James Frey, Buongiorno Los Angeles

Pubblico con molto piacere questi pensieri della nostra Polissena su un libro che ha lasciato il segno. Sono orgoglioso che abbia accettato di far diventare queste sue parole un vero post. Mi sembra un buon modo per dare più forza al blog: altri frequentatori – per esempio quelli che solitamente lasciano i loro commenti – che volessero ripetere l’esperienza di Polissena sarebbero i benvenuti.
Per comunicare direttamente: gruppodilettura@gmail.com o Twitter: @gruppodilettura. O, ovviamente, i commenti.

di Polissena

Avrei voluto parlare di Buongiorno Los Angeles (Tea; originale: Bright Shiny Morning), di James Frey prima che il 2013 finisse, ma la consideravo un’impresa difficile, data la vastità e la particolarità dell’opera, talmente difficile che ho esitato fino ad oggi.

D’altra parte, mi faceva piacere che il mio entusiasmo fosse condiviso, pur temendo che non lo fosse. Insomma eccomi qui, dopo questo goffo preambolo, totalmente innamorata di James Frey.

Los Angeles
Los Angeles, Wikmedia Commons / elaborazione Pixlr

È uno scrittore americano, tanto osannato quanto controverso in patria, sebbene lo stesso Guardian lo consideri uno dei migliori degli ultimi anni.

In Buongiorno Los Angeles è la stessa città a divenire un personaggio che accoglie senza sosta chi cerca successo, chi cerca libertà, chi denaro, chi fugge, chi si accontenta di un po’ di speranza e di un giorno di vita in più e perfino chi si mimetizza tra gli altri, pronto a distruggerli se così gli verrà ordinato.

Frey inizia la storia dal primo sparuto gruppo eterogeneo di 41 individui che nel 1781 fondano una colonia che chiamano El Pueblo de la Iglesia de Nuestra Señora la Reina de Los Angeles de Porciúncola.

Da questo momento Frey alterna brevi notizie sullo sviluppo della città che si allarga a vista d’occhio, a una infinità di storie di altrettanti personaggi che arrivano ad accrescere il nucleo primitivo, nonostante le difficoltà e il gran numero di calamità naturali che flagellano periodicamente la zona.

Quattro sono le storie che Frey segue fino alla fine, quella di Dylan e Maddie, una coppia di adolescenti che fuggono dalle loro terribili famiglie per cercare una vita migliore insieme; di Esperanza che la madre ha partorito appena superato il confine con il Messico e che, per questo motivo, è americana; di Old Man Joe, un barbone che dorme nel gabinetto di un bar e che, quando all’alba deve lasciarlo libero, va a stendersi sulla spiaggia e, bevendo chablis, aspetta dal cielo sopra di lui una risposta che non arriva; e, infine, di Amberton, ricchissimo e famosissimo attore di pessimi film, con moglie bellissima e tre figli, etero in pubblico e privatamente omosessuale.

Accanto a queste quattro vicende, tanti piccoli flash, brevi storie riassunte in poche parole, il sogno americano quasi sempre distrutto da delusioni, crudeltà, violenza e, talvolta, anche se raramente, sprazzi di tenerezza e generosità.

James Frey maneggia questo vastissimo materiale con grande abilità narrativa, con uno stile personale, scarsa punteggiatura, niente virgolette nei dialoghi ridotti all’essenziale, senza fronzoli e usando quasi sempre il tempo presente.

Di Los Angeles ormai sappiamo tutto, ci attira e ci spaventa, ci affascina e ci allontana, ci fagocita e ci respinge, a volte ci uccide, ma per tutto il libro l’abbiamo sentita viva e vibrante respirare di tanti respiri.

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23 risposte a “James Frey, Buongiorno Los Angeles”

  1. grazie Polissena,
    vado subito in biblioteca a prenderlo. Stiamo facendo un ciclo sulla letteratura americana e Frey non era ancora venuto fuori. E mi raccomando, continua a scrivere post, ti riesce benissimo!

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  2. @anche questo libro mi sembra un’ottima occasione per imparare un pezzo di storia sui libri non scolastici, cosa che mi piace assai. Grazie Paola, prendo nota.

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  3. Il libro non lo conosco, ma sono stato a Los Angeles e leggendo di Od Man Joe nel tuo post, cara Paola, il ricordo è immediatamente andato al mio incontro con disadattato del luogo.
    Passeggiavo lungo la spiaggia di Venice Beach e un nero, sui pattini, con dei lunghi capelli rasta e una chitarra elettrica a tracolla completa di amplificatore portatile, s’è affiancato e m’ha accompagnato per un bel tratto di strada cantando foxy lady nella speranza di racimolare qualche centesimo.

    Dopo essermi seduto su una panchina ad ascoltare la sua voce rauca, con lui di fianco tutto preso da un improbabile assolo che poco aveva del genio di Hendrix, è finita con uno scambio di nel mio sgangherato inglese, una foto (che ci vede sorridenti quasi come fossimo vecchi amici), cinque dollari passati dalle mie tasche alle sue e una stretta di mano per metà occidentale e per l’altra metà invece molto americana:pugno contro pugno.

    Magari anche il mio Old Man Joe è in attesa di una risposta dal cielo; mentre aspetta gli uomini gli hanno intanto già detto che per lui, qui, non c è posto.

    Frey racconta del sogno americano infranto; di chi non ce l’ha fatta; io aggiungo: parla anche dell’uomo che ha perso la misura delle proprie azioni; di quello che passa a Time Square e controlla solo se il nasdaq è positivo e non si interessa quasi più del fratello.
    Racconta forse di quello al quale è sfuggito, e di brutto, il controllo della macchina.

    Ottimo inizio di anno Paola, grazie.

    Un saluto

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  4. @Grazie a te Simonetta che mi incoraggi. Non mi sarebbe venuto in mente se Luigi non mi avesse spronato e tuttora non so che differenza ci sia tra un commento e un post e quando un commento sia degno di diventare un post. Luigi?!?
    Di James Frey avevo già parlato con L’ ULTIMO TESTAMENTO DELLA SACRA BIBBIA, che, forse per colpa mia, ha avuto un’accoglienza diciamo freddina. Ma tu leggilo perchè ti piacerà, ne sono sicura.
    Lo ammetto, sono particolarmente attratta dalla letteratura americana che mi delude raramente. Sono in cerca di qualcosa di nuovo, ma per ora niente. Magari mi darai qualche suggerimento.

    @Ciao Dani, sempre gentile, buon anno e buone letture

    @ciao illex, mi piacerebbe vedere la foto tua e del tuo vecchio Joe, il mio Joe ha una trentina d’anni ma ne dimostra settantacinque, mangia quello che trova nei cassonetti e chiede quel tanto di elemosina che gli basti per comprarsi qualche bottiglia di chablis, una parola il cui suono lo ha affascinato fin da piccolo.

    No, non c’è l’uomo del nasdaq, ma c’è la donna inglese che passeggia a piedi e viene falciata sulle strisce perchè mai si era visto un pedone attraversarle.
    E le macchine sono così tante che, nonostante le varie corsie, si prevede un ingorgo totale che fermerà la città forse per sempre.
    E moltissime altre storie, ma devo pur smettere di parlarne e lasciare che le scopriate da soli
    Buon anno caro Illex

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  5. Ho letto il post di Polissena e credo che presto leggerò il libro che segnala.
    Vorrei però proporre,in estrema sintesi, una mia “stagionata” riflessione (che magari potremo allargare, se qualcuno ne condividesse il senso) su quanto la gentile amica osserva al penultimo capoverso del suo post.
    Col tempo e con la lettura assidua (“compulsiva”, dice mia moglie) ho sviluppato un concept del romanzo (che largamente attinge da saggi di Kundera) come “esplorazione dell’esistenza”(esplorazione rivolta al foro interiore, come in Proust, per esempio; o rivolta a quello esterno, dell’azione, in cui l’uomo rivela la propria immagine nell’incontro con l’altro-da-sé, magari per mostrare cosa è l’uomo gettato nel vortice della vita, come in Manzoni o in J. Roth, tanto per fare due esempi; ma sempre “esplorazione dell’esistenza”). Questo concept, nella mia visione (non sono un “professionista”della lettura ma solo un dilettante appassionato), è la chiave fondamentale delle mie scelte in materia di libri e, mi pare,”giustifica” il tanto tempo che dedico alla lettura, anche come fonte di acquisizione di una consapevolezza di sé, magari mediata dall’indagine del narratore ma non per questo meno preziosa.
    Bene: alla “luce” di tale (ovviamente discutibile) assunto, mi domando, venendo a Polissena: non dovremmo essere un po’ più severi con gli autori che, con “vezzi” stilistici (per esempio: quello della scarsa punteggiatura o quello dell’eliminazione delle virgolette nei dialoghi), rendono (inutilmente?) faticosa la “fruizione” di questa grande “funzione” del romanzo, facendo della lettura un esercizio “ad ostacoli”?
    Felice Celato
    PS: questo vostro/nostro blog è un consolante esempio di civiltà dell’educazione!

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  6. Innanzi tutto ,complimenti a @polissena paola per il suo post, sperando che possa continuare.
    Purtroppo Frey, non riesce ad entrare nelle mie corde. Sono rimasto deluso dal suo ultimo testamento della sacra Bibbia, la sua ricerca insopportabile della dissacrazione ad ogni costo, ha finito per renderlo finto. Ma forse,avrei dovuto iniziare il mio percorso freyano con questo libro.

    Complimenti e ben arrivato felice per essere nascosto o felice di essere nascosto(@felice celato,nome e cognome suppongo)? 😉
    il tuo post ha una scrittura molto ordinata, pulita ,razionale. Ma andando al tema centrale, riguardante un metro di giudizio più severo circa il “vezzo” stilistico di un autore, non sono d’accordo.
    Penso che nei nuovi autori, ogni metro stilistico sia consono non allo stile dell’autore ma al racconto stesso. .Poi una stretta osservanza di, punti, virgole e virgolette,(o peggio lo spazio dopo la virgola) ridurrebbe un racconto, a poco più di un dettato ortografico, privandolo di ogni forma artistica. Ma questo è solo il pensiero di un mediocre lettore, che crede ancora che il caos è genialità.
    Un caro saluto

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  7. Adour,
    (1) sono d’accordo con te: il caos è (forse meglio:può anche essere?) genialità e capisco perfettamente che possa affascinare. Del resto le mie osservazioni sono dipendenti dal concetto di romanzo che ho adottato (concetto che potrebbe essere riduttivo ed anche angusto; ma, ormai, mi ci sono affezionato e credo che non farò in tempo a cambiarlo!).
    (2) Non avendo mai letto alcunché di Frey, sono rimasto colpito dalla tua osservazione sulla “dissacrazione ad ogni costo”: anche qui sono d’accordo con te, nemmeno io l’amo. Anzi, io ritengo fermamente che il senso del sacro sia parte essenziale della cultura umana e personalmente cerco anche di coltivarlo. Non a caso fra le mie preferenze letterarie annovero moltissimi scrittori di cultura ebraica (i tre Roth, i due Singer,etc) che, a mio giudizio, hanno il senso del sacro nel loro DNA culturale.
    (3) quanto alla tua curiosità, effettivamente Felice Celato è uno pseudonimo che uso per corrispondere, con persone educate, in materie “umanistiche” (letteratura, sociologia e…varia umanità).
    FC

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  8. @Felice Celato, volevo risponderti, ma ho inviato il mio commento nel posto sbagliato. Volendo lo puoi ritrovare; comunque volevo dirti che personalmente la scrittura di Frey non mi ha creato nessun problema, ma rispetto comunque la tua opinione.

    Ma ti chiedo anche: cosa ne pensi dell’ultimo capitolo dell’ULISSE di Joyce in cui per 63 pagine non c’è nessun tipo di punteggiatura a parte il punto finale?

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  9. Cara Polissena,
    l’Ulisse di Joyce l’ho letto tanti, tanti anni fa: forse da giovani si è più pazienti e non ricordo se allora provai le “orticarie” che mi suscitano oggi gli “artifici”del genere di quelli in discorso (so bene che non sempre sono artifici, ma lasciami usare questo termine approssimativo; del resto al Tabucchi di Requiem qualcuno di questi “vezzi” li ho più che perdonati!). Certo posso dire che, anche se amo rileggere libri a distanza di anni, non provo nessun desiderio di rileggere l’Ulisse di Joyce, come non rileggerei Saramago e Virginia Wolf. Invece rileggo Manzoni, Tomasi da Lampedusa, Joseph Roth, Isaac Singer, Albert Camus, Dino Buzzati e, fra i più recenti, di sicuro rileggerò Eric Emmanuel Schmitt, Jean Michel Guenassia, Amos Oz o Milan Kundera; tutti grandi narratori e grandi esploratori dell’esistenza o anche della storia nelle sue declinazioni esistenziali. Ma, come dicevo ad Adour, le mie “orticarie” sono semplicemente il frutto di un concetto della narrazione forse angusto e riduttivo ma ormai molto radicato. Anzi ti dirò che guardo con ammirazione chi, secondo me, riesce a mettere tanta “pazienza” nella lettura.
    FC

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  10. Grazie @FC per le tue risposte.
    Mi piacciono e molto le tue letture, ma ancora di più le tue “negazioni ” . Concordo su/in ogni punto.

    PS: Se mi permetti,fra le tue ri-letture future, come ci ha ricordato renza, non può mancare Vasilij Grossman, e sono sicuro che lo hai già letto.
    E’ Stato un piacere conoscerti.
    Antonio.

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  11. ciao ! Buongiorno Los Angeles l’ho letto più di un anno fa ma mi ha conquistata e ancora mi tocca . lettura veramente da consigliare ! grazie di averla ricordata
    E.

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  12. @Ciao Editalara (Edith?), chissà perchè Frey è poco conosciuto in
    Italia. Io cerco sempre di trasmettere i miei innamoramenti letterari ad altri amici e ti devo dire che agli amici in carne ed ossa BUONGIORNO LOS ANGELES è piaciuto moltissimo. Chissà, magari riusciremo ad invogliare anche qualcuno qui sul blog. Il massimo per me sarebbe farlo leggere a Luigi!
    E adesso che leggo?
    Ciao

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  13. Se non l’hai giá letto ( visto che ami i temi “americani”) ti consiglio Ombre sull’Hudson di Isaac Singer, lungo il
    filone americano della narrazione yiddish
    FC

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  14. @ciao FC, mi domando se dietro il tuo pseudonimo si nasconda uno di noi. Questo perchè non ci sarebbe bisogno di un nick così ricercato se tu fossi uno sconosciuto. Basterebbe un nome qualunque e invece ti avvolgi nel mistero. Mah!
    Sì, prediligo la letteratura america o comunque di lingua inglese, ma preferibilmente quella attuale. Singer è un po’ datato, non trovi? Personalmente sono in caccia di autori nuovi e anche se la caccia è ben poco proficua non mi scoraggio.
    Comunque grazie e ciao

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  15. Hai ragione, Polissena, Singer “è un po’ datato” ma un buon barolo con qualche anno di invecchiamento è spesso migliore di tanti vini novelli….Buona caccia, comunque, e tienimi informato se trovi della buona selvaggina….
    FC

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  16. Ricordate il commissario Adamsberg?, di cui suppongo polissena paola sia follemente innamorata? Ebbene il suo ragionamento (vargassiano) su FC, o meglio sul nick creato da felice, non fa una grinza! 😉
    Felice, la tua identità diventa sempre più intrigante.

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  17. Salve a tutti.
    più giro per questo sito più trovo posti nuovi che si spalancano, non ho ancora ben capito come funziona ma prima o poi ci riuscirò.
    Quindi se non capisco male questo posto ( gennaio 2014 )è dedicato a Buon giorno Los Angeles col bel post di Polissena e ai commenti su questo…Ho capito bene?

    Sono curiosissima:
    Polissena conosci LA CITTA’ DEGLI ANGELI di Christa Wolf? dedicato a un suo lungo soggiorno Los Angeles, suo ultimo libro pubblicato in vita ( di 3 anni fa direi).
    Non vi si parla solo di Los Angeles, ovviamente, ma anche di pezzi della sua vita ma la città c’è moltissimo e il suo occhio stupito e benevolo sugli americani è inconfondibile, un libro straordinario e diversamente da altri suoi non difficile,
    Chissà se merita un confronto con questo Frey che voi amate ( io me ne tengo lontana, al contrario di te, fra me e gli scrittori americani c’è una incompatibilità quasi totale)

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  18. @cristina, ma tu sei troppo intelligente per essere così drastica. Ma gliela vogliamo dare una opportunità a questi poveri americani?
    O forse meglio di no, perché se poi leggi frey e non ti piace mi si spezzerebbe il cuore!

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  19. @polissena, certo che gliela do’ sta opportunità , ci sbatto contro conitnuamente… ma a parte alcuni ( Saul Bellow in passato, i Singer ( ma che so’ ammericani i singer? nonono) -Eugenides – Safran Foer, insomma boh, i miei dentini sembrano cercare altra ciccia più polposa e (oddio ora il termine solleverà critiche lo so) “alta” ( nel s enso di più letteratura-letteratura).
    Comunque è sempre a posteriori che verifico che …non ci piaciamo troppo – io e loro – , una relazione tiepida, capisci che non è il massimo!

    Ma prima o poi in onor tuo leggerò Frey… (con calma eh)
    Comunque Wolf – la città degli angeli – libro consigliatissimissimo – se non conosci fidati, por favor, sono certa di cogliere nel segno, se ben ti ho intuita.
    grazie del complimento – sono arrossita….

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  20. Cristina, potresti ( il “tu” mi pare una simpatica abitudine del Gruppo alla quale mi accodo volentieri) argomentare il concetto di letteratura-letteratura? Mi sarebbe senz’altro utile nell’ambito delle mie personali riflessioni sul romanzo.
    Grazie, fin d’ora.
    FC

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  21. acci, Felice Celato, mi sono cacciata da sola in un bel ginepraio! ma perchè non imparo a starmi zitta?
    Ovviamente la domanda è di quelle da one million dollars e io ovviamente non saprei – e non saprò – come argomentare.
    Quindi balbetterò maldestramente qualche cosetta e poi ..avrai pietà di me e del mio essere maldestra (spero).

    Dove ,con la sciagurata espressione di letteratura-letteratura, volevo dire che:
    plot- personaggi- stile- atmosfera si trovano tutti in un mix inscindibile di palpabile e armoniosa altezza e corposità, densamente intrecciati in un risultato che ne fa polpa umana e basta.
    Dove i personaggi balzano vivi dalle pagine e – che mi piacciano o no – mi entrano sotto la pelle, dentro le unghie, mi fanno ( almeno un momento) respirare il loro respiro e sentire i loro palpiti d’animo.

    Quindi posso solo provare a fare degli esempi che valgono per me.
    (io, proprio io) sono stata in guerra, ho avuto la diarrea, i pidocchi, la fame, la paura – sono stata ferita bendata, disperata grazie a Eric Maria Remarque (NIENTE DI NUOVO SUL FRONTE OCCIDENTALE)
    Sono stato un bambino stravagante e particolare,libero e divertito – entomologo nascente, pazzo per insetti vermi e coleotteri – in una altrettanto stramba e buffa famiglia inglese grazie a La mia famiglia e altri animali di Gerald Durrell.
    Sono persino stata – e che bellezza e che palpiti – una creatura adolescente bisex, con pulsioni straordinarie e divergenti in Middlesex di Eugenides.
    Sono anche stata il padre vuoto e tremendo di INVEMZIONE DELLA SOLITUDINE di Paul Auster.
    Naturalmente sono stata la portiera de La PORTA di Szabo’ – come lei altera, brusca, pazza di gatti e stramazzata morta fra le proprie feci.

    Potrei continuare a fare centinaia di esempi.
    Perchè non solo per lo scrittore / la scrittrice, ma anche per la lettrice/il lettore vale – secondo me -che “madame Bovary c’est moi”

    E non ho nemmeno parlato dello stile – e qui cito solo la mia sublime Mercè Rodoreda che dello stile fa un ricamo e un cadenzato ritornello, con sfumature di colore (scarpe come un sorso di latte) e discorsi indiretti che solo lei, solo lei scrittrice raffinatissima e abilissima e profondissima: io quindi sono stata anche Colometa – disperata di dolore e di fame, che sta per immolare sè e i figli -, la straordinaria Colometa di LA PIAZZA DEL DIAMANTE – libro bellissimo fra i bellissimi.

    Stoner non lo sono stata mai (forse solo in qualche passaggio della passione amorosa) . ho potuto vederlo, si, in parte, ma ma solo da fuori, non ho nemmeno capito cosa gli piace dei suoi studi, figurati, eppure è lì che si rifugia sempre – in un delirio di ostinazione che però non mi arriva neanche intellettualmente . Si avvita a studiare e nemmeno quella sembra una passione che passa dalle pagine fino a me ( che gli piace? cosa ci trova? quale piacere? cosa insegna davvero ai suoi studenti?)

    Per dire: campus novel per campus novel (lo so che Stroner non è solo questo,) – ho appena finito PNIN di Nabokov, non troppo distante da Stoner per anni e situazione.
    Anche lì un perdente totale, un inetto, uno senza ..”carattere” che subisce e non capisce nemmeno l’aria che tira, con un matrimonio fallimentarissimo a cui resta ( sentimentalmente) fedele.
    Però PNIN – pur nella sua ridicolaggine di ometto russo troppo ingenuo e sprovveduto – in qualche modo mi è venuto incontro.

    O TUTTE LE ANIME di Javier Marias – altra campus novel, che non ho amato particolarmente – però le beghe e gli intrighi e le manovre, ah com’erano limpidi e chiari, e ben descritti infilzati come insetti sotto uno spillo.

    Questo – dal mio frastornato stare di oggi piena di raffreddore e con la testa appannata – posso provare a dire.
    Di più, credo, non saprei e non potrei.

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  22. ovviamente Stoner è stato da me preso come esemplificazione di un certo tipo di letteratura tiepida, con poco nerbo, vagamente blanda e spenta che a me dice (troppo) poco anche se non è quasi mai veramente spiacevole.

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  23. Sarai raffreddata e” con la testa appannata” ma sei molto efficace, Cristina! Ti seguo perfettamente nel concetto, con maggior fatica negli esempi (perché, evidentemente, leggiamo autori diversi, nello sterminato mondo della letteratura mondiale): ma l’emozione della lettura l’hai descritta con grande efficacia (se posso permettermi). Io, se mi passi una terminologia da architetto, mi sento più…funzionalista rispetto al romanzo (se scorri all’indietro i commenti troverai qualche mio “esempio”, in particolare nei commenti del 2 e 3 gennaio scorsi) nel senso che guardo ad esso – qui mi ripeto – come ad uno strumento di “esplorazione dell’esistenza”, nelle sue manifestazioni interiori, certamente, ma soprattutto relazionali, cioè legate alla relazione con l’altro-da-sé, distinto o indistinto che sia ( e quindi, molto spesso, con la storia come protagonista o addirittura come antagonista del personaggio). Ma, detto questo, le emozioni da…immedesimazione che descrivi non mi sono affatto estranee.Grazie molte delle tue riflessioni.
    FC

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