Diritto sul comodino di questa fine d’estate è arrivato Oreste Pivetta con il suo Franco Basaglia, il dottore dei matti (Dalai).
Oltre all’argomento, affascinante e forte della grande battaglia civile epocale di Basaglia e della nuova concezione della psichiatria; della memoria di ragazzo cresciuto leggendo sui giornali le controversie scatenate dal dibattito sull proposte dei basagliani; oltre a ciò mi ha convinto la bella recensione che del libro ha scritto Corrado Stajano, il 20 agosto sul Corriere della Sera.

Stajano ci ricorda che la vicenda di Basaglia, nel racconto che ne fa Pivetta, è anche “un libro di storia” su quel che è successo in Italia negli anni Settanta, il contesto entro il quale solo è possibile capire quel che Basaglia ha cambiato nelle coscienze di una parte del paese e nella vita di molti “matti” e delle loro famiglie che lo hanno incrociato durante la sua attività a Gorizia, Trieste e Colorno; e poi in molte parti del paese, dopo l’approvazione della legge 180, quella che ha sancito la “chiusura dei manicomi”, approvata il 13 maggio 1978, quattro giorni dopo l’assassinio di Aldo Moro.
Un bel colpo è anche stato leggere il titolo dell’articolo di Stajano: “La vittoria postuma di Basaglia”. Scelto per dire come le calunnie e il discredito che per anni (soprattutto negli anni ’80, direi) alcuni ambienti politici e culturali del paese hanno cercato di gettare su Basaglia e la 180 siano stati dissolti dalla storia e dai risultati nella vita quotidiana dei malati e delle loro famiglie e nella coscienza della società.
Insomma, nonostante tutto Basaglia ha davvero vinto.
Scrive Stajano:
Si calcola che il 70-80 per cento dei pazienti, adesso che i manicomi non esistono più, siano tornati nelle proprie case o nelle piccole istituzioni famigliari di una decina di persone. Restano gli incurabili, un 20 per cento, grave problema, e i nuovi matti, figli della globalizzazione, della recessione, della crisi.
Oreste Pivetta
Franco Basaglia, il dottore dei matti (Dalai).
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