Questa mattina su La Stampa, Carlo Grande ci racconta alcuni retroscena “veri” del meraviglioso racconto di Osvaldo Soriano, “Il rigore più lungo del mondo”, pubblicato a più riprese, in varie raccolte, da Einaudi.
Peccato che il pretesto dell’articolo sia dirci che la storia narrata nel racconto si svolse nella realtà in modo diverso da quel che ci racconta Soriano.
Persino che la squadra che uscì vincitrice da quell’ incredibile partita fu l’altra, non l’Estrella Polar che Osvaldo ci ha fatto amare fino alla commozione e ha reso immortale.
Beh, perché dovrebbe interessarci quel che avvenne in realtà?
E’ irrilevante. Quello che è diventato il più bel racconto mai scritto sul calcio non si cura di come i fatti avvennero. La macchina narrativa che muoveva la scrittura di Soriano, in quei momenti decise che il racconto funzionava con la vittoria della squadra più scalcagnata.
L’articolo di Grande comunque merita attenzione. E’ pieno di amore e ammirazione per Soriano e per la letteratura dedicata al fútbol, ed è d’accordo con (quasi) tutti i lettori (e gli scrittori) che sanno che “quello che conta nella narrativa non è tanto il vero ma quello che ricordiamo”.
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