Libertà, Jonathan Franzen

CAA03537a - foto: jerryoldenettel, flickr
CAA03537a – foto: jerryoldenettel, flickr

Probabilmente *Libertà* di Jonathan Franzen, ed. Einaudi, è il libro di cui si è più parlato in questi ultimi mesi; dopo il successo de *Le correzioni*, del resto, non era difficile crederlo.

*Le correzioni* mi è piaciuto molto, gli altri libri abbastanza, e quindi è stato con grande attesa che ho aspettato la pubblicazione in Italia. Il giorno in cui l’ho iniziato, sul Sole24Ore della domenica un articolo di Tim Parks lo stroncava _un buon libro, ma non un capolavoro_, così come le recensioni di tanti altri critici _vedi sempre su IlSole24Ore *I due partiti su Franzen. «Freedom» divide i lettori tra scettici ed entusiasti. Ecco le loro ragioni* di Francesco Pacifico.

Lascio però ai veri critici questa disputa, e mi limito a dire che a me è piaciuto molto anche *Libertà*, anzi, moltissimo. Oltre 600 pagine, che però, purtroppo, sono volate via troppo velocemente. Non so poi se fra qualche anno mi ricorderò ancora di questo libro, o mi avrà lasciato delle sensazioni talmente forti da rimanere nonostante l’accumulo nel frattempo di altre decine di libri, fattore che per me determina un vero capolavoro.

Nel frattempo, ho seguito con ansia, gioia, tristezza, a volte con un sorriso, le vicende di Walter, Patty e Richard, e di Joey, Connie, Jessica, Lalitha. Mi sono esaltata quando Richard e Walter sono andati al concerto di Bright Eyes _uno dei miei cantanti preferiti_, episodio descritto nei minimi dettagli a occupare ben quattro pagine, terminando con una delle frasi migliori del libro: “[riferito a Lifted – il nome dell’album di BE]. E’ come la religione senza le stronzate dei dogmi religiosi”. In effetti, mi sono un po’ scocciata in alcuni punti, quando i riferimenti culturali, a prodotti, episodi, sono risultati di difficile comprensione per una persona non americana. D’accordo, di sicuro sono un’americanofila, e questo è stato determinante… Però, se potessi, mi rimetterei a leggere da capo *Libertà* anche ora.

– Ma questo succede perché la gente è libera, – disse Joey. – La libertà non è proprio questo? Il diritto di pensare quello che si vuole? Cioè, lo ammetto, certe volte è una rottura di palle.
Alcuni fra i commensali ridacchiarono.
– Già, proprio così, – disse il padre di Jenna. – La libertà è una rottura di palle. E proprio per questo è indispensabile cogliere l’occasione che ci si presenta quest’autunno. Per indurre una nazione di gente libera ad abbandonare idee sbagliate e appoggiarne di migliori, con ogni mezzo necessario.

*giuliaduepuntozero

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9 risposte a “Libertà, Jonathan Franzen”

  1. Anche a me è piaciuto moltissimo e per certi versi l’ho trovato superiore a Le Correzioni. Condivide con quest’ultimo lo stesso difetto però e proprio per questo motivo non ho gridato al miracolo: una fastidiosa sovrabbondanza di temi che nulla aggiungono al nucleo centrale del suo discorso e che mi è sembrata un inutile dimostrazione di bravura.

    Ma, ripeto, grande libro. Trascinante è l’aggettivo che gli assegnerei.

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  2. Sono una new entry; seguendo i suggerimenti dei frequentatori del sito mi sono letto ultimamente La versione di Barney (Mordecai Richler, Adelphi) e Laura e Julio (Juan Josè Millàs, Einaudi). Entrambi assolutamente meritevoli di essere letti: Barney ebreo nordamericano ricco, beone, mascalzone quanto basta, ma simpatico (basta il nome della sua casa di produzione per renderlo tale…), una storia avvincente raccontata attraverso i suoi tre matrimoni (l’ultimo dei tre del tutto autobiografico). In certi punti mi ricorda un must della letteratura ebrea nordamericana come Chiamalo sonno di H. Roth.
    Millas è capace in poco più di cento pagine di raccontare tre storie fulminanti (una è la trama di un film al quale lavora il protagonista, le altre due sono favole che lo stesso protagonista racconta alla figlia della sorellastra) dentro la storia principale… per me una vera scoperta.
    Non essendo in grado di leggermelo in spagnolo, ho ordinato gli altri due suoi libri pubblicati sempre da einaudi, che però non si trovano facilmente.
    Quindi un grazie di cuore al creatore del sito e ai suoi frequentatori.
    Visto che qualcuno parlava di Malvaldi, mi permetto di suggerire la lettura di uno qualsiasi dei suoi primi tre libri, ma di evitare l’ultimo, a mio avviso il peggiore (niente a che vedere con Richler e Millàs, ma da toscano mi piace sottolineare la ironia frizzantina dei personaggi di Malvaldi).
    A presto,
    marco

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  3. E’ un libro molto bello, probabilmente con tanti argomenti che si potevano sviluppare ulteriormente pero’ confesso che le ultime venti pagine mi hanno fatto piangere e non e’ che mi accada spesso con quello che leggo.
    E’ un libro sull’amore, sull’amicizia, sul rapporto genitori/figli, sulla storia e la politica degli Stati Uniti degli ultimi dieci anni. Sara’ che ho una sorella che vive li’ da una trentina di anni ma l’ho sentito molto vicino e molto vero.
    giulio

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  4. Concordo.
    Trovo un po’ snob tutte le critiche che gli sono state mosse… Come se per forza bisognasse criticarlo.
    E’ un bravo autore, un bel libro, magari un po’ prolisso, ma non lo prescrive il dottore che debba essere criticato perché ha successo, no?
    *giuliaduepuntozero

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  5. sono a pag. 400, trascinante è l’aggettivo giusto ma credo sia anche molto molto profondo. Gli viene fatto colpa di mettere in campo troppe cose e non approfondirle (vedi chi dice che si è soffermato troppo poco sulle professioni etc.) ma la profondità di certe frasi, pensieri e analisi è davvero perfetta, fa riflettere e molto. E un libro serve a questo, a far crescere, a farci rendere conto che certe dinamiche sono universali, così che ci si possa riflettere, e anche sentirsi un po’ sollevati (mal comune mezzo gaudio). La forza sono le emozioni che riesce a creare, e a me fino ad ora questo libro ne ha fatte provare molte.

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  6. a me non è piaciuto per niente. E’ banale, prolisso, personaggi improbabili, e poi del salvataggio dell’uccellino non me ne importa niente. Non ci sono problemi più urgenti?

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  7. Una delle ciofeche più colossali degli ultimi anni.

    Io ci sono cascata come un pero (o una pera), accidenti a me.

    Ma la lettura di questo malloppone purtroppo non mi ha salvato dalla lettura di un altro malloppone (anche quello strombazzato come “il capolavoro della letteratura miricana degli ultimi anni”).

    Quando ricasco in questi inghippi poi passo giorni a darmi schiafi sulle gengive e a dirmi: “ma non avevi proprio niente di meglio, da leggereeeee?”

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  8. Libertà mi è stato regalato ad aprile, Di Franzen non sapevo niente ed è rimasto in attesa che finissi i libri che avevo preso. Iniziato e finito, tutto d’un fiato. Non sono un critico e leggo di tutto, da sempre. Non credo che sia un romanzo epocale, ma mi è piaciuto moltissimo. Non ha l’ambizione di fornire una visione strutturata della realtà e non accede a valori universali ma ha il grande pregio di analizzare le relazioni affettive e familiari con spietata lucidità attraverso il filtro di una benevola ironia. Chi ha vissuto sulla propria pelle alcuni o molti capitoli lo apprezzerà come me

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  9. Libertà di Franzen ha sostato sopra il mio comodino per un po’. Lo sto leggendo ora, sono più o meno a metà della storia. Finora, ammetto, ho arrancato un po’ in alcuni punti, soprattutto dove descrive con dovizia di particolari tutte le implicazioni politiche del disboscamento e della speculazione edilizia. Trovo invece brillante il lavoro di introspezione sui personaggi, da Walter, Patty, Richard. La descrizione delle loro inquietudini, delusioni, aspettative.
    Aspetto di arrivare alla fine per capire se è uno dei libri che lascerà il segno.
    Ed anche per ricavare la mia personale idea sul motivo per cui lo ha intitolato “Freedom”.

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