In un commento a un post del blog, Domenico Fina osserva come si stia diffondendo fra critici, ma anche fra accademici, in modo a volte esplicito a volte sottinteso, la tesi che il lettore di oggi sia superficiale e che lo sia anche lo scrittore contemporaneo.

Sarebbe al lavoro una sorta di retroazione reciproca: per cui lo scrittore si adatta al lettore che ha e il lettore finisce per adattarsi allo scrittore e ai libri superficiali che questi gli propone.
Ora, questo giudizio, ci fa notare Domenico, è frutto più che altro di pigrizia. Sia nella ricerca di autori di qualità sia nella lettura dei loro libri.
Per questo, anche lo scrittore che scrive libri coraggiosi, profondi e forti (quelli che non piacerebbero al lettore superficiale insomma) finisce per non essere riconosciuto, anzi non viene nemmeno trovato.
La faccenda mi sembra molto interessante, anche perché io mi trovo spesso a forzare le mie scelte per includere autori davvero contemporanei – diciamo che abbiano pubblicato in questo XXI secolo.
Perché?
La risposta è ovviamente complessa.
Si può però dire che andare su autori da tempo riconosciuti è più sicuro: si è consolidato nel tempo il giudizio di milioni di lettori, che, più o meno, hanno detto e scritto che sì, quel libro è un capolavoro.
Quindi se scelgo quel libro è meno probabile che mi troverò per le mani un libro deludente (anche se a volte succede). Poi c’è la prospettiva storica: lo sguardo di uno scrittore del passato è anche uno sguardo sul passato, sulla storia dell’uomo, delle società, del modo di considerare la condizione umana, che avrà anche aspetti universali, ma è soprattutto contingente.
Quindi queste letture mi aiutano a considerare l’umanità e il pianeta come fenomeni in trasformazione.
Detto questo, è giusto e necessario, come ci invita a fare Domenico, scoprire chi affronta, con risultati di scrittura apprezzabili, il mondo contemporaneo; le domande, la condizione, i dubbi, le storie delle donne e degli uomini che vivono il tempo che noi viviamo. Che formulano le nostre stesse domande.
Un paio di anni fa avevo affrontato qui sul blog la faccenda del perché leggere anche gli scrittori contemporanei: partendo da alcune osservazioni di Tim Parks, dicevo:
Tim Parks sostiene che la lettura degli scrittori contemporanei ci mette in una condizione di incertezza sia per la forma che ci propone, sia per i temi: ci chiede di cambiare la nostra lettura del mondo, cambiare i nostri gusti di lettori, di mettere in discussione le nostre conoscenze. E che questa incertezza, quando siamo costretti a cambiare percezione, è parte del piacere della lettura e del piacere di conoscere il mondo nel quale viviamo:
“Il mondo cambia e le persone cambiano ed è per il modo in cui l’autore è sensibile alle cose del mondo, come sono ora, che ci attira la letteratura contemporanea.”
Parks cita Virginia Woolf che invitava i suoi contemporanei a leggere gli scrittori ancora vivi, perché ci fanno domande e ci costringono a fare domande che fino a oggi non siamo riusciti a porci, semplicemente perché gli scrittori del passato vivevano in un mondo diverso da quello nel quale viviamo noi.
Il che forse spiega anche cosa succede quando questi stessi scrittori contemporanei ci deludono. Ci deludono quando, ancora prima del giudizio di gradimento – per il quale è importante anche una certa componente personale, idiosincratica -, manca nella loro scrittura la capacità di sorprendere la nostra percezione del mondo. Non riescono a mostrarci i lati oscuri, nascosti; non ci aiutano a cogliere il contesto; non ci permettono di porci domande nuove.
Testimoni riferiscono che in una lezione ad aspiranti scrittori, tenuta poco prima di morire, W.G. Sebald abbia, tra l’altro, suggerito:
– La scrittura ha a che fare con la scoperta di qualcosa fino a quel momento non visto. Altrimenti l’attività è priva di senso.
Insomma, anche per tutto ciò ringrazio Domenico del suo commento e mi permetto di citare qui qualche autore contemporaneo che secondo lui merita davvero la lettura:
Simona Rondolini,
Claudia Durastanti,
Cesare De Marchi,
Letizia Muratori,
Edith Pearlman.
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