Pankaj Mishra sul New Yorker (1 agosto 2016) ci ricorda come il sentimento, l’istinto, l’emozione rancorosa, vendicativa, rabbiosa contro le condizioni ritenute ingiuste, causate da un mondo in trasformazione, e indirizzate da una reazione anarcoide, paranoica, irriflessiva, contro le élite e la modernità sia stata ben espressa da Jean-Jacques Rousseau.
Era ostile visceralmente al cosmopolitismo, al commercio globale, all’ostentazione della ricchezza e soprattutto all’illuminismo, che tutti gli altri “mali” rappresentava ai suoi occhi.

Rousseau quindi, interprete e anticipatore del lepenismo (trumpismo) contemporaneo.
Tanto che Isaiah Berlin lo considerava un predecessore del totalitarismo e lo definì il più grande militante anti-intellettualista della storia. Per molti studiosi contemporanei è il padrino spirituale del fascismo.
Ora, davanti a questo pensiero e ai suoi epigoni contemporanei, davanti alla paranoia per gli effetti della globalizzazione come dobbiamo ragionare?
Come riportiamo in gioco un pensiero razionale che sia insieme ricerca di giustizia senza che sia vendicativo e reazionario, ostile ai nuovi dannati della terra; ma che riesca a essere critico, non acquiescente accettazione delle diseguaglianze.
Dobbiamo affilare il nostro pensiero per renderlo capace di fare i conti con tutto quello che chiamiamo globalizzazione, che comprende anche le migrazioni di persone, i movimenti di merci e capitali oltre i confini; ma anche il disorientamento davanti a modelli culturali che non si riesce a spiegare e dominare.
Non abbiamo dubbi: stiamo con il mondo cosmopolita e globalizzato e contro la reazione lepenista-trumpista. Però dobbiamo attrezzarci per farci stare dentro una critica liberale dell’ingiustizia, un pensiero capace di contrastare l’ingiustizia e di ascoltare i dannati della terra ma nella possibilità anche capire chi si sente escluso. Anche quelli che si sentono esclusi e reagiscono con il risentimento contro chi è più povero e disgraziato.
Serve ancora più filosofia politica. Visto che Rousseau è il padrino del risentimento e della chiusura, rileggiamo e aggiorniamo i filosofi liberali. Magari cominciando da Voltaire, Montesquieu, e Adam Smith, per arrivare al pensiero per la giustizia di John Rawls, Amartya Sen e Martha Nussbaum. Ci aiuteranno a bilanciare il lavoro, per costruire, pian piano, una società aperta che però faccia di tutto per essere anche giusta; via via più giusta.
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