La critica letteraria è stata piuttosto dura nei confronti dei personaggi dei libri; dura nel senso che non li ha quasi mai – tranne qualche eccezione – lasciati liberi di uscire dal testo e incontrare i lettori; o meglio ha quasi sempre invitato i lettori a non trattarli come esistenti, anche se effettivamente essi sono in un modo o nell’altro veri.
È come se si temesse che i lettori trattassero i personaggi dei romanzi come se fossero persone, timore di qualcosa simile a quel che succede a Don Chisciotte (accidenti mi sto incartando: è vero che Don Chisciotte era un lettore, ma era anche un personaggio), o alla Signora Bovary o in generale a chi piange quando muore qualcuno di caro in un libro.
Negli ultimi anni pare che qualcosa sia cambiato e la critica su questo sia diventata meno inflessibile. Almeno così sostiene Evan Kindley sulla “New York Review of Books”. Se siete interessati all’articolo lo trovate qui: The People We Know Best (c’è un paywall, tuttavia…).
Certo in generale non è che ci interessi discutere della natura dell’essere di un personaggio, della misura della sua esistenza o cose del genere. Però li consideriamo veri: non conosco lettore che non consideri un personaggio di un libro come vero. In fondo leggere di Napoleone in un libro di storia è così diverso dal leggere di Fabrizio del Dongo grande ammiratore di Napoleone che arriva a Waterloo giusto in tempo per la battaglia?
Il punto che ci interessa qui – se posso permettermi – però un altro: ed è il fatto che il personaggio sia la via migliore per entrare dentro un romanzo e che dei personaggi (coi personaggi?) sarebbe il caso di parlare sempre quando parliamo delle nostre letture. Fateci caso, nelle discussioni dei gruppi, quando si evita di affrontare da vicino i personaggi non vi pare che la discussione stessa resti un po’ nel generico, un po’ lontana dalla vita?
Corpo a corpo col personaggio
Non sarebbe un buon esercizio per la salute delle discussioni affrontare sempre un bel corpo a corpo con il personaggio che abbiamo preferito, amato, odiato di più? Anche perché discorrere di un certo personaggio è spesso la via migliore per incrociare anche l’orizzonte di vita degli altri lettori.
È vero che le guide per la conduzione dei gruppi di lettura (quelle che vanno molto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna) sono piene di domande riguardo ai personaggi, a volte anche un poco stucchevoli. Ma non è detto che per parlare dei personaggi sia necessario seguire una traccia segnata da qualcuno. Anzi. Sappiamo che è meglio lasciarsi andare un po’ e magari immaginare di parlarci con questo personaggio, o cose del genere; e poi raccontare l’incontro agli altri lettori.
(L’immagine: Umberto Boccioni, La città che sale, 1910-1911, WIkiart)
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