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Vorrei chiudere questo itinerario sulle tracce di Izzo con le sue parole, tratte dal capitolo “Marsiglia tra luce e mare” di *Aglio, menta e basilico. Marsiglia, il noir e il Mediterraneo*, ed. e/o (l’articolo è molto bello ma molto lungo, quindi consiglio di acquistarlo per leggerlo interamente).
Per il momento al Vieux-Port , sulla terrazza della Samaritaine, ci beviamo fino all’ultimo minuto, spensieratamente come sempre, la splendida luce autunnale che piove dal cielo fin dalle cinque del pomeriggio. Non capirete niente di questa città se rimarrete indifferenti alla sua luce. […] Marsiglia è città di luce. E di vento. Il famoso mistral, che si infiltra in cima alle stradine e spazza via tutto fino al mare. Fino al largo di Pomègues e Ratonneau, le isole del Frioul. Fin dopo Planier, il faro oggi spento trasformato in una scuola di immersioni […] Marsiglia, a dire il vero, potete amarla solo così, arrivando dal mare. La mattina presto. All’ora in cui il sole, sorgendo dietro il massiccio di Marseilleveyre, bacia le colline e regala di nuovo un po’ di rosa alle vecchie pietre. Allora vedrete Marsiglia come la scoprì Protis il focese. […] Si potrebbe addirittura dire che la città somiglia a quelle finte bionde che incroci nelle strade. Mostrano solo quello che non sono. Vanità della ricchezza coloniale, stile Secondo Impero, del Palais du Pharo che si rifa meravigliosamente gli occhi con la baia e la città, e del palais Longchamp che la domina, ma il cui viale che porta al mare si incaglia e si perde in un intrico di vicoli dimenticati da tutti. Futilità delle ristrutturazioni, delle riqualificazioni del quartiere Grandes Carmes, del vecchio quartiere Panier in cui l’ocra nuova delle facciate, all’italiana, cerca di far dimenticare a tutti le radici antiche della città, greche e quindi tragiche, sommerse sotto tonnellate di cemento nel tentativo di creare centri commerciali e parcheggi i cui nomi cancellano ogni fantasticheria marittima, orientale, avventurosa. Charles de Gaulle contro Pitea. […] Forse è per questo che il jardin des Vestiges, dietro il centro commerciale della Borse, a due minuti dal Vieux Port, è il posto più triste di Marsiglia. È qui, davanti a qualche mucchio di pietre, scampoli di fortificazioni greco-romane, che si perde la memoria della città. Qui la bellezza è stata bandita. […] Allora, per dispetto, prendiamo il traghetto. Il Marius, che perpetua la gloria di Pagnol e Raimu. Per tentare ancora una volta, unendo quai de la Mairie a quai de Rive-Neuve, di capire questa città. Atipica non è il termine giusto. È sfalsata, per l’esattezza. Come la stazione Saint-Charles. Con le sue scalinate monumentali rivolte verso la città. E la sua facciata, splendida, che guarda al porto, al mare, all’Oriente. La traversata è breve. Da place de la Mairie a place aux Huiles. Lì, sulla banchina, campeggia la statua di Vincent Scotto che cantò, e fece cantare, il popolino di Marsiglia. Possiamo rifare la traversata. In senso inverso. È così, da una banchina all’altra, lo sguardo una volta verso il largo, una volta verso la Canabière, che la città si rivela. Che capirete, finalmente, che dovete lasciarvi trasportare da lei, dalle sue strade, dalle sue colline, sì, così cementificate, è vero, che ci si dimentica che Marsiglia è fatta di colline che scendono al mare. Chi arriva a Marsiglia e risale rue de la Répubblique con i suoi palazzi in stile Haussmann – la strada parte dal Vieux Port per andare a raggiungere il porto commerciale, la Joliette – potrebbe mai immaginare che si tratta di una strada scavata dagli urbanisti di Napoleone III? La butte des Carmes. No, ovviamente. Solo camminando, gironzolando per la città vi accorgerete che è un continuo salire, scendere, risalire. Fino a quel momento pensavate ci fosse una sola collina, quella su cui troneggiava Notre-Dame de la Garde. La “Buona Madre”, che di giorno brilla sotto il sole e di notte sotto i fari. Come un eterno cero. Sì, Marsiglia si fa un baffo delle prospettive. Una bella scarpinata per accedere al quartiere vecchio, il Panier, attraverso le scalinate di Les Carmes. Arrivati in place des Moulines, scopriamo di essere alti come la stazione Saint-Charles, più in alto della chiesa dei Riformati in cima alla Canabière, alti quanto place Jean-Jaurès detta la Plaine. E rimaniamo lì a pensare che nelle belle casette intorno alla piazza si vede sempre il mare, da entrambi i lati. Peraltro il quartiere, che i tedeschi meditavano di radere al suolo sin dal ’43 visto che non riuscivano a controllarlo per via delle strade strette, a percorrerlo in giù passando per rue de Lorette, rue du Panier o rue du Refuge, è tutto un rivaleggiare di terrazze, a volte approntate alla bell’e meglio sui tetti, sotto le tegole rosse. […]
Andare a zonzo nel Panier significa sentire palpitare il vecchio cuore di Marsiglia. Un cuore che parla le lingue del mondo, le lingue dell’esilio. Forse non è un caso se proprio Pierre Puget, architetto, pittore troppo poco conosciuto, ha costruito il più bell’edificio di questa città: la Charité (“la vecchia Charité”, la chiamano i marsigliesi). Per amore del suo quartiere natale. Forse è per questo che il quartiere resiste al rinnovamento, si rifiuta di diventare la Montmartre di Marsiglia, così come gli era stato imposto. Il quartiere diventa più bello, certo, e tutti sono contenti. Ma inconsciamente quelli che abitano qui vogliono portarne avanti la lunga storia. “È stato sempre così” vi spiegheranno in qualsiasi caffè.
Al Treize-Coins, per esempio. E aggiungeranno, nel caso non aveste ancora capito: “Non stiamo già bene così, bello mio?”. È sull’altra collina, quella della Plaine, nelle strade in prossimità di cours Julien, riqualificate, ristrutturate anche loro, che è sorto quel che era stato ideato per il Panier. Attenzione, in ogni caso non è Montmartre. È Marsiglia, ma in modo diverso. Le boutique degli stilisti marsigliesi sorgono accanto a bar e ristoranti, le gallerie di pittori e gli antiquari hanno come vicini i locali di jazz, di blues, di ragga. Ma, a due passi, place Notre-Dame-du-Mont ha mantenuto le sue abitudini. Una piazza popolare, che sembra ignorare la frenesia che ogni giorno invade cours Julien fin da mezzogiorno. Anche da qui si domina Marsiglia. Un’occhiata a rue Estelle, che scende bruscamente per risalire con un dolce pendio sull’altro versante. D’altronde, in cours Julien dovete arrivarci risalendo per rue d’Aubagne. Dopo aver attraversato rue Longue-des-Capucins. La strada del mercato d’Oriente. Qualcuno ha detto che qui non si sentono i profumi della Provenza. Ed è vero. Qui si respira l’odore dei porti orientali. Gli odori dell’eterna Marsiglia. […] Questa strada, come rue d’Aubagne, in fondo a sinistra, prima di arrivare alla halle Delacroiz, è il viaggio nel Mediterraneo, da Istanbul a Tangeri. È qui che si sente – dico proprio “si sente” – che le due rive si parlano da secoli. […] A quel punto scoprirete il mare. E la baia. Immensamente bella. Forse la più bella, dopo il golfo di Napoli. […] Seguendo il mare, scoprirete quartieri, paesi dai nomi romanzeschi: Catalans, Vallon-des-Auffes, Malmousques, il ponte della Fauste-Monnaie, Prophète… Marsiglia si rivela sin nei suoi angoli più nascosti fino a impasse des Muets, nel porticciolo di Callelongue. Non riuscirete a credere ai vostri occhi. Dopo Madrague de Montredon, davanti alla roccia bianca, arida, si fa fatica a credere che siamo ancora a Marsiglia, bell’VIII arrondissement della seconda città di Francia. Allora per forza di cose, visto che ci sentiamo smarriti, ci vuole una sosta davanti alla tavola d’orientamento che si trova di fronte all’arcipelago delle isole Riou. Il paese del Grande Blu. Il rumore della città, la sua esuberanza terminano qui. In questo paesaggio che somiglia alle isole Eolie. […] Tornando in centro, dopo aver mangiato una pizza al porto di Les Goudes, avrete colto la verità di Marsiglia. Si esprime attraverso sole a mare. […] Allora, da Algeri, sentirete la voce di Albert Camus mormorarvi all’orecchio: “Sono spesso amore segreti quelli che dividiamo con una città”.
L’itinerario di Marsiglia sulle tracce di Jean-Claude Izzo è finito. Ora non vi resta che andarci di persona.
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*giuliaduepuntozero
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