Settimana scorsa in redazione è arrivata una proposta sui corsi di lettura veloce. Sono ormai molte le università che offrono iniziative di questo tipo. Perciò mi sono chiesta: ma leggere è (o può diventare) una questione prestazionale? Dagli ultimi studi di neuroscienze, sappiamo che la pessima abitudine di stare continuamente attaccati ai device digitali (e la prima sono io) crea una frammentazione dell’attenzione che incide, ahimè sicuramente, anche sulla concentrazione e sulla nostra voglia/capacità di fermarci con un libro in mano. E questa è la premessa. Possiamo anche affermare che la velocità di lettura è un’abilità che si stratifica, un training della mente. Più lo si fa, più si procede spediti, questo è certo.
Tuttavia, la prima risposta che mi viene in mente è: dipende. Dipende da cosa si sta leggendo. E allora qui si può parlare di ritmo, respiro, distanza. La saggistica (io credo) è per sua natura una faccenda per fondisti: non si può scattare, si cammina a ritmo cadenzato e si sosta qua e là, per prendere appunti.
La narrativa è più libera (e l’approccio è senz’altro più soggettivo): così Faulkner richiede un lento riscaldamento, ma quando si rompe il fiato si corre in discesa, Thomas Mann è un allenatore severo ed esige tecnica e preparazione, Tolstoj è una strada maestra dove si cambia continuamente ritmo, ora si scatta, ora ci si ferma a osservare qualche fiore raro ma si va avanti sicuri, Dostoevskij è una scorciatoia di montagna: offre scorci meravigliosi ma bisogna stare attenti a non cadere. E ancora Jane Austen è un déjeuner sur l’herbe, mentre Virginia Wolf è un fiume in piena: è necessario saper nuotare bene per non annegare (“sono radicata, ma scorro”, avverte il lettore nelle Onde).
Tirando le somme: di ritmo e respiro si è già parlato. Sulla distanza credo che, come nelle relazioni, ogni lettore debba trovare la propria (ed è diversa per tutti) con il libro che sta leggendo. E in questo l’arcinota parabola dei porcospini di Schopenauer può venirci in aiuto:
«Alcuni porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini vicini, per proteggersi, con il calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di riscaldarsi li portò nuovamente a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro fra due mali, finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione.
Per quanto coinvolgente, se in un libro ci si cade dentro, non se ne vedrà lo scheletro e l’impianto, che è altrettanto importante. Allo stesso modo, se il focus sarà solo sulla struttura, non riusciremo a percepire il tono e il timbro dei dialoghi, né a vedere le sfumature dei colori o a sentire l’intensità dei profumi di quello che stiamo leggendo. È un incessante cambiamento di prospettiva, un ininterrotto esercizio di messa a fuoco.
Quindi, si potrebbe concludere che la lettura ha una sua dimensione prestazionale, ma è cangiante. Ogni libro cambia con il suo lettore, di momento in momento. E voi, a che velocità andate?
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