- Primo pretesto: il Gattopardo manca in quell’elenco di 1001 libri da leggere prima di morire, anche se mi risulta essere il romanzo italiano più tradotto nel mondo
- secondo pretesto: è il cinquantenario della morte dell’autore, avvenuta nel 1957, un anno prima della pubblicazione del romanzo, che Tomasi, cinque giorni prima di morire, aveva saputo essere stato rifiutato da Vittorini sia per Mondadori che per Einaudi, facendo così un anno dopo la fortuna della Feltrinelli di recente fondazione.
- Il motivo reale è che mi sono concessa una lettura piuttosto approfondita di un romanzo che amo molto e che, letto più volte, ha sempre la capacità di emozionarmi.
- E poi, visto che di recente il blog si è fermato per esprimere delle valutazioni su Guerra e pace di Tolstoj, ho pensato che poteva essere altrettanto interessante sollecitare l’intervento di alcuni dei tanti lettori di quel classico-moderno che è il Gattopardo e scoprire che cosa questo romanzo ha da dire a noi lettori a fine 2007.
Io trovo sia significativo esprimere delle nostre valutazioni, oggi, visto il successo di pubblico che nel tempo e nel mondo, non solo in Italia, ha avuto questo best seller, tanto da poter essere considerato un long seller.
E credo sia ancora più importante esprimerci, considerato l’atteggiamento per lo più ostile che la critica ha avuto verso questo romanzo e forse soprattutto per ragioni non letterarie. Molte le diatribe sui contenuti e sulla forma, anche nella ricerca di un’etichetta da conferire a tutti i costi: romanzo storico? psicologico? autobiografico? della realtà? della memoria?per poi stabilire se alla base ci fosse una visione reazionaria della storia, o al contrario una visione lucida della nascita dell’Italia come nazione?
Si parte così da VITTORINI che lo rifiuta come romanzo vecchio per modi, tono, linguaggio da fine 800 e si arriva all’apologesi del romanzo con FRANCESCO ORLANDO, discepolo di Tomasi ,che nel 1998 nel suo saggio L’INTIMITA’E LA STORIA lo pone addirittura ai vertici della produzione letteraria mondiale, alla pari di Proust e di Joyce.
Più equilibrata da subito, nella prefazione della prima pubblicazione, il giudizio di BASSANI che valutava il Gattopardo “opera eccezionale per ampiezza della visione storica unita ad un’acutissima percezione dell’Italia contemporanea, per il senso dell’umorismo, per l’autentica forza lirica, per la perfetta sempre ,e a tratti incantevole, realizzazione espressiva”.
E’ chiaro che i tanti giudizi negativi di orientamento marxista nascevano in quel clima post-resistenziale di un neorealismo ormai al tramonto a fine anni 50, in cui, dopo il silenzio a cui si era stati costretti durante il fascismo, si voleva a tutti i costi una letteratura engagée, impegnata a cambiare il mondo. E invece Tomasi arrivava con il suo GATTOPARDISMO, che mette in bocca a Tancredi dichiarazioni di immobilismo, di cambiamenti di facciata, pur di conservare intatti i privilegi all’aristocrazia.
E così ignora il popolo, i contadini, la riforma agraria: i suoi contadini, appena accenati “odorano di mandria” sono “abbrutiti..da un moderato uso dello zappone e dai molti giorni di ozio coatto e affamato,” anzi mostrano affetto per” il loro tollerante signore che così spesso dimenticava di esigere i canoni e i piccoli fitti”. Altro che i contadini inferociti di Bronte, come ce li aveva raccontati quel”codino reazionario”, come amava autodefinirsi Verga!
E come poteva non essere criticato quell’ironizzare sul Risorgimento“rumorosa romantica commedia con qualche macchiolina di sangue” o su “quel ebreuccio tedesco di cui non ricordo il nome“!
Tra i giudizi più caustici, consolidato nel tempo c’è quello di ASOR ROSA che ancora nel 1998 giudicava il Gattopardo romanzo mediocre, di secondo piano per motivi di ordine tematico ( il logoro fatalismo siciliano già in Verga, De Roberto, Pirandello ) e retorico ( Gattopardo en feuilleton ) e ribadiva che solo l’ovvietà e la semplicità erano le chiavi del successo.
Giudizio forse semplicistico per quel Tomasi, lettore onnivoro, coltissimmo e raffinato, con una vasta cultura internazionale, eccletica, aggiornata e proprio per questo chiamato IL MOSTRO dal cugino poeta LUCIO PICCOLO.
Concludo, ricordando che TUTTOLIBRI nel 1985 fece un sondaggio su QUAL E’ IL ROMANZO PIU’IMPORTANTE DEL 900 e risultò vincitore LA COSCIENZA DI ZENO rispetto a Il Gattopardo, per soli 25 punti su un totale di 21186 schede provenienti non solo dall’Italia.
E per noi,appassionati lettori, a pochi giorni dal 2008, dal cinquantenario della pubblicazione del romanzo, qual è il nostro punto di vista? Che cosa ce lo fa amare o detestare? o magari è semplicemente uno dei tanti romanzi che passa tra le nostre mani e ci lascia indifferenti?
Non so se al successo di IL GATTOPARDO ha contribuito poco o tanto anche il film di VISCONTI, uno dei film in cui il regista è stato molto più del solito fedele al testo letterario.
Per gli amanti di un autore come TOMASI DI LAMPEDUSA suggerisco un altro film che ho scoperto da poco, ma che è uscito nel 2000: IL MANOSCRITTO DEL PRINCIPE di ROBERTO ANDO’, utile per conoscere gli ultimi anni della sua vita di uomo appartato e schivo nei suoi rapporti con FRANCESCO ORLANDO e con GIOACCHINO LANZA TOMASI suo figlio adottivo.
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