Periodicamente mi prende l’idea di fotografare le periferie. Non è un vero progetto.
È poco più di un’ispirazione imprecisa. Uno sguardo prima di tutto sulle forme e i luoghi. Ma ha anche uno sfondo che vorrebbe essere storico. Se possibile.
In questo articolo alcuni scatti presi al Villaggio Falck di Sesto San Giovanni.
Il villaggio operaio Falck venne costruito a Sesto negli anni Venti del ‘900 espandendo un villaggio edificato a inizio secolo per alloggiare gli operai delle fonderie Attilio Franco. Falck estese il numero di abitazioni per i lavoratori dei propri stabilimenti che arrivavano soprattutto dalle zone di Bergamo in grande numero.
Giorgio Manzini in Una vita operaia, Einaudi, 1976, racconta la storia di
«Giuseppe Granelli, classe 1923, operaio. In famiglia era il Giuseppe; fuori era Giuse, Tumin, Pepino, Granel oppure Granella. È cresciuto al Villaggio Falck, fra i muri della fabbrica e il Lambro. Allora erano poche case, già grige e scrostate ma con l’orto davanti. Si andava verso il fiume e si era in campagna. Il centro di Sesto San Giovanni era invece lontano, un altro paese. Addirittura irraggiungibile il Rondò, dove una volta giravano le carrozze per infilare di nuovo lo stradone per Milano, cinque chilometri sotto l’ombra dei platani.
Nel villaggio c’erano l’asilo, la scuola elementare e l’osteria, il Tripoli, per le sue finestre a doppio arco che sapevano di moresco. Solo più tardi è sorta la chiesa, in stile piacentiniano, fianchi a mattoni scoperti e un portale che copre l’intera facciata, come una M in cemento. Per l’inaugurazione è venuto il cardinal Schuster, l’arcivescovo di Milano.
«Il villaggio è a ridosso dell’acciaieria: fischi di sirene, scoppi, tonfi di lingotti, e come un continuo scroscio di rottami. Appena si levava il vento o si abbassava la pressione atmosferica, certi vapori rosati che tingevano sempre il cielo si addensavano in una nube nero-rossastra che invadeva le case. Abitare al villaggio, quasi tutte famiglie operaie, poteva però sembrare un privilegio: si usciva su viale Italia e si era subito in fabbrica, mentre c’era gente, brianzoli, bergamaschi, bresciani che arrivava spesso in bicicletta, prima dell’alba. Erano in molti quindi, che preferivano dormire al Palasùn, il centro sociale Falck, camerate ampie, mensa, servizi, e stanzette singole per i tecnici e gli impiegati. Era un alveare ma sempre pulito e ordinato.
«A Sesto vecchia quelli del villaggio erano considerati un po’ selvatici, un po’ fuori norma, come del resto gli abitanti di tutti i quartiei operai sorti attorno alle grandi cattedrali sestesi, Breda, Osva, Ercole Marelli, Distillerie italiane. Allora fra Sesto e Brianza non esisteva frattura: era tutta zona bianca, costumi contadini, diffidenza per il nuovo, tradizione cattolica. “Andèmm a Sest?”, si diceva al villaggio, e quasi sempre era per la messa, la domenica».
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