Così si potesse dimezzare ogni cosa intera, – disse mio zio coricato bocconi sullo scoglio, carezzando quelle convulse metà di polpo, – così ognuno potesse uscire dalla sua ottusa e ignorante interezza. Ero intero e tutte le cose erano per me naturali e confuse, stupide come l’aria; credevo di vedere tutto e non era che la scorza. Se mai tu diventerai metà di te stesso, e te l’auguro, ragazzo, capirai cose al di là della comune intelligenza dei cervelli interi. Avrai perso la metà di te e del mondo, ma la metà rimasta sarà mille volte più profonda e preziosa. E tu pure vorrai che tutto sia dimezzato e straziato a tua immagine, perché bellezza e sapienza e giustizia ci sono solo in ciò che è fatto a brani.
Questo dice Italo Calvino a pagina 43 del Visconte dimezzato. Il pensiero di quanto la realtà risieda più nei dettagli e nei particolari che in una visione organica mi è venuta in questi giorni parlandone con una persona amica. Ma so che era un’idea latente da quando, meno di un mese fa, ho letto L’Urlo e il furore di William Faulkner, che è un’epopea della frammentazione, il trionfo della scissione. Come in un film incompiuto, le sequenze si susseguono una dentro l’altra senza mai ricomporsi in un’unità e in questo sta la genialità del libro. La domanda allora è questa: quanto contano i dettagli mentre leggete? Quanto vi soffermate a rileggere, a sottolineare, quante volte chiudete il libro perché quella pagina è troppo importante per essere voltata?
Spero di aver reso l’idea e di non essere l’unica perché come dice ancora il buon Medardo:
Non io solo, Pamela, sono un essere spaccato e divelto, ma tu pure e tutti.
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