, per vivere “l’amore senza paraocchi, l’amore in tutte le sue metamorfosi, compreso l’ermafroditismo.”

Già in Francia “era arrivato alla conclusione che l’amore alla maniera occidentale era un ostacolo e che per un artista l’amore dovesse avere l’esclusivo contenuto fisico e sensuale che aveva per i primitivi, non doveva toccare i sentimenti, l’anima. Per questo quando facevi l’amore – con prostitute soprattutto – avevi la sensazione di un atto igienico, un divertimento senza domani.”

La sedicente civiltà europea aveva distrutto la libertà e la felicità, privando gli esseri umani dei piaceri del corpo… man mano che smetteva di essere borghese e iniziava una vita da artista il sesso andò dominando la sua esistenza come fonte di godimento, ma anche come rottura con i vecchi legami e conquista di una nuova libertà. [Cercava un luogo] in cui l’arte non sarebbe stata un ennesimo affare da mercanti, ma un lavoro vitale, religioso, sportivo, dove un artista per mangiare avrebbe dovuto solo come Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden sollevare le braccia e staccare di che alimentarsi dai fertili alberi.

Voleva vivere al naturale, come i primitivi, popoli sani, a contatto con una cultura non schiacciata dall’Europa, dove il paradiso era ancora in terra, ma scopre che anche qui  il denaro  condanna gli artisti a diventare schiavi del dio mammone. Non soddisfatto, perché  Tahiti  assomigliava sempre più alla “putrefatta Francia” cercherà ancora un altrove a 1500 kilometri. Sogna ancora “un bagno lustrale” nelle isole Marchesi, per poi essere nuovamente deluso: il popolo maori non era più “l’orgoglioso, libero, barbaro, vigoroso popolo primitivo in comunione con la natura e i suoi dei, vivendo l’innocenza della nudità, del paganesimo, della festa, della musica, dei riti sacri, dell’arte dei tatuaggi e del cannibalismo rigeneratore”.

Come Flora più volte denuncia le responsabilità della chiesa cattolica, che “combatteva la povertà con le elemosine…  coartava la libertà umana a causa del suo sistema verticale e che con  le sue credenze dogmatiche soffocava  la vita intellettuale, il libero arbitrio, le iniziative scientifiche”. “Tutti i sacerdoti – ebrei, protestanti e maomettani, ma principalmente i cattolici – erano alleati degli sfruttatori e dei ricchi, perché con i loro sermoni mantenevano sottomessa l’umanità dolente con la promessa del paradiso” invece di una società giusta in vita.

Così Paul Gauguin vedeva nei preti cattolici e protestanti coloro che avevano ucciso la naturalezza, la spontaneità del popolo maori, istillando il senso del peccato.

Il libro ci permette di conoscere come sono nati alcuni dei quadri più famosi e attraverso i tanti flash back   il periodo di Pont -Aven in Bretagna o di Arles e i suoi rapporti con altri pittori e soprattutto con Van Gogh.

Florita muore  a 41 anni, distrutta dalla fatica e forse da una febbre tifoidea, Paul a 53 anni, coperto di piaghe repellenti e cieco a causa del “male impronunciabile”.

È stato interessante scoprire un personaggio come Flora e approfondire la conoscenza di un pittore come Gauguin, vedere  i parallelismi e le differenze di questi due  ostinati sognatori : fare il tifo un po’ di più per la donna che auspicava una rivoluzione sociale di uomini e donne, piuttosto che  la rivoluzione più privata ed egoistica dell’artista.

Terminata la lettura, come non sentire il desiderio di osservare a fondo  con uno sguardo diverso i quadri di Paul Gauguin!

Mario Vargas Llosa , Il paradiso è altrove, Einaudi,  2003/2005, pp. 404

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