Ieri al gdl di Mantova, Librar, abbiamo parlato di Limbo di Melania Mazzucco (Einaudi). Visto che è stata una discussione molto intensa e coinvolgente volevo riportarvene un assaggio, anche per rispondere ad Antonella che si accinge a leggerlo.
L’idea è poi quella di fare una sorta di ponte dal gruppo faccia a faccia a quello virtuale. Se avete già letto il libro o magari quando lo farete potete contribuire alla nostra discussione iniziale.
Intanto la scelta che ho fatto io con molta convinzione non è stata facile da accogliere dai componenti del gruppo per vari motivi: qualcuno pensava che la Mazzucco fosse un’autrice difficile, altri erano frenati dalla lettura del risvolto di copertina e temevano l’argomento troppo doloroso.
Alcuni altri hanno addirittura pensato di venire alla discussione per poi decidere se leggerlo o meno. Tutto legittimo, certo, ma questi ultimi secondo me si sono sentiti come quando in una giornata caldissima vai in spiaggia e siccome non hai il costume non puoi fare il bagno.
Ma veniamo alla discussione. Tutti hanno avuto parere molto positivo sul libro, cosa che spesso uccide il gdl perché al di là di “bello, davvero” non succede molto altro. Qui invece no e il merito va tutto a Limbo.
La maggior parte dei lettori aveva talmente apprezzato la lettura che non stava nella pelle e aveva bisogno di dirlo e di condividerne il piacere con gli altri, sottolineando i particolari che l’avevano colpito e facendosi vicendevolmente delle domande. Anna ci ha raccontato che la sera che l’aveva finito aveva poi monopolizzato una cena tra amici parlando solo lei del libro.
Naturalmente non svelerò tanto della trama, anche se al di là della storia di Manuela, sottoufficiale in missione di pace in Afghanistan e poi ferita da una mina, che si trova in una sorta di limbo nella sua convalescenza a Ladispoli, è la scrittura e l’organizzazione della storia che hanno colpito i lettori.
Melania Mazzucco è veramente una grande scrittrice perché anche se la vicenda è ambientata ai giorni nostri si capisce che ha fatto un lavoro di ricerca pari a quello sul suo romanzo su Tintoretto. Ed è riuscita a rendere letteratura i frutti delle sue accurate indagini sull’Afghanistan ma anche su Ladispoli e sull’Italia di oggi. Oltre a questa opinione largamente condivisa, abbiamo discusso sul fatto se la scrittrice raccontando così accuratamente i personaggi, i luoghi, le cose dia un suo giudizio etico o lo lasci a chi legge. Se non sopravvaluti la sua protagonista attribuendole pensieri forse troppo elevati per una ragazza di borgata che ha studiato all’istituto turistico; se era necessaria la lettera che Mattia le lascia alla fine del romanzo; se l’incontro tra Manuela, ragazza povera di mezzi e anche di possibilità e Mattia, abituato a una vita borghese non sia improbabile. Se l’uso di termini militari precisi e di parole corrette ma spesso sconosciute ai più potesse magari respingere i lettori meno abili.
Lascio a voi le questioni e magari ne discutiamo poi via via.
Molti poi avevano sottolineato dei brani per mostrare l’abilità stilistica, mai però fine a se stessa, ma sempre funzionale alla storia con un uso ardito ed elegante delle metafore e di tutta la ricchezza che la lingua italiana può offrire.
In conclusione, perché potrei davvero andare avanti a parlarne per ore, abbiamo avuto la piena consapevolezza di aver letto un romanzo di qualità, come capita di rado. Un romanzo con una costruzione e un’elaborazione complessa ma nello stesso tempo leggero, che esprime la volontà e il coraggio di raccontare l’oggi, usando la letteratura e non altre forme più banali e forse più facili per l’autore di narrativa. Un libro comunque perfetto per un gruppo di lettura, ma non solo.
adesso a voi!
ciao
simonetta
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