Il memoir dell’abuso sessuale subìto da Junot Díaz

Junot Díaz ha pubblicato sul “New Yorker” del 16 aprile 2018 un memoir nel quale racconta le conseguenze sulla propria vita dello stupro, ripetuto, subìto a otto anni. Lo stupratore è un non identificato “adulto del quale mi fidavo veramente”.

Charles Demuth, Modern Conveniences, 1921,
Charles Demuth, Modern Conveniences, 1921, (Wiki Art)

La scrittura di Díaz è centrata sul silenzio che ha lasciato calare sull’evento cruciale della sua vita. Un silenzio trascinato a lungo, fino a oggi, a quasi 50 anni, e sulla “maschera” che ha indossato per nascondere al mondo il trauma.

Il memoir è intitolato “The Silence: The Legacy of a Childhood Trauma”, con il sommario che dice: “I never got any help, any kind of therapy. I never told anyone”.

Junot Díaz
Junot Díaz, 2017

Ha la forma di una confessione – forse una lettera – scritta a un lettore che un giorno, al termine di una presentazione o a una lettura pubblica di un libro dello scrittore domenicano-americano, gli chiede conto delle allusioni agli abusi sessuali contenuti nei suoi libri. Gli chiede se anche lui sia stato vittima di quelle violenze. Díaz risponde in modo evasivo, “with some evasive bullshit”, sorride, lascia che quel ragazzo se ne vada in silenzio, con l’aspetto di chi è abbandonato, solo, in silenzio.

Ma l’incontro lo costringe, finalmente, dopo decenni, a considerare la vita che ha vissuto dopo la violenza, dietro una maschera di oblio. Il memoir è un riconoscimento pubblico. E anche il rammarico per quel che quel ragazzo, forse cercava per sé, il proprio bisogno di dire, di raccontare.

Ne copio un passaggio. È insieme bello e feroce:

Yes, it happened to me.

I was raped when I was eight years old. By a grownup that I truly trusted.

After he raped me, he told me I had to return the next day or I would be “in trouble.”

And because I was terrified, and confused, I went back the next day and was raped again.

I never told anyone what happened, but today I’m telling you.

And anyone else who cares to listen.

That violación. Not enough pages in the world to describe what it did to me. The whole planet could be my inkstand and it still wouldn’t be enough. That shit cracked the planet of me in half, threw me completely out of orbit, into the lightless regions of space where life is not possible. I can say, truly, que casi me destruyó. Not only the rapes but all the sequelae: the agony, the bitterness, the self-recrimination, the asco, the desperate need to keep it hidden and silent. It fucked up my childhood. It fucked up my adolescence. It fucked up my whole life. More than being Dominican, more than being an immigrant, more, even, than being of African descent, my rape defined me. I spent more energy running from it than I did living. I was confused about why I didn’t fight, why I had an erection while I was being raped, what I did to deserve it. And always I was afraid—afraid that the rape had “ruined” me; afraid that I would be “found out”; afraid afraid afraid. “Real” Dominican men, after all, aren’t raped. And if I wasn’t a “real” Dominican man I wasn’t anything. The rape excluded me from manhood, from love, from everything.

Col tempo ho imparato ad amare molto la forza narrativa delle memorie; anche quando non ci sono di mezzo traumi come questo.
I memoir sono anche terapeutici. Dovremmo davvero tutti esercitarci nella scrittura dei nostri memoir.

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2 risposte a “Il memoir dell’abuso sessuale subìto da Junot Díaz”

  1. Con la forma epistolare Junot Diáz riduce la distanza con il lettore su un tema forte come quello dell’abuso sui minori. Mi ha colpito molto come sia stato capace di descrivere la complessità del problema, sottolineando come rape abbia cancellato le identità multiple in cui ogni individuo si riconosce: dice molto chiaramente “More than being Dominican, more than being an immigrant, more, even, than being of African descent, my rape defined me”, generando un percorso di esclusione che per essere accettato conduce al silenzio. E’ qualcosa su cui riflettere

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  2. […] Sabato accennavo alla forza e necessità dei memoir. La scrittura “personale”, e la disponibilità dei lettori a leggere le vite degli altri è un misterioso incontro fra identificazione, autoanalisi, bisogno di vedere vite esemplari. […]

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