Certo che esiste una FOMO (Fear of missing out) del lettore.
In verità però mi pare sia sempre esistita. Solo che adesso è più evidente, accentuata e frenetica. Forse perché si condivide più di quanto si facesse prima.
Con FOMO – come noto – si intende una sorta di ansia “sociale” creata dal timore/sospetto che mentre si è impegnati in una attività, si perda l’opportunità di fare altro, di conoscere, frequentare persone nuove, anche solo notare quel che fanno gli altri. È un timore che genera sempre più ansia e spinge a un iperattivismo paradossale e grottesco – uno degli esempi più citati è uscire con una persona e invece di parlarci con trasporto e serenità continuare a consultare Whatsapp, l’email, Facebook o Twitter. E si rischia di girare sempre a vuoto.
La FOMO in versione lettore-tradizionale, lo spinge ad accumulare libri che non riesce a leggere, a incominciare un romanzo e nel frattempo pensare al prossimo, ad affiancare tre-quattro libri contemporaneamente, a leggere prestando attenzione anche ad altri libri, perché impegnarsi con un solo libro significherebbe perdere l’opportunità di leggere altro.
Ovviamente nessuno di noi si sente afflitto pienamente dalla FOMO, anche se tutti sospettiamo di esserne almeno un po’ vittima. Di esserlo sempre stati.
Ora però la componente social – in inglese perché il social network è il vero motore del nuovo FOMO del lettore – ha trasformato molti lettori in lettori-che-sentono-di-dover-condividere-sempre-e-comunque-il-fatto-di-leggere.
E “il fatto di leggere” si manifesta dicendo di essere in lettura di quel libro, di aver appena letto (o ri-letto) quell’altro libro, di aver partecipato a una presentazione con l’autore, di andare a tutti gli incontri in città e delle decine di festival dedicati ai libri. Insomma, leggere è un’attività sociale – anzi social. E questo ha esasperato la tendenza che i lettori hanno sempre avuto: leggere troppo, leggere troppo in fretta, o magari leggere lentamente ma pensare di dover leggere in fretta. Correre in libreria con la lista dei libri da prendere; discutere degli Strega, Nobel, Pulitzer, Man-Booker. Sempre. Parlare di tutto ciò.
Ora, lasciamo perdere gli appelli a leggere lentamente, gli appelli a tacere, gli appelli a rileggere. Tutti nobili e condivisibili.
Il punto è che la FOMA del lettore può anche essere creativa e costruttiva.
In primo luogo se non è afflitta dalla frenesia di condividere sempre e comunque, specialmente sottolineando soprattutto il semplice fatto che siamo dei lettori.
In secondo luogo, è creativa se siamo noi a governare la combinazione di quel che decidiamo di non perdere, di quel che selezioniamo fra le tantissime opzioni che abbiamo.
FOMO diventa infatti – anzi ritorna a essere – un comodino che prepariamo con consapevolezza, con selezioni arbitrarie magari, astruse, ma idiosincratiche, uniche, solo nostre, piene di passione per i temi e gli scrittori che amiamo e impariamo ad amare e per quelli che incontriamo per la prima volta, attenti e piacevolmente sorpresi da un po’ di serendipità. È una creazione che ci plasma. Ci rende migliori perché più ricchi di idee.
Un modo quasi al limite per dimostrare l’unicità personale del criterio di selezione, ma anche la libera arbitrarietà con cui accumula lettura un lettore creativo, è quello raccontato da Phyllis Rose nel suo libro, The Shelf: From LEQ to LES. L’autrice ha semplicemente scelto uno scaffale in biblioteca e ha deciso di leggere tutti i libri presenti.
Lo ha scelto con attenzione e accuratezza però, con criteri selettivi: non il primo che le è capitato.
Perché il suo FOMO doveva essere articolato, doveva prendersi cura anche di chi ha scritto ma rischia di essere dimenticato, doveva avere una combinazione di autori nuovi e passati, donne e uomini; doveva avere dentro almeno uno dei classici che l’autrice aveva da sempre desiderato leggere, non doveva contenere opere scritte da qualcuno che lei conoscesse. Prima di scegliere lo scaffale LEQ-LES ne ha controllati più di 200.
Nell’estremismo della scelta di Rose c’è dunque un proclama di autonomia assoluta, quasi una dichiarazione esemplare di unicità. C’è anche un soffio liberatorio dai compiti della lettura, un proclama di lettura fine a se stessa, senza riguardo per la presunta utilità, come ha scritto Christine Smallwood sul New Yorker recensendo il libro di Phyllis Rose.
Naturalmente oltre all’estremismo di Rose ci sono infinite possibilità di fili di lettura personali, creative, indipendenti.
Tra l’altro, della FOMO del lettore (forse contro la FOMO) ha scritto qualche mese fa Lorenzo Castelli su Finzioni; in particolare in relazione alle riletture, davvero una forma bellissima e molto creativa di lettura personale, direi.
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