Dopo 21 anni dall’incendio che la distrusse, la storica Biblioteca Nazionale di Bosnia e Erzegovina di Sarajevo ha riaperto. Crollò sotto le bombe tra il 25 e il 26 agosto del 1993. La Vijesnica (biblioteca), simbolo della conoscenza e della nascita culturale per molti giovani della ex jugoslava, non era ospitata in un bel palazzo. Ma la sua esistenza era un pericoloso ostacolo all’annientamento di un popolo. Dunque da distruggere.
Un luogo di conoscenza, di cultura. Due milioni tra libri e manoscritti. Un luogo dove l’identità di una nazione, la storia di un popolo, la sua forza si conservano e si tramandano. Dunque, in epoca di guerra e di distruzione, un luogo da abbattere. E così è stato.

Mentre il violoncellista Vedran Smailović, vestito con il suo abito da concerto, suonava tra le rovine dell’edificio poco dopo la sua distruzione, giovani di tutte le etnie (serbi, bosniaci, croati) per giorni interi salvavano il salvabile portando via i libri dalle fiamme e conservandoli in cantine e sottoscala. In attesa di tempi migliori.
La mobilitazione si allargò poi in Europa dove si costituì un gruppo di sostegno per la ricostruzione dell’imponente edificio: “Sarajevo cuore d’Europa”.
Grazie ai fondi Ue (16 milioni di euro) l’obiettivo è stato raggiunto. Ma con molta amarezza. 22 anni dopo la Vijesnica è di nuovo lì. E il 28 giugno, in occasione dell’anniversario ufficiale dell’inizio della Prima Guerra Mondiale (in quella data venne ucciso, 100 anni fa, Francesco Ferdinando), verrà inaugurata.
Tuttavia, anzichè luogo di unificazione culturale, oggi è diventata un terreno di scontro. Il direttore della biblioteca, nella prima cerimonia di apertura, il 9 maggio scorso, aveva detto: “Non accettiamo di tornare da ospiti in casa nostra, dopo essere stati cacciati a colpi di proiettili incendiari”.

Il primo ministro serbo Vučić non si presenterà all’inaugurazione prossima contrario a sfilare davanti a una lapide che “definisce aggressore il popolo serbo”.
Infine sembra che l’edificio ricostruito sarà destinato a rappresentanza e solo una piccola parte sarà adibita a biblioteca (che peraltro verrà subito chiusa dopo l’inaugurazione per lavori da terminare).
E quello che resta dei 2 milioni di libri e documenti solo in parte troverà nuovamente uno scaffale. La pace apparente tra il popolo jugoslavo non ha ancora partorito il rispetto e il valore delle diversità. Quel rispetto che ha spinto giovani bosniaci, serbi e croati a prendersi cura e a salvare dal rogo testi di ogni provenienza oltre 20 anni fa. Ma che oggi non è rinato a sufficienza perché quegli stessi testi possano tornare al loro posto.

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