
È un po’ come assistere a un’opera teatrale ma senza palco e senza scenografia. Senza poter decidere nulla. Senza avere il controllo su niente. Se invece di leggere il proprio libro da soli, lo si fa leggere a qualcun altro (tutto o anche solo poche pagine) e ci si limita ad ascoltare, cambia un po’ tutto.
Scompare il contatto fisico con l’oggetto, non si può tornare indietro per ricordare un nome, un passaggio, un luogo, ci si affida a un’interpretazione altrui che aggiunge un livello ulteriore tra autore, narratore nel/del libro, lettore. In questo caso vi è un secondo narratore e si aggiunge la figura dell’ascoltatore finale. E tutto cambia. Il tipo di concentrazione, il rapporto con quanto narrato, il grado di immaginazione del vissuto, le domande che restano aperte e sollevate nell’ascoltatore finale dalla narrazione in sé ma anche dall’interpretazione di chi legge. Eppure il libro è sempre lo stesso.
Mi è capitato che una mano prendesse sul mio comodino un libro, lo aprisse e lo iniziasse a leggere. In quel preciso momento l’istinto è stato di mettersi subito in ascolto. Ma chiedere esplicitamente ad altri di leggere al proprio posto (senza riferirsi ovviamente al caso di un bambino che chiede che gli venga letta una storia) significa di certo perdere qualcosa con un unico grande vantaggio che mi è stato suggerito da Alberto Manguel in Una storia della lettura (Feltrinelli).
Manguel dice:
Abbandonandoci alla voce del lettore – a meno che la personalità dell’ascoltatore non sia soverchiante – rinunciamo al diritto di procedere attraverso il libro secondo i nostri ritmi, le nostre impressioni, le nostre intonazioni, che sono uniche per ciascuno di noi.
Ma… la lettura ad alta voce spesso costringe a una maggiore attenzione proprio perché priva l’ascoltatore della possibilità di saltare in avanti o tornare indietro in caso di dimenticanza. Basta pensare a quando (e se) ascoltiamo un audiolibro in macchina o più semplicemente un discorso lungo alla radio. Sembra un ritmo imposto davanti al quale arrendersi.
In compenso però, il testo si appropria di una precisa identità,
un senso di unità nel tempo e esistenza nello spazio che raramente assume nelle mani di un lettore solitario.
Ancora una volta, dunque, sta a noi scegliere di cosa privarci e di cosa arricchirci.
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