Ogni nascita di un gruppo di lettura nel nostro paese andrebbe festeggiata con un coro di urrà, ma quella del gruppo di lettura promosso dall’editore Neri Pozza in collaborazione con la biblioteca Sormani di Milano suscita, oltre al plauso, qualche perplessità. Sia chiaro: siamo strenui difensori della diversità, unicità, originalità di ogni GdL, del diritto di ognuno a scegliere la sua strada, la sua formula organizzativa, il suo stile di lavoro. Ma ci sono alcune cose che stanno scritte nel DNA di un GdL, nel suo nome: chiunque è libero di fare altro ma dovrebbe cambiare anche il nome di quello che fa, almeno per una questione linguistica, perché se no rischiamo di parlare lingue diverse e di non capirci per nulla.
Per esempio: la scelta del libro da leggere in un GdL deve essere libera, autodecisa, trasparente nelle motivazioni, soprattutto se queste sono diverse dalla curiosità, dall’interesse e dal piacere di leggere dei partecipanti. Questo è uno dei motivi per cui molti GdL si rifiutano di leggere libri proposti dai loro autori.
Il gruppo, o meglio i gruppi (è prevista la partenza di due gruppi) della Neri Pozza invece leggeranno esclusivamente libri, anzi bozze di libri, della Neri Pozza. Decisi dal responsabile del gruppo che sarà scelto dalla Neri Pozza, anche se chiunque può candidarsi, e che avrà un “vice”, questa volta eletto dal GdL (un parlamentarismo un po’ esagerato, no?). I membri dei gruppi avranno poi una serie di “benefit”: riceveranno una tessera, dieci libri omaggio della Neri Pozza all’anno, potranno accedere alle “sale riservate al club” (?) presso la biblioteca Sormani, scriveranno sul blog del “Neri Pozza book club” e avranno diritto a una riserva di posti negli incontri con gli autori (della Neri Pozza).
La scelta dell’editore, anche se discutibile, è molto interessante:
- testimonia finalmente un’attenzione (anche se tardiva e un po’ “interessata”) da parte dell’editoria italiana verso il mondo dei GdL;
- apre a un possibile rapporto di scambio e confronto tra editori e GdL, tra autori e lettori;
- fa emergere il lavoro di lettura che è alla base di ogni “lettura ben fatta” (direbbe Steiner) e la lettura come lavoro che è alla base di ogni creazione intellettuale.
Probabilmente non è giusto e non è opportuno (nonostante qualche tendenza di questo genere sia insita nel sano egoismo lettore dei GdL) un rifiuto pregiudiziale verso l’utilizzo dei GdL anche come “comitato di lettura editoriale”, come “campione”, come oggetto di analisi di mercato, come “focus group”, come gruppo di consulenza e di assaggio prima della pubblicazione. Però, visto che si tratta di un lavoro che ha un costo e molto spesso infatti per questo non viene più fatto dagli editori, sono necessarie alcune condizioni di trasparenza e “bidirezionalità”. Per esempio: se il gruppo di lettura svolge un lavoro che prima era fatto, a pagamento, dal “lettore” editoriale, o addirittura dall’editor, questo dovrebbe avvenire all’interno di un patto di lettura esplicito, che permetta anche di pesare o di interagire con le scelte editoriali, di entrare nella fabbrica del libro e non dalla porta di servizio. E perché questo deve avvenire attraverso gruppi di lettura costituiti allo scopo e che quindi finiscono ad essere cinghie di trasmissione dell’editore e non invece attraverso GdL esistenti e disponibili a farlo, per esempio a seguito di un bando o di una chiamata? O rapportandosi a un coordinamento di GdL? La collaborazione con gli editori (ma lo stesso potrebbe dirsi per quella con le biblioteche) rappresenterebbe così uno tra i tanti momenti di vita e di lavoro dei GdL, non l’unico o dominante. E si eviterebbe il rischio di leggere a cottimo e su mandato. Questo lavoro dovrebbe avere traccia e visibilità anche nel prodotto finale: i suggerimenti, i giudizi, i commenti dei GdL potrebbero entrare nel paratesto editoriale (il digitale in questo senso facilita le cose: potrebbe trattarsi del primo strato di lettura “aumentata”), e ognuno dovrebbe prendersi le sue “responsabilità”, senza confusioni di ruoli.
Magari è la volta buona perché il lettore (attraverso i GdL) finisca sul frontespizio, perché la sua partecipazione alla creazione dell’opera venga riconosciuta a tutti gli effetti… Comunque si tratta di un passaggio interessante, foriero di potenzialità e pericoli, su cui varrebbe la pena che i GdL discutessero.
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